Una ragazza di 21 anni si reca dal ginecologo per amenorrea primaria.
All’ispezione si osserva un seno normo-sviluppato e l’assenza di peli pubici e ascellari; le labbra vaginali sono piccole ed ipoplastiche, la vulva ipopigmentata ed il meato urinario inserito normalmente. Viene dunque eseguito l’esame ginecologico e si riscontra la presenza dell’imene, una vagina corta (1,5 cm di profondità circa) e assenza dell’utero.
Viene quindi richiesta una consulenza endocrinologica in seguito alla quale si decide di effettuare il dosaggio degli ormoni sessuali. I livelli di gonadotropine (FSH e LH) sono normali come anche quelli di estradiolo e progesterone, il testosterone è invece alto, 149 ng/dL.
Sono poi richiesti una TC dell’addome ed un consulto genetico. Il genetista referta la presenza di cariotipo 46XY; alla TC si conferma l‘assenza di utero e ovaie, vagina ipoplastica a fondo cieco e due masse intraddominali (davanti gli psoas), presumibilmente due abbozzi testicolari.
Si pone diagnosi di SINDROME DA INSENSIBILITà AGLI ANDROGENI COMPLETA, in accordo col paziente viene impostato l’iter terapeutico.

Viene dunque inviata in urologia per sottoporsi ad una orchiectomia in laparoscopia ed impostata, su consiglio degli endocrinologi, la terapia sostitutiva con estrogeni.
La sindrome di Morris o da Insensibilità agli Androgeni, conosciuta anche come “sindrome della bella donna” è un disordine della differenziazione sessuale, generalmente X-Linked, dovuto ad una mutazione che causa resistenza al testosterone.
In base alla gravità dell’insensibilità agli androgeni vengono distinte varie forme: forme leggere possono non essere diagnosticate finché l’uomo non si reca dall’andrologo perché non riesce ad avere figli; forme di insensibilità completa (come nel caso sopra proposto) possono portare ad una femminilizzazione pressoché completa ed essere misconosciute fin dopo la pubertà, in presenza di amenorrea.
Più che stressarvi sull’eziologia, patogenesi e altro, vorrei invece porre l’attenzione su alcuni aspetti.
Un elemento importante per questa patologia è la rimozione degli abbozzi testicolari per l’elevata probabilità che questi hanno di degenerare e generare tumori come gonado-blastomi, disgerminomi o seminomi.
Fortunatamente per la paziente, all’analisi anatomopatologica del materiale dissecato non è stato riscontrato nessun segno della presenza di tumori.
Altra cosa estremamente fondamentale è che vi siano psicologi e psichiatri pronti ad intervenire: aver sempre vissuto come femmina e poi scoprire può essere davvero destabilizzante.
Nel caso in questione, la paziente non ha avuto particolari problemi nell’accettazione della diagnosi anche perché questa non ha tutto sommato stravolto la sua vita, ha sempre vissuto come donna ed ha continuato a vivere come donna.
Molto più problematiche sono, quasi paradossalmente, le forme in cui l’insensibilità è meno marcata. Vi possono essere problemi nell’attribuzione del sesso alla nascita (insoddisfacente in circa il 25% dei casi) o problemi nello sviluppo della sessualità e la concezione della propria persona durante l’adolescenza, soprattutto se la diagnosi viene posta in questo periodo. Spesso i pazienti vanno incontro a numerosi interventi, un po’ per correggere difetti anatomo-funzionali (correzione di ipospadie e ginecomastie per esempio), altre volte per “rincorrere” la concordanza col sesso scelto con mastoplastiche e genitoplastiche.