Il diabete è una patologia importante dal punto di vista clinico, sociale ed economico. Le complicanze in cui possono incorrere i pazienti sono invalidanti ma la cosa peggiore è che la metà dei soggetti diabetici non sa di esserlo; ciò porta a gravi conseguenze, nella maggior parte dei casi, irreversibili.
L’insulina è un ormone prodotto da agglomerati cellulari irrorati da numerosi capillari sanguigni che vanno a costituire la frazione endocrina del pancreas, detti cellule Beta pancreatiche delle isole di Langerhans. L’insulina ha numerose funzionalità metaboliche all’interno del nostro organismo. Un deficit di questo ormone però colpisce molto più duramente il metabolismo glucidico in quanto l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante ad oggi conosciuto. Questo significa che nel caso in cui si abbia un deficit di insulina non ci saranno altri ormoni in grado di sopperire alla sua mancanza causando un aumento del glucosio nel sangue e quindi della glicemia portando, nel peggiore dei casi, alla morte.
Il glucosio ha un ruolo fondamentale nel metabolismo cellulare permettendo la produzione di gran parte dell’energia prodotta e consumata dai tessuti. Esistono infatti organi glucosio-dipendenti, come il cervello, che non hanno altro mezzo di sostentamento e necessitano quindi di un sufficiente apporto di zuccheri. Le cellule che possono assorbire direttamente il glucosio dal sangue sono poche, tra queste abbiamo le cellule delle isole di Langerhans. Nelle altre cellule è indispensabile l’azione dell’insulina. Questa situazione è data dal fatto che sulla membrana delle prime è presente un recettore che permette l’ingresso del glucosio direttamente all’interno della cellula (glut-2), mentre per le seconde è necessaria l’azione da mediatore che svolge l’insulina.
Normalmente l’insulina ha lo scopo di ridurre una condizione di iperglicemia dovuta, ad esempio, all’assunzione di un pasto. L’insulina viene rilasciata dalle cellule di Langerhans o prodotta ex novo, nel momento in cui il recettore glut-2, posto sulla membrana cellulare, permette l’ingresso “spontaneo” del glucosio nelle cellule. Una volta rilasciata, questa entra nel circolo sanguigno raggiungendo diversi distretti dell’organismo. Si lega quindi al relativo recettore di membrana posto sulle cellule che raggiunge e permette la traslocazione della proteina di trasporto glut-4, presente nel citoplasma cellulare, sulla membrana consentendo l’assorbimento del glucosio.
La condizione clinica caratterizzata da un’alterata attività biologica dell’insulina, associata quindi ad un metabolismo glucidico anomalo, viene chiamata Diabete Mellito.
La nomenclatura associata a questa condizione clinica è stata definita storicamente in base alle manifestazioni cliniche evidenti che colpivano i pazienti affetti dalla patologia. Il termine diabete deriva dal greco diabḗtēs cioè “scorrere attraverso”, con allusione all’assunzione eccessiva di acqua (polidipsia) ed in un secondo momento, all’emissione sovrabbondante di urina da parte dei pazienti (poliuria). In Latino invece la patologia venne identificata con il termine diabetes cioè “sifone”, con un significato approssimativamente simile a quello prima descritto.
Nello specifico si parla di Diabete Mellito, dal latino mellitus ossia “contenente miele”. Questa definizione venne data relativamente al fatto che i pazienti mingevano importanti quantità di urine estremamente dolci, dovute appunto al fatto che la patologia non permette la metabolizzazione corretta del glucosio.
La definizione valida di diabete data dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) descrive la patologia come
“Uno stato di iperglicemia cronica sostenuto da fattori genetici ed esogeni che spesso agiscono insieme” – OMS, 1980.

La diagnosi di diabete viene fatta valutando la glicemia a digiuno (Fasting Plasma Glucose), ossia la concentrazione di glucosio presente nel sangue in una condizione di digiuno. Un soggetto con un normale metabolismo glucidico ha tipicamente una glicemia inferiore a 110 mg/dl, al contrario un soggetto diabetico ha una glicemia a digiuno superiore a 126 mg/dl. La condizione intermedia, tra quelle che sono la normalità e il diabete, è da associare ad una situazione di alterata omeostasi glucidica e può essere chiamata prediabete. Questa situazione deve essere ulteriormente indagata così da definire con maggiore cura la situazione clinica del paziente.
