Si riscontra nel 15% della popolazione, con prevalenza doppia nel sesso femminile ed è senza dubbio la più frequente causa di ricorso al medico per patologia gastroenterologica. Si stima però che solo il 20% degli affetti si rivolga al medico, e di questa piccola percentuale solo il 5% si sottoponga a visita specialistica.
La sindrome dell’intestino irritabile (SII) è un disordine intestinale caratterizzato da dolore addominale accompagnato a cambiamenti dell’alvo in senso stitico o diarroico, segni di alterata defecazione e meteorismo.
Il dolore è il sintomo più frequente. Spesso è piuttosto un fastidio, più frequente in fossa iliaca sinistra ma può anche essere diffuso a tutti i quadranti addominali, associato a tensione dell’addome. Altre volte, invece, ha intensità talmente elevata da portare il paziente a ricorrere alle cure mediche. Il pasto può costituire l’evento scatenante, mentre l’evacuazione di feci o gas regala sollievo.
Viene riferita spesso anche la presenza di gonfiore, con necessità di slacciare gli indumenti.
L’habitus del paziente alterna stipsi a diarrea, con netta prevalenza di uno o dell’altro, determinando quindi il profilo clinico prevalente, oppure anche in modo indiscriminato.
Nei periodi di stitichezza si ha defecazione difficoltosa, emissione di feci caprine e senso di incompleta evacuazione, per cui i pazienti ricorrono all’uso abituale di lassativi.
La diarrea, invece, può risultare invalidante, soprattutto se presenta urgenza evacuativa con rischio di incontinenza. Le feci non sono formate, spesso è presente anche muco. Quasi mai però interrompono il sonno. Questo aiuta nella diagnosi differenziale per escludere le patologie infiammatorie croniche (IBD) come morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa. Anche la presenza di sangue nelle feci, febbre ed esordio oltre i 50 anni fanno propende più per diagnosi di IBD che di intestino irritabile.
Queste infatti sono malattie organiche, in cui si ha un sovvertimento dell’anatomia dell’organo, mentre la sindrome dell’intestino irritabile fa parte dei disturbi gastrointestinali funzionali, ovvero comporta un insieme di sintomi cronici o ricorrenti non spiegabili con alterazioni strutturali o biochimiche.
La causa eziopatogenetica è sconosciuta, quindi la diagnosi viene fatta esclusivamente in base alla presentazione sintomatologica.
Gli studi iniziali, che hanno valutato l’attività motoria intestinale, hanno osservato un’effettiva alterazione della componente mioelettrica e contrattile del colon in risposta al pasto o a stimoli endocrini nei casi rispetto ai controlli. Anche il tenue non è esente da anomalie motorie e secretorie. Nessuna però si è dimostrata sufficientemente specifica per diventare un vero test diagnostico.
Molti pazienti con SII avvertono dolore con volumi di distensione endorettale minori rispetto alla popolazione sana. Ci potrebbe quindi essere alla base un’alterata ed esaltata percezione di normali eventi fisiologici. I pazienti riferiscono una diffusione a livello cutaneo del dolore viscerale percepito. Questo ultimo effetto è dovuto alla percezione del dolore sottoforma di segnale elettrico, che le terminazioni nervose del colon inviano al cervello, attraverso una parte specifica del midollo spinale, denominata corna posteriori. In questa sede arrivano e partono anche le terminazioni nervose cutanee. Pertanto un dolore scatenato nel retto-sigma, può essere percepito dal paziente come diffuso ad una ampia superficie cutanea dell’addome.
È ormai chiaro che anche lo stress rivesta un ruolo cruciale: forti emozioni possono aumentare la contrattilità dell’intestino in toto, e questo fenomeno è particolarmente accentuato nei pazienti con disturbi funzionali. Questi soggetti sembrano inoltre avere un’alterata soglia della sensibilità viscerale e descrivono proprio le loro sensazioni viscerali in modo differente rispetto ai soggetti normali.
Riassumendo, sembra quindi che alla base della SII vi siano alterazioni di tre sistemi: motorio, psichico e sensitivo viscerale.
E tra i tre ci sarebbero forti interconnessioni, una specie di asse pancia-cervello o teoria dei due cervelli. Il colon è infatti dotato di un proprio sistema nervoso, il sistema nervoso enterico, tra le cui principali funzioni riguardano la produzione di serotonina, deputata anche al funzionamento della muscolatura del colon.
Le sensazioni viscerali sono in connessione con il sistema nervoso centrale tramite le vie afferenti, e modificano le risposte motorie. Può dunque accadere che stimoli esterni, quali la visione, l’olfatto o il gusto; o stimoli enterocettivi come pensieri ed emozioni possano, per le connessioni esistenti tra centri corticali e sistema neuromuscolare intestinale, indurre modificazioni nella motilità e secrezione gastrointestinali. Al contrario, stimoli a partenza dai visceri possono influenzare la percezione delle sensazioni a livello del sistema nervoso centrale, quindi stati emozionali e comportamentali.
Gli input provenienti dall’esterno possono quindi alterare la secrezione di serotonina, aumentandola o riducendola. Ne conseguirà un transito accelerato nel colon che darà diarrea, o il rallentato responsabile della stipsi.
Viene influenzata anche la regolazione della permeabilità dei vasi sanguigni e linfatici, propri del colon situati immediatamente al di sotto della mucosa deputati al riassorbimento della parte liquida del contenuto del colon.
Quindi, considerata la grande rilevanza che esercita il SNE (ndr. sistema nervoso enterico) nella genesi di questa sindrome, stiamo attenti ad “interpretare” i segni del nostro intestino e a non prendere troppe “decisioni di pancia”.
