Un gruppo di ricercatori inglesi dell’università dell’Est Anglia, studiando il cervello di un gruppo di topi da laboratorio, ha recentemente scoperto che alcune cellule staminali, chiamate “taniciti”, sarebbero in grado di generare nuovi neuroni deputati alla regolazione della fame, non solo durante la vita fetale ma anche in quella adulta. Sul presupposto che lo stimolo della fame non sia solo un istinto innato, si stanno sperimentando nuovi farmaci “personalizzati” al fine di combattere l’obesità.

Perchè mangiamo? Cosa ci spinge a continuare ad ingurgitare cibo senza moderazione? Perchè ad un certo punto iniziamo ad essere sazi? Come avviene la regolazione dell’appetito nel nostro cervello?

In linea generale possiamo affermare che, nel nostro sistema nervoso centrale ci sono due “centri” che si occupano di smistare le informazioni ricevute dai vari organi ed, integrandole tra loro, ci impongono di adottare un certo comportamento nei confronti del cibo. In condizioni di digiuno è attivo il centro della fame mentre, dopo il pasto, prevale quello della sazietà. Sulla base di questi presupposti gli studiosi hanno elaborato due modelli che cercano di spiegare la regolazione dell’introito di cibo che giornalmente avviene nel nostro corpo:

  • teoria glucostatica: lo stimolo più importante è dato dalla glicemia, ovvero laquantità di glucosio presente nel sangue che normalmente varia tra i 70-100mg/dl. Non appena questa scende sotto i valori di guardia si attiva il centro della fame, viceversa quando la glicemia supera i 100 mg/dl è attivato il centro della sazietà;
  • teoria lipostatica: ipotizza che siano i depositi di grasso ad influenzare i centri fame-sazietà. Quando le scorte lipidiche scarseggiano si ha attivazione del centro della fame, in caso contrario quello della sazietà.

Fin qui, tutto molto semplice.

Diversamente da quanto avviene negli animali, nell’uomo la fame non è un mero bisogno fisiologico ma è espressione della straordinaria attività dell‘ipotalamo, una struttura del Sistema Nervoso Centrale collocata tra i due emisferi cerebrali e deputata a funzioni molto importanti come la regolazione endocrina, il ciclo sonno-veglia e la regolazione del bilancio energetico. All’interno dell’ipotalamo la prima stazione di raccolta ed integrazione dei segnali provenienti dalla periferia del nostro corpo (recettori visivi, olfattivi, gustativi) è rappresentata dai neuroni del nucleo arcuato i quali, dopo aver ricevuto questi segnali, elaborano determinate risposte che vengono infine trasmesse ad altri neuroni ipotalamici definiti di secondo ordine; da qui poi, partiranno riposte effettrici che ci fanno “venire fame” oppure ci fanno sentire sufficientemente sazi.

Analizziamo ora questo processo nel dettaglio. Nel nucleo arcuato esistono due popolazioni neuronali che esprimono differenti neuropeptidi:

  • Neuroni anoressigeni (Pomc/Cart): sono stimolati da segnali di sazietà e inibenti l’assunzione del cibo attraverso la produzione di due peptidi che sono chiamati CART, poiché i suoi livelli aumentano in seguito ad assunzione di cocaina e amfetamine, e a-MSH (ndr. Ormone Melanocita Stimolante che deriva dal clivaggio della POMC ovvero pro-oppio-melanocortina);
  • Neuroni oressigeni (Npy/Argp): sono stimolati dai segnali di fame ed esprimono peptidi come Argp (ndr. Peptide Stimolante la Proteina Arguti) e Npy, definito Neuropeptide Y.

Dopo questa prima “stazione”, abbiamo spiegato come l’informazione passi ai neuroni di secondo ordine come l’area ipotalamica laterale (centro della fame), nucleo ventromediale (centro della sazietà), nucleo paraventricolare e dorsomediale: questi la porteranno dall’ipotalamo ai sistemi efferenti, al fine di controllare l’assunzione di cibo e il dispendio energetico.

Quali sono le molecole che ci fanno venire fame o che inducono sazietà?

Si parla di un insieme di segnali che possono agire a breve o a lungo termine sul nucleo arcuato.
Tra i segnali che agiscono a breve termine (minuti/ore), di grande importanza è sicuramente la grelina la quale, andando a stimolare i neuroni oressigeni, fa avvertire dei crampi allo stomaco indicandoci che è arrivato il momento di mangiare. Viene prodotta dal fondo gastrico e dal nucleo arcuato dell’ipotalamo e i livelli plasmatici aumentano prima dei pasti e crollano poche ore dopo aver mangiato. Livelli di grelina alti sono correlati ad un aumento ponderale e sono massimi in condizioni di digiuno.

Sempre coinvolti nel segnale a breve termine, ma con funzione opposta alla grelina, ci sono altre molecole tra cui:

  • polipeptide pancreatico (PP): prodotto dal pancreas endocrino.
  • amilina e insulina: secrete dalle cellule beta del pancreas.
  • peptidi anoressizanti instestinali come la CCK (ndr. Colecistochina-Pancreozimina) prodotta dal duodeno e dal digiuno dopo un pasto “grasso”, che favorisce lo svuotamento gastrico e la secrezione biliare/pancreatica, e PPY-36 prodotto dal colon che ci indica un’abbondanza di energia calorica introdotta.

