Le facoltà di medicina, biologia, farmacia, ad oggi, rimangono a numero chiuso con un test iniziale per potervi accedere. Un test che, per molti, non valuta efficacemente le capacità e le abilità degli studenti e, quindi, andrebbe abolito.
Il ministro dell’istruzione Giannini si dice favorevole ad una sua abolizione o ad almeno ad un suo cambiamento. Ma è da aprile che se ne parla.
All’inizio, doveva essere totalmente rimosso, per permettere a tutti di poter frequentare la facoltà di medicina. Un sogno per gli studenti, un incubo per i rettori e gli insegnanti. Ogni anno, dai 60 ai 90 mila aspiranti studenti tentano il test. Che cosa succederebbe se all’improvviso tutti questi potrebbero entrare in aule e corsi studiati per un ottavo di loro? L’anarchia.
In facoltà come queste, è necessario dedicare non solo molto tempo allo studio individuale, ma anche ai laboratori e a corsi aggiuntivi pensati anch’essi solo per una piccola parte. Inoltre, in uno stato dove ogni anno già gli 8 mila nuovi laureati in medicina trovano molte difficoltà e vagano in tutta Italia per un posto fisso o per prepararsi alla specialistica, cosa accadrebbe ad un numero dieci volte maggiore? E una volta fuori? Cosa farsene di tutti questi specialisti? Dove o come troveranno un impiego? E la specialistica poi, non è anch’essa a numero chiuso? Non è forse necessario superare un test nazionale di 5.000 quiz?
Prendiamo in esame il caso degli infermieri: è una facoltà anch’essa a numero chiuso, eppure ai concorsi pubblici per qualche posto di lavoro si presentano in migliaia da tutta Italia. Evidentemente, quelli che entrano sono troppi rispetto alle reali necessità della nazione e della Comunità Europea.
Si ipotizza quindi il modello alla francese. Il primo anno (o parte di esso) libero per tutti, in cui solo i migliori andranno avanti. Con che media? Si pensa del 27, o forse anche più alta. Altrimenti, il problema del sovrannumero non resterebbe risolto. Per tutti gli altri, fuori. O si cambia facoltà, o comunque si dovrà ritentare l’anno prossimo, e prepararsi meglio durante l’anno. Un po’ come i test di accesso di oggi.
La situazione, quindi, ad occhio e croce, non cambia. E il diritto allo studio?
Molte associazioni studentesche, giuridiche e molte altre da anni lottano contro questo test, affermando che mina il diritto ad ogni uomo di studiare la materia, a frequentare la facoltà che preferisce. Ma ciò non è vero, perché il test lo si può ritentare tutte le volte che si vuole. Ben diverso se invece si fosse potuto provare una sola volta nell’arco della propria vita o ogni tot anni. Quello si che sarebbe stata una violazione del diritto allo studio, ma visto che non è così…
Aumentare la selezione d’ingresso di una facoltà riduce al minimo il tasso di abbandono universitario. Le facoltà a numero chiuso sono quelle in cui la maggior parte degli iscritti al primo anno si laurea, a differenza delle altre.
Inoltre, la enorme competitività innescata dalle selezioni migliora enormemente la qualità stessa dei laureati e dei lavoratori: in media, i laureati italiani sono molto più preparati e capaci rispetto ai loro colleghi internazionali, e molto ambiti e ricercati dalle strutture pubbliche e private internazionali. La sanità italiana è, al momento, la terza al mondo più efficiente, preceduta solo da Singapore ed Hong Kong.
In oriente, infatti, grazie ai numerosi test che gli studenti effettuano regolarmente durante i propri studi, si sta formando una classe di laureati e di specialisti estremamente abili. Tutto ciò affinché solo i migliori possano effettivamente avere un ruolo di peso nelle società e nelle aziende.
Il test di ammissione non va visto come “un nemico dello studente e del futuro laureato che sarà”. È un modo molto importante di tutelare varie classi specifiche dei futuri lavoratori che dovranno un giorno curare noi, i nostri cari e i nostri compagni di vita pelosi a quattro zampe. Servono per creare uomini e donne più competenti e abili, che sanno ciò che fanno. Affidereste un vostro affetto ad un professionista qualunque, o ad uno che ha rinunciato a molti dei suoi svaghi e interessi per il futuro suo e di chi gli sta intorno? Ad uno studente che, durante le lezioni, prende appunti e si interessa, o che pensa a mandare messaggi su Whatsapp, navigare su Facebook o svagarsi con il proprio smartphone?
Conta molto la motivazione: se si vuole frequentare facoltà del genere solo per denaro, allora la strada è un’altra. Lo stipendio, sia nel pubblico che nel privato per molti anni non è di molto tanto differente dalle altre professioni. Ma se invece si vuole fare concretamente qualcosa, si vuole avere il potere della conoscenza, la capacità di salvare o condannare un altro essere vivente, allora la strada è quella giusta. Non sono sessanta domande a decidere il nostro futuro, ma noi che decidiamo di affrontarlo, anche più di una volta se è davvero ciò che desideriamo.
La verità è un’altra. Non tutti possono fare il medico, il biologo, l’infermiere, il farmacista. E ciò lo dimostra il fatto che in molti, dopo aver tentato una sola volta il test, abbandonano il pensiero e si dedicano ad altre facoltà che all’inizio erano “di ripiego”, ma che poi diventano quelle che si frequentano senza troppi scrupoli. Che siano biologia, le professioni sanitarie, ingegneria o giurisprudenza la realtà dei fatti è questa.
Evidentemente, questa loro aspirazione, questo loro sogno, non era poi così importante. Altrimenti, si avrebbe fatto e combattuto molto di più. Le persone veramente motivate sia ieri che oggi hanno sudato e faticato come non mai, prima per accedere e poi per studiare, riducendo al minimo le distrazioni in aula spegnendo il cellulare, non uscendo più come prima con gli amici e ridicendo al minimo tutti i precedenti rapporti sociali. Uno studente di facoltà importanti, aventi un certo peso e che richiedono molte ore di lavoro, studia anche durante i giorni festivi quali Pasqua o Natale e il periodo conseguente ad esse che dovrebbe essere di riposo . E non è uno scherzo: in molti potranno affermarvelo senza remore. Se non volete avventurarvi per mari molto burrascosi, rimanete in porto.