“Dio benedica chi ha inventato il sonno, mantello che avvolge i pensieri di tutti gli uomini, cibo che soddisfa ogni fame, peso che equilibra le bilance e accomuna il mandriano al re, lo stolto al saggio”
Miguel de Cervantes
Noi trascorriamo quasi un terzo della nostra vita dormendo, ma cos’è il sonno e perchè dormiamo?
Il sonno è un fenomeno universale, presente in tutte le specie animali, che si contrappone alla veglia.
Quando ci addormentiamo progressivamente ci disconnettiamo dall’ambiente esterno e cambia la nostra attività cerebrale. Infatti, se si osserva un tracciato elettroencefalografico durante la veglia si hanno onde irregolari di bassa ampiezza e alta frequenza, mentre durante il sonno l’ampiezza delle onde aumenta, la frequenza diminuisce e si fanno più regolari.
Grazie proprio al tipo di onde possiamo suddividere il sonno in quattro stadi:
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Onde elettroencefalografiche durante la veglia e le fasi di sonno Stadio 1: è uno stadio di transizione tra sonno e veglia, durante il quale la capacità di rispondere agli stimoli esterni è ridotta. Un soggetto che viene svegliato mentre si trova in questa fase è convinto di non essersi addormentato. I movimenti oculari e il tono muscolare si riducono, ma l’attività motoria può persistere e si possono avere scosse ipniche, ovvero improvvise contrazioni muscolari, a volta accompagnate dalla sensazione di cadere nel vuoto.
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Stadio 2: dopo pochi minuti dall’insorgenza dello stadio 1 si passa in questa fase. I movimenti oculari e il tono muscolare si riducono ulteriormente. La soglia per il risveglio è nettamente aumentata e un soggetto risvegliato da questa fase conferma che stava dormendo, spesso riferisce anche di aver fatto brevi sogni.
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Stadi 3 e 4: recentementi uniti in un’unica fase. Seguono lo stadio 2, soprattutto nella prima parte della notte. I movimenti oculari sono del tutto assenti e l’attività muscolare ulteriormente ridotta. È la fase del sonno profondo, con una soglia per il risveglio molto alta. Il risveglio da questa fase si accompagna a confusione. L’attività onirica è ridotta o assente.
Dopo lo stadio 4 si passa a quello che viene definito sonno REM, dove REM significa Rapid Eye Movement, perchè questa fase di sonno è caratterizzata proprio dalla presenza di movimenti oculari rapidi.
Il sonno REM viene definito sonno paradossale, perchè il tracciato elettroencefalografico è simile a quello della veglia, con un’attività irregolare rapida e ad alta frequenza. I soggetti risvegliati da questa fase riferiscono sogni vividi e prolungati. Grazie all’atonia muscolare associata a a paralisi funzionale dei muscoli scheletrici, durante il sogno non si è in grado di muoversi. Se così non fosse, ogni episodio di sonno REM si accompagnerebbe a un’intensa agitazione motoria.
Gli stadi del sonno non REM e il sonno REM si susseguono periodicamente durante la notte, generando il ciclo del sonno. Un ciclo dura circa 90-110 minuti e, una volta finito, ricomincia da capo per quattro o cinque volte nel corso della notte.
La durata del ciclo, e delle varie fasi al suo interno, si modifica notevolmente durante la vita.
I neonati trascorrono circa sedici-diciotto ore al giorno dormendo, con cicli di quattro/otto ore per volta. A partire dai due anni la durata del sonno inizia progressivamente a ridursi. Nell’adolescenza il sonno a onde lente occupa una percentuale minore del ciclo rispetto all’infanzia, diminuendo ulteriormente nell’età adulta, fino a scomparire a volta nella vecchiaia.
Il sonno dell’anziano, infatti, è spesso frammentario con frequenti risvegli notturni.
La soglia di risposta agli stimoli aumenta gradualmente dallo stadio 1 allo stadio 4, e resta elevata anche nel sonno REM, rendendo così possibile dormire anche in ambienti rumorosi.