Per fare questo è sufficiente una valutazione della glicemia dopo carico di glucosio (2hrPPG). Al paziente infatti deve essere fatto un prelievo di sangue per l’analisi chimica dopo due ore dalla somministrazione di 75 grammi di glucosio. Questo esame permette appunto di definire se il paziente è diabetico (glicemia superiore a 200 mg/dl), possiede un normale metabolismo glucidico (glicemia inferiore a 140 mg/dl) o se, nella situazione intermedia, si trova in una condizione chiamata “intolleranza al glucosio” caratterizzata dal fatto che il soggetto ha difficoltà a regolare la glicemia e quindi ha un alto rischio di sviluppare il diabete.
Successivamente alla diagnosi è necessario determinare la tipologia di diabete che interessa il paziente così da mettere a punto un trattamento efficacie. Il Diabete mellito prevede le seguenti tipologie:
* Diabete di Tipo 1;
* Diabete di Tipo 2;
* Diabete gestazionale;
* LADA (Latent Autoimmune Diabetes in Adults).
I soggetti affetti da Diabete di Tipo 1 hanno una caratteristica storia clinica, chiamata “luna di miele”. Questa condizione è dovuta al fatto che, probabilmente a causa di un meccanismo autoimmunitario scatenato da fattori genetici ed ambientali, le cellule beta pancreatiche produttrici di insulina risultano distrutte. In foto è evidente la differenza che esiste tra un pancreas sano (in alto) ed un pancreas di un soggetto diabetico (in basso).
I pazienti a circa sei anni sviluppano una ridotta capacità di regolare l’iperglicemia a causa di una ipotetica aggressione anticorpale nei confronti del pancreas. A dodici anni tipicamente il soggetto, sottoposto ad un evento stressante, sviluppa la prima chetoacidosi ossia una condizione in cui l’organismo incapace di metabolizzare il glucosio comincia a colpire quelle che sono le riserve di proteine e lipidi formando un eccesso di corpi chetonici. Successivamente il soggetto riguadagna una parziale capacità di regolare la glicemia che viene però seguita inesorabilmente dall’esordio del diabete e dalla necessità di insulina esogena.
Al contrario, i soggetti affetti da Diabete di Tipo 2 non hanno il pancreas danneggiato e quindi producono normalmente insulina. L’alterazione è a livello dei tessuti che presentano una resistenza all’azione dell’insulina. Questa patologia si sviluppa su tre fasi. Inizialmente la glicemia appare nella norma in quanto l’organismo tende a compensare la resistenza dei tessuti con una iperproduzione di insulina da parte del pancreas. Successivamente aumenta la resistenza all’insulina da parte dei tessuti bersaglio ponendo il paziente nella condizione sopra descritta di “intolleranza al glucosio”. Infine il pancreas, ormai sovraccaricato per l’eccessiva produzione di insulina, tende a diminuire la sua attività producendo una quantità minima dell’ormone causando un’iperglicemia anche a digiuno.
La diagnosi differenziale tra Diabete di Tipo 1 e di Tipo 2 si serve quindi della valutazione della concentrazione di insulina nel sangue a digiuno (insulinemia basale) e due ore dopo il pasto (2hrPPG).
Il Diabete gestazionale colpisce le donne in gravidanza. Nella norma questa condizione si attenua dopo il parto ma in alcuni casi le pazienti tendono a sviluppare il Diabete di Tipo 2. E’ sicuramente più importante l’effetto di questa patologia sul feto. Il Diabete potrebbe compromettere il normale sviluppo fetale e portare a complicanze durante il parto.
Il Diabete di Tipo Uno e Mezzo (LADA) invece, è una condizione patologica complessa da diagnosticare e trattare in quanto la distruzione delle cellule di Langerhans avviene lentamente con una insorgenza tardiva rispetto a quella tipica del Diabete di Tipo 1. Inizialmente può essere trattata con una dieta ed ipoglicemizzanti ma nel giro di pochi mesi il paziente diventa insulina dipendente.

Il diabete è diagnosticato nel 3% della popolazione italiana. La cosa che più stupisce e spaventa è il fatto che la metà dei soggetti diabetici non sa di esserlo e quindi non può seguire il trattamento che dovrebbe, rischiando di incorrere in serie complicanze. Oltre alla diagnosi è infatti indispensabile sottoporsi ad un monitoraggio periodico così da valutare ed eventualmente trattare eventuali complicanze, nella maggior parte dei casi, invalidanti.
Principalmente si distinguono due tipi di complicanze. La microangiopatia diabetica colpisce i vasi di piccole dimensioni nei quali si ha un inspessimento della membrana basale che compromette lo scambio di ossigeno e nutrienti tra il sangue e gli altri tessuti. I tessuti maggiormente suscettibili sono gli occhi, i reni e i nervi. La macroangiopatia diabetica invece colpisce i vasi di grandi dimensioni causando patologie come aterosclerosi, vasculopatia periferica, coronaropatia e malattie cerebrovascolari.