“Il trapianto di testa su uomo sarà realizzabile tra circa due anni.”
Dott. Sergio Canavero, (Torino, 2013)
A parlare non è il Dr. Frankestein dell’omonimo romanzo di Mary Shelley, bensì Sergio Canavero, neurochirurgo torinese, sulle prestigiosa riviste “Frontiers in Neurology” e “Surgical Neurology International”.
Nel 1970 il neurochirurgo statunitense Robert White si cimentò nel primo trapianto di testa su scimmia: l’intervento riuscì, ma con un piccolo problema: i fasci nervosi midollari non erano stati fusi e la”nuova” scimmia era tetraplegica, non avendo il controllo del corpo dalla testa in giù.
E’ proprio questo a rendere tale trapianto impossibile (o quasi), oltre ai controversi risvolti etici e filosofici: il bisturi divide in due ogni singolo motoneurone del midollo spinale( in totale oltre 100 mila!) che, con il nucleo localizzato nella scatola cranica, invia il suo prolungamento (assone) nel canale midollare, sino al muscolo bersaglio. Non si tratta di ricucire parti di tessuti come avviene nei comuni trapianti di rene, fegato o cuore, ma parti di cellule. Ma c’è di più! La fusione deve essere altamente precisa: se la fibra che controlla la contrazione di un lacerto del bicipite brachiale, venisse fusa con quella preposta alla contrazione di un lacerto del quadricipite femorale gli esiti sarebbero disastrosi.
A rendere possibile questo “sewing” (cucitura) sub-cellulare, l’ultimo ritrovato della nano-bio-ingegneria, testato con esito positivo su varie specie di mammiferi dal Centro Medico dell’università Heinrich-Heine di Dusseldorf, in Germania. Si tratta di glicole di poli-etilene (PEG), ribattezzato “fusogen “ per le sue proprietà sigillanti. Scrive il neurochirurgo italiano:
“Non più di due minuti dall’applicazione di PEG sono sufficienti a fondere gli assoni precedentemente tagliati. […] PEG, dopo essere stato iniettato per via venosa, attraversa la barriera emato-encefalica e spontaneamente si dirige presso l’area nervosa danneggiata” – Canavero S. HEAVEN: The head anastomosis venture Project outline for the first human head transplantation with spinal linkage. Surg Neurol Int 2013.
I beneficiari di un trapianto di testa, o meglio di corpo, se visto dalla prospettiva opposta, sarebbero molteplici: individui con lesioni multiple su tutto il corpo, eccetto che dal collo in su, pazienti con metastasi diffuse o affetti da patologie mio-degenerative, come ad esempio la distrofia muscolare di Duchenne.
D’altro canto, i problemi etici di un trapianto di cervello risultano altrettanto complessi, se non di più, rispetto a quelli tecnici. Innanzittutto i costi elevatissimi, insostenibili da un sistema sanitario al collasso, che garantirebbe un privilegio per “pochi”, ai danni dei “molti” ammalati di distrofie muscolari (60.000 solo in Italia), depauperati dei contributi assistenziali minimi necessari. In secundis, il principio di “massima beneficialità”, alla base dell’odierna legislazione trapiantologica, in virtù del quale l’atto medico è da ritenersi tanto più giusto, quanto maggiore è il numero di beneficiari dell’atto. Il trapianto di un intero corpo ad un solo individuo priva, di fatto, i più di un trapianto d’organo “salva-vita”. Tutto in barba al principio di “massima beneficialità”!
Per ultimo, la questione filosofica dell’identità e della salvaguardia della persona: il corpo è mera “prigione dell’anima”, come sosteneva Platone, o concorre in maniera determinante alla caratterizzazione dell’individuo? Supponiamo di fondere la testa di Marco e il corpo di Paolo: il nuovo individuo si chiamerà Marco o Paolo? Marco, potrebbero asserire in molti. In fondo, è nel cervello che hanno sede i processi cognitivi, la memoria, la coscienza. E il corpo? È grazie a questo che siamo “personae”, cioè individui inseriti attivamente in un contesto spazio-temporale, capaci di interagire con l’ambiente e con altri individui. D’altronde come afferma il neurologo Antonio Damasio, “l’identità di un uomo è radicata nel suo corpo”, di conseguenza “conosciamo il mondo attraverso i sensi del nostro corpo”, e cambiarlo causerebbeun “corto circuito” della conoscenza, le cui conseguenze sarebbero imprevedibili. Altrettanto scettico il parere del prof. Giulio Maira, direttore dell’Istituto di Neurochirurgia dell’Università Cattolica di Roma: “Il trapianto di testa dal punto di vista tecnico al momento è un traguardo fantascientifico” e continua, a proposito dei “fusogens”: ”è difficile passare dalla parte sperimentale alla parte umana, senza contare i dubbi etici che una simile sperimentazione aprirebbe”. Ribatte così il dott. Sergio Canavero: “Fantascienza è l’incompetenza di chi parla senza conoscere la materia”.
E’ passato già un anno dalla rivelazione shock del neurochirurgo torinese. Non ci resta che aspettare il secondo!
Fonte | Articolo di Renzo Laborante