Marty McFly ha dovuto usare una macchina del tempo per poter essere trasportato nel 1955 dagli anni 80, ma probabilmente gli avrebbe fatto comodo sapere che gli sarebbe bastato venire in Italia per ritrovarsi immediatamente catapultato nel Medioevo: più indietro, più in fretta. La comunità scientifica nazionale sta assistendo ad una drammatica involuzione dei servizi medici prestati alle giovani donne italiane. L’Italia si è ammalata di obiezione di coscienza: più dell’80% dei ginecologi è obiettore, le donne non hanno il diritto all’aborto garantitogli dal referendum del 1978, la legge 194 sta pian piano morendo, gli aborti illegali sono tornati ad essere una pericolosissima realtà.

Obiezione del medico

L’obiezione di coscienza per i medici è prevista per l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG): il medico ha il diritto di esercitare l’obiezione in qualsiasi momento, con un’eccezione in caso di pericolo di vita della paziente. Lo status di obiettore, tuttavia, non esonera il medico dall’assistenza pre e post intervento. Il SSN è tenuto a assicurare che l’IVG si possa svolgere nelle varie strutture ospedaliere deputate a ciò, e quindi, qualora il personale assunto sia costituito interamente da obiettori, dovrà supplire a tale carenza in modo da poter assicurare il servizio. In caso di massiccia adesione all’obiezione di coscienza la cittadinanza residente può ritrovarsi privata di alcuni servizi, portando alla perdita di alcuni diritti fondamentali, per tale motivo nel 2014 l’Europa ha richiamato ufficialmente l’Italia e in particolar modo la regione Marche.

Obiezione in Italia

E’ impossibile applicare la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza, in diverse aree del nostro Paese, dove l’obiezione di coscienza dei medici raggiunge punte del 100% (paradigmatico il caso dell’ospedale di Jesi, in provincia di Ancona: 10 ginecologi, 10 obiettori). E’ come se in un paese tutte le edicole si rifiutassero di vendere i quotidiani, sarebbe vista come una cosa normale? La regione con più alto numero di obiettori è il Molise con l’85,7% di medici obiettori, seguito dalla Basilicata dove sono l’85,2%, quindi dalla Campania con l’83,9% e dalla Sicilia con l’80,6%. In tutto il paese la percentuale non scende mai al di sotto del 50%, tranne per la Valle d’Aosta dove gli obiettori sono il 16,7%. A Bari gli ultimi due medici che facevano interruzioni di gravidanza hanno deciso di abbandonare il reparto, a Napoli il servizio viene assicurato soltanto da un ospedale in tutta la città.

Percentuale di obiettori nelle varie regioni italiane
Percentuale di obiettori nelle varie regioni italiane

I dati del ministero della Salute, inoltre, indicano un progressivo aumento dei medici obiettori, con la crescita del 17,3% in 30 anni, a fronte di un dimezzamento degli aborti nello stesso periodo. Si è passati dal 58,7% di ginecologi obiettori del 2005 al 69,3% nel 2011. Secondo alcuni, gli obiettori, sarebbero molti di più, raggiungendo anche il 91%: questo vuol dire che le liste d’attesa negli ospedali che forniscono il servizio sono spaventose, e il rischio di superare il numero di settimane di gravidanza in cui è consentita l’interruzione è reale. Non ci si stupisce, dunque che continuino ad accadere episodi drammatici come quello di Valentina, la donna che nel 2010 è stata costretta ad abortire da sola nel bagno dell’ospedale romano Sandro Pertini.

La lenta agonia della legge 194 ed il ritorno all’illegalità

Oltre l’80% dei ginecologi è obiettore di coscienza e le donne respinte dalle istituzioni tornano al segreto. “Tutti i medici sono obiettori di coscienza, vada altrove”, questa è la frase tipo che arriva alle orecchie di una giovane donna in cerca di aiuto, “altrove” è l’Italia che torna alla clandestinità. Sarebbero 20.000 gli aborti illegali calcolati dal ministero della Sanità con stime mai più aggiornate dal 2008, forse 50.000 quelli reali. A questo panorama drammatico, si aggiungono cliniche fuorilegge (con incassi superiori ai 5.000 euro al giorno) e contrabbando di farmaci: sul corpo delle donne è tornato a fiorire l’antico e ricco business che la legge 194 aveva quasi estirpato.

Siamo spettatori di una tragica regressione in cui le donne ricominciano a morire di setticemia, migrano da una regione all’altra cercando quei reparti che ancora garantiscono l’interruzione volontaria di gravidanza; in cui le ragazzine vagano cercando i blister di un farmaco per l’ulcera a base di misoprostolo che, preso in dosi massicce, provoca l’interruzione di gravidanza, spacciato dalle gang sudamericane che lo fanno arrivare nel porto di Genova dagli Stati Uniti. Così questa bambine abortiscono da sole, nel bagno di casa, perché della legge o del giudice tutelare non sanno nulla, perché in ospedale la lista d’attesa è troppo lunga e i consultori sono sempre di meno. Un film horror? No, solo l’Italia. La percentuale di successo di questi solitari aborti, quasi sempre farmacologici e di cui si trovano dettagliate istruzioni su internet, è alta: oltre il 90%, ma chi sbaglia rischia la vita.

“Contro la 194 c’è una congiura del silenzio. Accedere ai servizi è sempre più difficile, una corsa a ostacoli, e le donne meno esperte, le più fragili, le più giovani, le straniere, finiscono nella trappola dell’illegalità. Credo che oggi nel mercato clandestino si trovi qualunque farmaco, addirittura la Ru486. È una sconfitta per tutti, perché la legge funzionava, e funzionava bene” – (Carlo Flamigni, ginecologo)

E allora le donne emigrano in Svizzera, Inghilterra, Francia, pagando quattrocento euro per una IVG entro il terzo mese, circa 3000 per un aborto terapeutico (oltre la 22esima settimana) in clinica. Ma non tutte possono andare all’estero, e per quelle che restano la prospettiva è un calvario fatto di umiliazioni, e di una lunga negazione dei propri diritti.

I numeri non mentono, come non mentono tutte le donne rimaste traumatizzate dal calvario affrontato per far valere un proprio diritto. Un Paese in cui non si rispetta la volontà di una giovane donna è un Paese che non combatte per i diritti dei suoi cittadini, il 1978 ha segnato un profondo spartiacque nella storia della legislazione italiana, ma purtroppo l’Italia dimentica velocemente, dimentica i nomi di tutte queste donne che non volevano altro che vivere nel rispetto della legge.

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Vicepresidente | Nata a Napoli il 25 Giugno 1992. Ho frequentato l'università degli studi della Campania "Luigi Vanvitelli" laureandomi in Medicina e Chirurgia nel 2017. Attualmente sono una specializzanda in Ostetricia e Ginecologia presso l'Università degli studi di Torino. Mi occupo di coordinare la Redazione de "La Medicina In Uno Scatto", di cui sono anche Vicepresidente.