“Le più belle parole non sono “ti amo” ma “è benigno” diceva Woody Allen in uno dei suoi film ed a rifletterci non poteva avere più ragione di così; ma vi siete mai fermati a pensare a cosa significa esattamente “benigno”? Soprattutto cosa lo differenzia dal maligno? Una cellula può diventare cancerosa in qualsiasi momento grazie ad una serie di mutazioni genetiche che le consentono di trarre un vantaggio proliferativo, e non solo, sulle altre cellule con un processo definito “trasformazione neoplastica”. Ma quali sono le differenze che separano così diametralmente le strade dei due tipi di tumore?

Le cellule di un tumore benigno normalmente sono simili a quelle del tessuto di origine, questo significa che analizzando una biopsia di norma ci si riesce facilmente a risalire al tessuto d’origine. Al contrario quelle del tumore maligno sono diverse da quelle del tessuto di origine, spesso derivano da uno stadio differenziativo precoce. Questa caratteristica è fondamentale nell’analisi del materiale bioptico in quanto il reperto di una cellula anaplastica, ovvero una cellula con un grado di differenziazione talmente basso da non consentire l’individuazione del citotipo originale, è in linea di massima (perché esistono eccezioni) un dato prognostico negativo.

Cellula tumorale
Fonte: http://www.myscienceworld.com/cancer-cells-under-microscope/

Lo sviluppo del tumore benigno è di tipo espansivo e compressivo nei confronti di tutto ciò che lo circonda. Spesso tende ad essere avviluppato da una capsula connettivale che lo separa dai tessuti limitrofi, gli effetti dannosi che può causare sono esclusivamente per ipotrofia del tessuto sano che non ha più lo spazio che fisiologicamente gli spetterebbe per colpa della massa neoplastica (questo può avere delle conseguenze cliniche come nel caso in cui si tratti di un tessuto endocrino causando i sintomi da iposecrezione ormonale), oppure per occlusione ab estrinseco di un organo cavo (per esempio un’occlusione intestinale). Al contrario lo sviluppo del tumore maligno è di tipo infiltrativo, ossia entra nello spessore del tessuto limitrofo “invadendolo” per poi distruggerlo successivamente e sostituirlo completamente facendo così perdere all’organismo la funzionalità del tessuto (i danni si ripercuotono sull’equilibrio fisiologico dell’individuo in maniera spaventosa).

I tumori benigni non recidivano mai, ovviamente a condizione che la rimozione chirurgica sia stata totale. Ciò accade proprio grazie al fatto che sono masse circoscritte, non infiltranti, quindi il chirurgo durante un’operazione di rimozione una volta asportata la massa tumorale richiude un organismo totalmente privo di cellule tumorali. Al contrario un’operazione di rimozione di un tumore maligno non ha gli stessi esiti positivi in quanto la rimozione chirurgica di una porzione d’organo infiltrata da un tumore maligno non garantisce assolutamente l’asportazione completa delle cellule tumorali dall’organismo, dando quindi la possibilità al tumore di ricominciare a diffondersi grazie alle cellule rimaste dopo l’operazione. Bisogna aggiungere inoltre che l’operazione di per sé costituisce un rischio non indifferente in quanto le manovre chirurgiche favoriscono la disseminazione di cellule tumorali che possono insediarsi in altre zone dell’organismo e dare vita ad una nuova massa tumorale (non è raro infatti che il tumore si sviluppi proprio nella zona della cicatrice chirurgica).

I tumori benigni non metastatizzano in quanto non hanno la capacità di migrare: capacità che deriva da una serie di mutazioni del tutto casuali a carico di alcuni geni che consentono alla cellula maligna di poter letteralmente staccarsi dal tumore originario, digerire tutto ciò che ha intorno, raggiungere un vaso sanguigno o linfatico e tuffarsi nel flusso fino a raggiungere sedi che abbiano le caratteristiche biochimiche e fisiologiche adatte alla crescita di un nuovo tumore maligno (per il cui sviluppo basta una sola cellula!!).

I tumori maligni hanno ancora un’altra caratteristica peculiare: provocano cachessia, ovvero una condizione di massiva perdita di peso, debolezza fisica ed emotiva, squilibri metabolici di varia natura, anemia ed immunodepressione e quindi aumentata suscettibilità alle infezioni. Questo stato di solito però insorge nelle fasi terminali dello sviluppo tumorale.

Queste sono le principali differenze tra queste due grandi famiglie. Ovviamente ogni singolo tumore è diverso dagli altri e costituisce una patologia a sé da analizzare singolarmente e con attenzione.  Visto e considerato che è un quadro patologico che ci riguarda così da vicino, adesso sapete perché si trae quel sospiro di sollievo e cosa davvero rende quelle due parole meravigliose.

Fonte | Immagine in evidenza: celldiagram.net 

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Vicepresidente | Nata a Napoli il 25 Giugno 1992. Ho frequentato l'università degli studi della Campania "Luigi Vanvitelli" laureandomi in Medicina e Chirurgia nel 2017. Attualmente sono una specializzanda in Ostetricia e Ginecologia presso l'Università degli studi di Torino. Mi occupo di coordinare la Redazione de "La Medicina In Uno Scatto", di cui sono anche Vicepresidente.