Per chi è affetto da anoressia, una nuova speranza di trattamento efficace arriva da un metodo sperimentato al King’s College di Londra che consiste nella stimolazione magnetica transcranica: in poche parole il cervello viene eccitato con degli speciali magneti in aree corticali specifiche, riducendo così il senso di sazietà.
Anoressia significa letteralmente “mancanza di fame” e come si può facilmente intendere, il termine risulta alquanto improprio, poiché si tratta NON di una perdita di appetito, ma di un errato rapporto con il cibo e con il proprio corpo. L’età media di insorgenza è tra i 15 e i 18 anni, colpisce 1 donna su 25 e ha una mortalità del 20%. Spesso le più colpite da questa insidiosa patologia sono ragazze timide, remissive, perfezioniste e competitive, tese ad ottenere il massimo ad ogni prestazione.
Si inizia con una dieta ipocalorica, magari iniziata per un leggero sovrappeso, e si arriva, poi, alla “fase di stato”, cioè quel periodo in cui sono ormai conclamati i sintomi fisici e psichici della malattia, in cui il peso e il cibo diventano una vera e propria ossessione. Le diete diventano sempre più drastiche e rituali, si studia, si fa sport, si fa tutto il necessario pur di bruciare le “maledette calorie”. Il peso viene costantemente misurato: vedere l’ago della bilancia segnare due etti in meno può scatenare una gioia irrealistica, così come vedere due etti in più può scatenare crisi di panico e angoscia, fino alla depressione e all’apatia.
Come tutti sapranno infatti, l’anoressia è in primis un disturbo dell’immagine corporea: la ragazza si percepisce pesante, informe, grassa e deforme quando invece è magra a tal punto da manifestare amenorrea (perdita del ciclo mestruale da almeno tre mesi), perdita dei caratteri sessuali secondari, disidratazione cutanea, perdita del pannicolo adiposo sottocutaneo e colorito giallastro della cute.
Ad oggi, le terapie sono molte e spesso si tratta terapie che richiedono la collaborazione di molti specialisti come lo psicoterapeuta, il ginecologo e il nutrizionista. È necessario improntare la relazione sull’alleanza terapeutica, cosa non molto semplice in quanto la paziente anoressica è generalmente una ragazza portata dal medico contro la sua volontà poiché considera la sua malattia come una soluzione e non come un problema.
Accanto alla riabilitazione nutrizionale sono poi necessarie terapie psicologiche e psicofarmacologiche basate su antidepressivi triciclici come l’amitriptilina, inibitori SSRI come la fluoxetina, antipsicotici atipici come l’olanzapina e cortisone. Infine, a seconda della gravità della patologia, può essere necessario un ricovero ospedaliero o comunitario. In tanti casi purtroppo, la guarigione avviene per difetto, ovvero permangono alcuni sintomi come il patologico rapporto con il cibo, amenorrea, depressione, dipendenza e problematiche della sfera affettiva e sessuale.
Per queste giovani pazienti però c’è una nuova speranza, che potrebbe andare a implementare i precedenti metodi di trattamento: arriva da un metodo sperimentato dal King’s College di Londra. Si tratta della Stimolazione Magnetica Transcranica, metodo in cui il cervello viene stimolato con degli speciali magneti, simili alle bobine, applicati in una zona direttamente collegata allo sviluppo di malattia: la corteccia prefrontale dorsolaterale. Il metodo non è affatto invasivo e avrebbe come finalità quella di agire su quest’area al fine di ridurre il senso di sazietà.
Allo studio hanno preso parte 49 persone, alcune sottoposte alla stimolazione magnetica e altre ad un placebo, ed i risultati sono stati molto incoraggianti, tanto che alcune pazienti hanno mostrato benefici fin dalle prime sedute di trattamento. Questo potrebbe aprire nuove strade nel trattamento dell’anoressia nervosa e salvare molte giovani vite, colpevoli solamente di vivere in una società che rende i canoni estetici più importanti di tante altre cose.