Per quanto riguarda invece i segnali a lungo termine (giorni e settimane) le protagoniste sono insulina e leptina che, andando a stimolare i neuroni anoressigeni, ci trasmettono segnali del tipo “sei pieno, basta mangiare!”.
L’insulina è un ormone proteico, secreto dalle cellule beta del pancreas, i cui livelli aumentano dopo un pasto quando la glicemia si alza, fornendoci quindi un segnale di sazietà carboidrato-dipendente. Il suo fine ultimo è far abbassare la glicemia, immagazzinando il glucosio nel muscolo, sottoforma di glicogeno, e nel tessuto adiposo, sottoforma di lipidi.

Altrettanto degna di nota la leptina (ndr. il cui nome deriva dal greco leptos cioè magro), un peptide di 116 amminoacidi secreto dal tessuto adiposo in base alla quantità di massa grassa accumulata: più abbiamo adipe più verrà prodotta leptina che attiverà il centro della sazietà, in modo che venga ridotto l’apporto calorico giornalierio.
Essa è il prodotto del gene OB e svolge importanti azioni anche a livello sistemico, in quanto è coinvolta nel metabolismo osseo, nell’attività riproduttiva, nella crescita di nuovi vasi sanguigni, nella riparazione tissutale e un suo deficit sembra associato a disordini di natura autoimmunitaria. È infine in grado di aumentare la spesa energetica tramite la termogenesi adattativa secondo lo schema seguente:

  • molte scorte adipose –> molta leptina –> riduzione della fame e aumento della spesa energetica
  • digiuno                           –> poca leptina   –> aumento della fame e diminuzione della spesa energetica

Il risultato finale è il mantenimento del peso corporeo.

Regolazione della fame nel nostro cervello, comportamento alimentare
Schemi di regolazione della fame nel cervello umano

Come mai allora negli obesi, che dovrebbero avere molta leptina, la spesa energetica non compensa l’obesità?

Nel soggetto obeso parliamo di una condizione definita leptino-resistenza, secondo la quale i recettori ipotalamici sono insensibili all’azione della leptina ma sensibili ad un suo calo, in altre parole quando un obeso ingrassa, lo stimolo che fornisce la leptina viene ignorato, ma al contrario, quando un obeso tenta di dimagrire, l’ipotalamo si accorge della diminuzione di leptina e spinge l’individuo alla ricerca del cibo. Insomma, un problema mica da ridere!
È proprio per questo motivo che i tentativi di curare l’obesità con la leptina sono miseramente falliti, mentre invece la recente scoperta dei taniciti potrebbe rivelarsi un vero e proprio asso nella manica nel trattamento di questa patologia.

Mohammad Hajiosseini, ricercatore presso l’Università dell’ East Aglia afferma:

I taniciti sono delle vere e proprie cellule della fame simili alle cellule staminali, dotate di totipotenza cioè della capacità di trasformarsi in altri tipi di cellule del corpo. […] Nell’ipotalamo dei topi, queste cellule si trasformano in nuovi neuroni regolatori dell’appetito, non solo durante la vita embrionale, ma anche durante la vita animale. Tra qualche anno sarà possibile valutare se questi meccanismi sono attivi anche nell’uomo, in tale caso queste cellule potranno essere manipolate e potranno arginare il problema dell’obesità” – Mohammad Hajiosseini.

L’obesità è un problema che non va sottovalutato, in quanto è il principale motore di un gruppo di alterazioni che prendono il nome di sindrome metabolica, patologia caratterizzata dal seguente quadro clinico:

  • obesità centrale: aumento del giro vita
  • ipertrigliceridemia: aumento delle LDL cioè del colesterolo “cattivo” e diminuzione di HDL, definito colesterolo “buono”
  • intolleranza al glucosio con insulino-resistenza: ci vuole più insulina per fare in modo che il suo recettore si attivi, questo comporta una maggior predisposizione a sviluppare Diabete Mellito di tipo 2
  • ipertensione: un buon valore pressorio si aggira sui 120/80 mmHg
  • ipoventilazione con apnea ostruttiva del sonno: sindrome di Pickwick
  • steatosi epatica non alcolica e calcolosi biliare

Nell’attesa che si giunga a nuove importanti scoperte, non ci resta che prenderci cura della nostra salute seguendo una corretta alimentazione, basata sulla regola popolare “colazione da re, pranzo da principe e cena da povero”, in modo da fornire più carburante possibile al nostro corpo in vista della giornata che ci aspetta e rimanere leggeri la sera per il riposo.
Il tutto possibilmente accompagnato da una sana, anche se faticosa, attività fisica!

“Si dice che l’appetito vien mangiando, ma in realtà viene a star digiuni” – Totò

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Redazione | Nata a San Giovanni Rotondo il 31/10/1990 Università del Piemonte Orientale VI anno in corso, Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia Mi piacerebbe un giorno specializzarmi in dermatologia, perchè ritengo che la bellezza di questa disciplina sia immaginare la pelle come una lavagna sulla quale le diverse patologie lasciano segni che sta a noi interpretare.