Lo scheletro è il sostegno del corpo umano, protegge organi, produce le cellule del sangue, modella la nostra anatomia e consente di muoverci. Non rappresenta semplicemente un sostegno meccanico ma è parte integrante di noi; cosa succede quando si altera irremediabilmente la sua struttura?
L’osteogenesi imperfetta comprende un gruppo eterogeneo di malattie genetiche caratterizzate da un aumento della fragilità scheletrica, una diminuzione della massa ossea e una suscettibilità alle fratture di gravità variabile. Le persone affette subiscono fratture apparentemente spontanee o in seguito a traumi lievi, e le loro ossa possono subire delle deformazioni.
La prevalenza è stimata tra 1/10.000 e 1/20.000 e la gravità della malattia dipende dall’età di esordio; crea problemi a carico dello scheletro, delle articolazioni, degli occhi, delle orecchie, della cute e dei denti.
È dovuta a mutazioni dei geni che codificano per la sintesi di collagene tipo I: questo normalmente si organizza in fibre, che fungono da supporto per la sedimentazione di sali durante il processo di mineralizzazione dell’osso, conferendo resistenza e compattezza.
Le forme meno gravi hanno talvolta carattere familiare e si trasmettono geneticamente secondo una modalità chiamata autosomica dominante; questo significa che una persona affetta ogni volta che si riproduce ha il 50% di probabilità di avere un figlio con la stessa patologia, indipendentemente dal sesso.
La nascita di figli malati da genitori sani riguarda particolarmente le forme più gravi: nei casi sporadici l’alterazione genetica può essere presente in forma recessiva nel patrimonio genetico dei genitori, oppure è avvenuta una mutazione de novo, non presente e verificatasi solo nel momento della formazione delle cellule germinali. In questi casi la possibilità di avere un altro figlio malato è variabile, ma è sempre consigliabile che le coppie interessate si rivolgano ad un consulente genetico per poter valutare caso per caso l’eventuale rischio di ricorrenza.
La diagnosi si basa su radiografie e densitometria ossea: può essere sospettata già in epoca prenatale mediante ecografia e/o confermata dalle analisi molecolari sugli amniociti o sui villi coriali, se è stata identificata la mutazione-patogenetica nella famiglia.
A livello clinico sono state identificate quattro forme. Il segno clinico più rilevante in tutti i tipi è la fragilità scheletrica, che si manifesta con fratture multiple e non deve essere confusa con sospetti abusi sul minore.
- Il tipo 1 non produce deformazioni ed è caratterizzato da una statura normale o solo leggermente bassa, sclere blu e assenza di dentinogenesi imperfetta.
- Il tipo 2 è costantemente fatale durante la vita intrauterina o nel periodo perinatale, per accentuatissima fragilità ossea con fratture multiple che si manifestano quando il feto è ancora in utero.
- I segni principali del tipo 3 sono la statura molto bassa, la faccia triangolare, la scoliosi grave, le sclere grigie e dentinogenesi imperfetta.
- Il tipo 4 è caratterizzato da statura da moderatamente a leggermente bassa, dalla dislocazione della testa del radio, da sclere bianche e dall’assenza della dentinogenesi imperfetta.
Questa suddivisione rimane piuttosto soggettiva e dipende dalle quantità e qualità delle informazioni disponibili al momento della valutazione del paziente ovvero è possibile una riclassificazione del paziente in itinere, anche in base all’andamento clinico, alle terapie e alle fratture.
A tutt’oggi una terapia definitiva non è possibile, ma è possibile un trattamento farmacologico sintomatico, allo scopo di ridurre l’incidenza di fratture e il dolore, aumentare la velocità di crescita ed influenzare positivamente la densità minerale e la struttura ossea. Il trattamento farmacologico deve essere sempre considerato una parte integrante dell’approccio multidisciplinare del trattamento dei bambini affetti, insieme con la chirurgia correttiva, la fisioterapia ed la terapia occupazionale.
La terapia standard per le forme gravi si basa sui bifosfonati e per tutta la vita del paziente è fondamentale la prevenzione del deficit di vitamina D e di calcio. Il trattamento chirurgico è essenziale per la correzione delle deformità scheletriche e della colonna e la prevenzione delle fratture delle ossa lunghe. La fisioterapia precoce migliora l’autonomia del paziente attraverso la valutazione dei deficit motori, la riduzione del rischio di cadute e la promozione dell’attività fisica. La prognosi funzionale dipende dalla gravità della malattia e dalla qualità della presa in carico. La prognosi quad vitam dipende dalla gravità delle complicazioni respiratorie associate alle deformità della colonna.