Nel 1906, lo psichiatra e neuropatologo tedesco Alois Alzheimer descrive per la prima volta quella demenza presenile che diventerà famosa con il suo nome. Dopo più di un secolo molti aspetti della malattia non sono ancora noti mentre altri vanno pian piano chiarendosi. Ad esempio gli scienziati sanno da tempo che la proteina Tau è coinvolta nella demenza e nella perdita di memoria nella malattia di Alzheimer: essa stabilizza i microtubuli e se mutata provoca gravi malattie neurodegenerative dette taupatie, come la malattia di Alzheimer stessa. Fino a poco tempo fa non era però noto come essa ostacola la funzione cognitiva. Invece ora, grazie agli studi di alcuni ricercatori degli Istituti Gladstone, sappiamo che la proteina Tau sconvolge la memoria in modelli di malattia di Alzheimer attraverso la deplezione di un’altra proteina chiamata Kibra (KIdney/BRAin), che è fondamentale per la formazione della memoria poiché legata ad una serie di segnali cellulari che controllano la proliferazione e la morte delle cellule.

MA COME SI FORMA LA MEMORIA?
I ricordi si formano quando i segnali chimici rafforzano la connessione tra i neuroni a livello della sinapsi. I neuroni si modificano strutturalmente e funzionalmente al fine di costruire e mantenere le memorie, reclutano recettori proprio nei siti in cui si forma il contatto sinaptico per aumentare l’intensità dei segnali ricevuti. Se le connessioni tra i neuroni si indeboliscono o si perdono, si perde anche la memoria.
A livello molecolare accade che la proteina Tau “esaurisce” Kibra, scatenando un processo che impedisce ai neuroni di adattarsi e di rafforzare le loro connessioni. La conseguenza di tutto questo è la drammatica incapacità di costruire nuove memorie e di mantenere quelle già acquisite. Parliamo semplicemente di quello che succede quando studiamo un nuovo capitolo di un libro (formazione di nuove memorie) o quando ripassiamo un argomento già studiato in passato (rafforzamento di concetti già fissati nella nostra mente)!
Il fulcro della recente ricerca condotta negli Istituti Gladstone è la scoperta che aumentando i livelli di Kibra è possibile invertire gli effetti nocivi causati dall’alterazione della proteina Tau, ripristinando così la capacità dei neuroni di formare ricordi. Per sostenere la rilevanza clinica di questa scoperta, i ricercatori hanno anche dimostrato che i livelli di Kibra sono diminuiti nel cervello dei pazienti con malattia di Alzheimer e che questa riduzione è correlata con un aumento della forma alterata di Tau.
Il prossimo e impegnativo passo da compiere è comprendere i meccanismi che governano la correlazione Tau-Kibra e in base a questi pianificare nuove metodologie terapeutiche per lanciare una nuova e forse decisiva sfida nei confronti di uno dei mali più silenziosi e dolorosi dei nostri giorni. Ad esempio se il livello e il folding delle proteine potessero essere individuati in vivo tramite le scansioni cerebrali prima che i sintomi della malattia si sviluppino, i medici e i pazienti potrebbero avere a disposizione del tempo prezioso per prepararsi a gestire l’Alzheimer in modo piu’ efficace…