Il meccanismo principalmente coinvolto in questo fenomeno è la chiusura del cosiddetto cancello talamico. Con l’addormentamento si riduce il rilascio di acetilcolina e altri mediatori, provocando iperpolarizzazione dei neuroni talamocorticali, ovvero rendendoli incapaci di trasmettere segnali. In questo modo, gli stimoli sensoriali che vengono normalmente inviati dal talamo alla corteccia, dove se ne prende coscienza, non vengono trasmessi. Tuttavia, stimoli molto intensi o di particolare significato sono in grado di risvegliare un soggetto in qualunque fase del sonno, differenziando la disconnessione reversibile del sonno da quella irreversibile del coma.
Perchè si dorma resta un mistero, ma il fatto che l’evoluzione nel corso dei millenni non abbia saputo rinunciarvi lascia trasparire la sua importanza per la vita.

Dagli invertebrati come gli insetti, a uccelli e mammiferi, tutti dormono. E ogni essere vivente ha elaborato strategie per poter dormire anche in condizioni non favorevoli. Per esempio, animali che necessitano di restare sempre vigili mentre nuotano o volano, come delfini e uccelli migratori, hanno sviluppato la capacità su di dormire con solo metà del cervello, mentre l’altra resta sveglia a periodi alterni. Durante questo sonno uniemisferico, l’occhio controlaterale rispetto all’emisfero sveglio è aperto e controlla l’ambiente esterno.
Altra prova della rilevanza del sonno sono gli effetti che la sua privazione provoca. Le conseguenze più evidenti nell’uomo sono irritabilità, riduzione della vigilanza e deterioramento delle capacità cognitive, come disturbi dell’attenzione, riduzione della memoria a breve termine e capacità di espressione chiara e coerente. La deprivazione cronica, come nel caso in cui si dorma solo quattro-sei ore per almeno due settimane consecutive, causa modifiche dell’equilibrio endocrino-metabolico, l’aumentata assunzione di cibo dovuta ad un’alterazione del metabolismo glucidico, aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, fino ad un’aumentata predisposizione per il diabete. Per tutti questi motivi è stato recentemente proposto di considerare “i disturbi del sonno” come il decimo fattore causale delle malattie cardiovascolari, dopo fumo, obesità, dislipidemia, ipertensione, errori dietetici e fattori psicosociali.
Tra le ipotesi oggi più in voga sul ruolo del sonno, molte riguardano la sua capacità di ripristino nei confronti di qualche funzione metabolica.
Che il sonno ristori lo sanno tutti, il problema è che cosa venga ristorato.

Associandosi all’immobilità forse potrebbe facilitare la conservazione dell’energia in animali con metabolismo elevato. Infatti gli animali più piccoli dormono per più tempo rispetto a quelli di dimensioni maggiori.
Addirittura potrebbe consentire il recupero dell’attività mitocondriale, la sintesi proteica, il movimento e il ricircolo delle membrane cellulari, oppure ricostituire le riserve sinaptiche di mediatori.
Da numerosi studi, infatti, si è capito che il sonno, nonostante si manifesti con assenza di attività motoria per il fisico, comporta un’intensa attività a livello nervoso. Infatti mentre si dorme, viene aumentata l’espressione di numerosi geni responsabili di modificazioni molecolari esclusivamente nel tessuto cerebrale.
Proprio questi processi potrebbero essere i responsabili del consolidamento col sonno di memorie appena acquisite, favorendone l’integrazione con quelle già consolidate.
Infine, si è pensato al sonno come responsabile dell’omeostasi sinaptica. Circa l’80% del consumo energetico cerebrale serve a sostenere proprio l’attività sinaptica, quindi il cervello non può permettersi di potenziare le sinapsi, creando nuove connessioni all’infinito. Per evitare di saturare le capacità plastiche cerebrali, col sonno le sinapsi più deboli verrebbero eliminate per consentirne sempre la creazione di nuove e più importanti in futuro.
Chi dorme non piglia pesci, ma di sicuro al risveglio avrà una mente più attiva ed efficiente!