“Chi vuole vivere per sempre?” si chiedeva Freddie Mercury. Sicuramente la scienza e la medicina non sono, almeno per ora, in grado di garantire la vita eterna, ma i progressi e le nuove teorie sulle cause dell’invecchiamento possono allungare le aspettative di vita e migliorare la qualità della stessa. Ma quale meccanismo cellulare è alla base dell’invecchiamento? Cerchiamo di capire meglio tale fenomeno.
L’invecchiamento è “ il processo biologico di alterazione e decadimento delle funzioni vitali”. Tutti noi possiamo darne una definizione e, grazie ai numerosi studi, possiamo anche capire come invecchiamo; quello che ci risulta ancora difficile è dare una risposta completa al perché invecchiamo, cioè alle cause che impediscono al nostro corpo di rimanere giovane.
Agli inizi del ‘900 era diffusa la teoria secondo la quale tutte le cellule del nostro organismo erano divise in labili, che andavano incontro a morte cellulare, e stabili; in entrambi i casi però si pensava che, una volta in coltura, riuscissero a diventare “immortali”. Questa teoria venne ben presto considerata errata poiché si capì che esisteva un limite per le divisioni cellulari. Il primo a descrivere tale fenomeno fu il dottor Leonard Hayflick che riuscì ad ipotizzare un preciso numero massimo di mitosi (ndr. pari a circa 50) definito come “limite di Hayflick” e legato all’accorciamento dei telomeri.
I telomeri sono sequenze di DNA non codificante presenti all’estremità dei cromosomi di tutte le cellule eucariotiche indispensabili nella divisione cellulare sia perché svolgono un’azione protettiva sul DNA codificante proteggendolo dal danno ossidativo sia perché impediscono che i cromosomi possano unirsi tra loro alle estremità durante la fase di replicazione del genoma. I telomeri però vanno quindi incontro ad un progressivo accorciamento poiché ad ogni divisione cellulare perdono un loro “frammento” formato da diverse coppie di basi azotate che si ripetono.
Quando una cellula esaurisce il proprio patrimonio telomerico diviene una cellula senescente, incapace cioè di andare incontro ad ulteriori divisioni (ndr. questo fenomeno è chiamato senescenza replicativa). Le uniche cellule in grado di ricostruire la porzione telomerica perduta ad ogni divisione sono le cellule staminali embrionali e adulte, quelle neoplastiche e quelle “immortalizzate” da alcuni virus: in tutti questi casi l’enzima telomerasi viene espresso “fisiologicamente” o torna ad essere attivato da fattori esterni. Molti ricercatori hanno focalizzato le loro attenzioni proprio su questa proteina enzimatica e sul ruolo dei telomeri, poiché la riattivazione della telomerasi potrebbe portare ad un rallentamento e addirittura alla reversione dell’invecchiamento.
Alcuni anni fa si è pensato di indurre “temporaneamente” la telomerasi attraverso una terapia farmacologica oppure in maniera permanente grazie ad una cura genica che andasse a modificare direttamente il DNA delle cellule bersaglio causando un’aumento dell’espressione del gene codificante questa determinata proteina. Oggi però la comunità scientifica internazionale si presenta molto scettica in quanto, l’allungamento della vita delle cellule, potrebbe renderle più vulnerabili al cancro.
Sicuramente, se non a garantire un allungamento della vita, le tecniche di estensione dei telomeri potrebbero comunque aprire nuove frontiere per la ricerca: dall’applicazione nel campo dell’ingegneria tissutale a nuove possibili cure per il cancro.