“Fu pertanto la natura esigente delle mie aspirazioni più che una mia particolare degradazione nell’errore a fare di me quello che ero separando in me, con un solco ancora più profondo che nella maggior parte degli uomini, le due regioni del bene e del male che dividono e compongono la duplice natura dell’uomo. Nella fattispecie, fui indotto a profonde e inveterate riflessioni su quella dura legge della vita che sta alla radice della religione ed è una delle più notevoli fonti di dolore. Pur così profondamente doppiogiochista, non ero in nessun modo un ipocrita; entrambi i miei due lati erano in perfetta buona fede; io ero sempre me stesso, sia che mettessi da parte ogni ritegno e sprofondassi nella vergogna, sia che mi adoperassi alla luce del giorno a promuovere la scienza o ad alleviare dolori e sofferenze. E avvenne che la direzione dei miei studi scientifici interamente rivolti al mistico e al trascendentale si ribellasse e gettasse una viva luce su questa coscienza della perenne lotta fra le mie componenti.”

Questo stralcio del famosissimo romanzo “Lo strano caso del Dr. Jekyll e del signore Hyde”, introduce perfettamente l’argomento che tratteremo: il disturbo dissociativo dell’identità, un tempo conosciuto come disturbo della personalità multipla. Nel soggetto colpito si riscontra la presenza di due o più personalità che affiancano il sé e, ciclicamente, ne prendono il sopravvento. Queste personalità alternative vengono chiamate ALTER.

Tale disturbo è spesso accompagnato da episodi di amnesia unilaterale: si ha quindi la totale incapacità di ricordare determinati eventi correlati ad una delle altre personalità. Questa particolare unilateralità permette invece agli alter di ricordare con precisione eventi vissuti direttamente dal sé o indirettamente anche dalle altre personalità. Altro particolare aspetto è infatti che le identità possono addirittura conoscersi e interagire fra loro!

Perché insorge questo disturbo? Quali sono le sue cause principali? I fattori sono molteplici: il principale aspetto scatenante sembra essere lo stress eccessivo nel periodo della crescita: la mancanza di dovute attenzioni o compassione a seguito esperienze dolorose. I bambini non hanno infatti il senso di unità dell’IO (che si sviluppa in seguito a diverse esperienze integrate fra loro), per cui nei soggetti che subiscono diversi maltrattamenti, ciò che dovrebbe confluire in un’unica identità, viene mantenuto separato. Studi effettuati nell’America settentrionale mostrano che il 97-98% degli adulti con disturbo dissociativo dell’identità riferisce abusi infantili, che possono essere documentati per l’85% degli adulti e per il 95% dei bambini e degli adolescenti con disturbo dissociativo dell’identità e con altre forme di disturbi dissociativi strettamente correlate. Questo non significa che la totalità dei pazienti affetti da questo disturbo abbia come causa scatenante dello stesso un abuso; molti casi, infatti, sono da far risalire ad una mancanza improvvisa (come la morte di un genitore), o una malattia grave (quindi la necessità di dover essere sottoposto a molti ricoveri ospedalieri e diversi interventi chirurgici).

È inoltre importante sottolineare che non tutti i bambini che hanno subito esperienze traumatiche sviluppano il disturbo in età adulta: molti possono adottare meccanismi di adattamento considerati normali, oppure venire efficacemente tranquillizzati da parte di adulti così da prevenire la predisposizione al disturbo.

Lo sviluppo cognitivo del bambino (e della sua identità), richiede che egli integri diversi tipi di informazioni provenienti da esperienze gradualmente vissute; ogni fase evolutiva potrebbe dar luogo alla produzione di “sé differenti”, che non trovano poi una comunione tra loro. Da qui l’insorgenza del disturbo, spesso tutt’altro che semplice da diagnosticare.

I pazienti presentano una moltitudine di sintomi associabili a disturbi di tipo neurologico o psichiatrico: attacchi d’ansia, eccessiva sudorazione (con manifestazione, quindi, di palpitazioni e tachicardia), disturbi compulsivi, fobie, sintomi fisici, disfunzioni alimentari e disturbi schizofrenici. Non sono rari i tentativi di suicidio e gli episodi di autolesionismo.

È un vero e proprio caos esistenziale: il soggetto riferisce di sentire intere conversazioni interne o le voci delle altre personalità che lo interpellano direttamente. Il più delle volte il tutto è vissuto come una vera e propria allucinazione. I soggetti vivono fenomeni di depersonalizzazione e derealizzazione: il primo termine indica una sensazione di completo distacco dai propri processi mentali e fisici, come se si vivesse al di fuori della propria persona; il secondo invece indica la percezione della realtà circostante come estranea e sconosciuta (perfino gli stessi parenti sembrano irreali).

Tutto questo spiega quanto effettivamente sia difficile la diagnosi: ogni soggetto deve essere sottoposto ad almeno tre perizie psichiatriche diverse. In molti casi viene utilizzata l’ipnosi, in alternativa si conducono lunghe interviste farmaco-indotte così da favorire ed evidenziare l’alternanza degli stati di personalità durante il colloquio. Lo psichiatra può tentare di contattare le altre personalità chiedendo di parlare alla parte della mente coinvolta nei comportamenti per i quali il paziente è amnestico, o che sono stati vissuti in modo depersonalizzato o derealizzato.

I sintomi vanno e vengono spontaneamente, il disturbo invece non guarisce altrettanto spontaneamente. Le terapie sono volte a conseguire l’integrazione delle identità in una sola. Occorrono diverse sedute terapeutiche: nella prima fase, scopo principale è la stabilizzazione e il rafforzamento del paziente in vista della gestione delle personalità problematiche (il sistema di personalità viene esaminato e descritto allo scopo di pianificare il resto del trattamento); nella seconda fase il paziente viene aiutato a elaborare gli episodi dolorosi del suo passato e a sostenerne il dolore (può capitare che durante questa fase si abbia una parziale integrazione spontanea e questa deve essere incoraggiata attraverso il dialogo con le varie personalità, organizzandone l’unione). Acquisita l’integrazione, i pazienti continuano il trattamento per far fronte ad alcune questioni che possono non essere state risolte: lo psichiatra e il medico di base diventano le persone fondamentali che possono aiutarli a gestire i propri problemi fisici e psicologici

“Sotto la tensione di quella minaccia costantemente incombente e per l’insonnia alla quale ora mi condannavo così e ben oltre i limiti di quelle che avevo ritenuto le possibilità umane, io mi ridussi  nella mia propria persona a un essere divorato e svuotato dalla febbre che languiva, fiaccato sia nel corpo che nella mente, ossessionato da un unico pensiero. L’orrore dell’altro me stesso […] E questo ancora: che quell’orrore in rivolta fosse unito a lui più intimamente di una sposa, più intimamente di un occhio: chiuso nella gabbia della sua carne, dove lo sentiva brontolare e lo sentiva lottare per venire alla luce; e che a ogni attimo di debolezza e nel consegnarsi al sonno, prendesse il sopravvento e lo spodestasse della vita.”