Oggi i tatuaggi sono diventati un vero e proprio status symbol, con connotati culturali e sociologici neanche tanto diversi rispetto al passato. Numerosi studi hanno dimostrato come sia significativa la relazione tra tatuaggi e melanoma in termini di somiglianza istologica a livello linfonodale. Sono italiani gli studi più importanti. Vediamo meglio di cosa si tratta.

L’arte dei tattoo è ormai popolare in tutto il mondo. Utilizzata in passato come simbolo di appartenenza ad una comunità o come segno di un rito di passaggio, per esempio all’età adulta, oggi assume per lo più uno scopo di carattere puramente estetico, soprattutto nel mondo occidentale.

Conosciuta già nell’antico Egitto, arrivò anche nella Roma del primo “dopo Cristo”, dove tantissimi pellegrini cristiani erano soliti farsi tatuare simboli religiosi o raffigurazioni di santuari visitati nel corso della loro vita.

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Raffigurazione della pratica di incisione con pigmenti cutanei nell’antica grecia (300 a.C.)
Fonte: vanishingtattoo

Giunta in Oceania, passando per Sudamerica e Asia, ha toccato anche una delle popolazioni oggi tra le più conosciute per questa pratica: i Maori.

Ciascuna cultura ha utilizzato nel corso del tempo differenti simboli e attribuito a questa pratica significati differenti. Oggi ha per lo più una valenza estetica, come detto, nonostante fino a qualche anno fa i tatuaggi fossero un vero e proprio simbolo di appartenenza ad un gruppo sociale: soprattutto per militari e galeotti.

Le ultime indagini stimano che oltre il 24% della popolazione negli USA abbia almeno un tatuaggio. Nel nostro paese, sebbene la percentuale sia leggermente più bassa rispetto agli States, negli ultimi anni ha subito una impennata esponenziale grazie anche al superamento di alcune barriere ideologiche imposte dalla cultura tradizionale.

La pratica è tanto comune nell’uomo quanto nella donna ed è in netto aumento rispetto al passato, con un picco che interessa prevalentemente l’adolescenza.

La recente e più grande diffusione che questa pratica ha subito negli ultimi decenni ha fatto si che l’arte dei tattoo non rimanesse più confinata ad uno studio prettamente antropologico, divenendo piuttosto campo di interesse anche per la scienza medica, soprattutto per le modificazioni che l’organismo mette in atto in risposta alle modifiche a livello cutaneo.

Ma cosa avviene a livello organico quando si fa un tatuaggio?

Il tatuaggio viene effettuato tramite una serie veloce e ripetuta di micro-punture effettuate da piccolissimi aghi contenenti pigmenti azotati specifici per la cute.

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Questi pigmenti hanno una caratteristica longevità e possiedono tonalità particolarmente intense. I prodotti utilizzati per la colorazione della pelle contengono diossido di titanio, che attenua leggermente il tono dei pigmenti, precursori e prodotti della sintesi del pigmento stesso, nonché diluenti utilizzati per mantenere il tutto in sospensione, consolidando l’attecchimento del colore.

Da un punto di vista dermatologico le reazioni della pelle e il tipo di danno causato dalla procedura vengono classificate come “lesioni cutanee minori”, coinvolgendo l’epidermide e 1-2 mm circa di derma.

Istologicamente, invece, avviene un processo particolarmente interessante che si divide essenzialmente in due fasi: si ha una risposta infiammatoria acuta iniziale, dovuta al riconoscimento di sostanze esogene potenzialmente dannose, cui segue nel giro di qualche giorno la risposta dei macrofagi; essi iniziano a fagocitare parte dei pigmenti e, migrando alle stazioni linfonodiali più vicine, sono in grado di causare vari gradi di infiammazione.

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Reazione infiammatoria perivascolare con macrofagi ricchi di pigmento di tatuaggio
Fonte: dermatopathonline

La presenza di linfonodi neri e ingranditi di volume, secondaria alla presenza di un tatuaggio vicino, è diventata di grande interesse nella letteratura del melanoma maligno. In effetti, i linfonodi metastatici di un melanoma e quelli posti in prossimità di un tatuaggio condividono talvolta alcune caratteristiche comuni.

Sono infatti numerosi i casi di sospetto melanoma causati dalla presenza di pigmenti di colore a livello linfonodale. Questi sono in grado di alterare non solo l’aspetto macroscopico ma anche l’architettura del linfonodo stesso.

Tra i casi che abbiamo deciso di prendere in analisi vi sono quelli di una ragazza di 21 anni, con una massa inguinale sospetta, e quella di un giovane ventitreenne con linfonodo ascellare positivo per sospetto di melanoma. Entrambi i casi hanno avuto eco mediatico e sono stati oggetto di studio da parte di team di ricercatori italiani.

Nel primo caso, la ragazza è stata sottoposta ad un intervento chirurgico per una massa inguinale sospetta. Inizialmente diagnosticata come ernia inguinale, al momento dell’operazione è stato evidenziato un linfonodo scuro, molto sospetto per melanoma, inviato immediatamente all’anatomopatologo.

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Nel secondo caso, invece, il ragazzo mostrava segni di melanoma interessante il linfonodo sentinella sotto-ascellare, in assenza di altri segni clinici.

In entrambi i casi la storia clinica dei pazienti era del tutto negativa per segni e sintomi di patologia, aumentando il sospetto di trovarsi di fronte a qualcosa di nuovo.

Sezione istologica fissata con ematossilina eosina di un linfonodo sentinella sospetto per melanoma.  Le zone nere sono pigmenti di tatuaggio fagocitati. Fonte: escolarship
Sezione istologica fissata con ematossilina eosina di un linfonodo sentinella sospetto per melanoma.
Le zone nere sono pigmenti di tatuaggio fagocitati.

Una volta analizzato il reperto ciò che è venuto fuori è che, nonostante la tumefazione e l’architettura linfonodale alterata, con evidenti segni di flogosi cronica, i pigmenti neri altro non erano che residui di tatuaggio portati alla stazione linfonodale più vicina dai macrofagi reattivi.

Per scongiurare la diagnosi sono stati analizzati alcuni marker specifici per melanoma, MART-1 e HMB-45, che in questi casi sono risultati negativi. Ciò che ha determinato grande preoccupazione nelle famiglie dei due giovani altro non era, quindi, che il residuo di un precedente tatuaggio.

Questi casi, insieme a centinaia di altri documentati in tutto il mondo, sono di grande interesse per la letteratura dermatologica, in quanto possono essere spesso causa di errate diagnosi in soggetti in realtà perfettamente sani.

Nonostante ciò, le linee guida internazionali prevedono che in caso di sospetto interessamento di un linfonodo sentinella, questo debba essere obbligatoriamente drenato chirurgicamente e sottoposto ad indagini istologiche approfondite.

E se da un lato le ricerche si stanno dedicando a questo aspetto caratteristico che lega tatuaggi e melanomi, sono in corso anche numerosi studi che evidenziano come al contrario i tattoo possono mascherare sottostanti melanomi cutanei e ritardare la diagnosi.

In realtà sono numerosi i lavori sugli effetti dei tatuaggi sul nostro organismo. La grande diffusione soprattutto nel mondo occidentale non può non essere considerata in ambito medico, viste le numerose e possibili ripercussioni e conseguenze a livello non solo cutaneo ma anche internistico. Non ci resta che seguire con interesse l’evoluzione della ricerca.

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