La poliomielite è una delle malattie più conosciute di sempre, dopo anni di lotta si è arrivati ad un traguardo storico: è stato eradicato il tipo 2 del poliovirus anche nelle zone considerate a rischio di contagio selvatico. Tutto ciò avrà effetti nell’immediato con conseguenze su scala mondiale.
Per cominciare vogliamo, però, raccontarvi la storia di un uomo, nato ad Hyde Park il 30 gennaio 1882, laureatosi in giurisprudenza si interessò subito al mondo della politica. Durante i primi anni della sua carriera, tuttavia, si ammalò mentre era in vacanza sull’isola di Campobello. Era il 1921, aveva 39 anni e aveva perso la funzionalità delle gambe. La diagnosi di allora fu poliomielite, una forma grave che lo obbligava ad usare la sedia a rotelle. Per tutti quelli le cui lezioni di storia sono ormai un ricordo sbiadito, stiamo parlando di Franklin Delano Roosevelt, l’uomo che dal 4 Marzo 1933 al 15 aprile 1945 coprirà il ruolo di presidente degli Stati Uniti, e a quanto dicono gli studiosi, sarà uno dei tre migliori presidenti statunitensi di tutti i tempi.
Al pari di un avversario politico Roosevelt sfidò la malattia che lo aveva colpito e nel 1926 fondò l’istituto di riabilitazione Roosevelt per aiutare le vittime del suo stesso male. Questo è solo l’inizio di un percorso che vedrà l’annuncio del vaccino iniettabile di Salk nel 1955 e l’approvazione del vaccino orale di Sabin nel 1962. Nonostante quest’ultimo abbia un rischio relativamente maggiore – 1 caso su 750000 – di poter scatenare la malattia è stato preferito all’altro per i migliori ed ampi effetti protettivi, oltre che per i bassi costi, caratteristiche che hanno determinato una notevole riduzione della malattia in molte aree geografiche, specie quelle in via di sviluppo.
Poiché la poliomielite può essere causata nell’uomo da 3 diversi tipi di poliovirus, anche i vaccini devono poter coprire le diverse possibilità. Nello specifico, il vaccino di Sabin può essere detto tOPV (trivalent oral polio vaccine) o bOPV (bivalent oral polio vaccine) in base alla protezione che garantisce rispetto ai 3 tipi oppure solo nei confronti del tipo 1 e del tipo 3. Aree geografiche a basso rischio di infezioni dette selvatiche prediligono il vaccino iniettabile, al contrario delle zone ad alto rischio in cui i benefici del vaccino orale superano i rischi correlati.
Più del 90% dei casi di poliomielite indotta da vaccino negli ultimi 10 anni è attribuibile al tipo 2 del virus attenutato, il vaccino bOPV ha quindi il vantaggio di ridurre ulteriormente questi rischi e di avere una protezione più valida nei confronti dei due tipi rimanenti; come svantaggio, tuttavia, rimane la non-protezione rispetto al tipo 2.
Ultimissimi dati sull’andamento della malattia hanno però confermato che il tipo 2 è stato finalmente debellato da ogni zona del pianeta, la conferma di questi dati può quindi consentire la transizione definitiva dal vaccino tOPV a quello bOPV con il risultato di abbattere considerevolmente qualsiasi rischio associato mantenendo però i massimi vantaggi. Questa operazione di transizione è stata chiamata “global vaccine switch” e coinvolgerà tra il 17 Aprile e il 1 Maggio i 155 paesi e territori del mondo in cui era in uso la versione tOPV. Michel Zaffran, direttore per l’eradicazione della poliomielite dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e Reza Hossaini, a capo della sezione Polio dell’UNICEF, riconoscono in modo univoco il grande passo avanti verso l’eradicazione definitiva della malattia, così come è stato possibile nel 1979 con il vaiolo e nel 2011 con la peste bovina.
Probabilmente il coinvolgimento di personaggi storici ha aiutato a tracciare il percorso che la malattia ha seguito, a dimostrazione del fatto che anche piccoli eventi, come può essere considerato ammalarsi di una malattia, in particolari circostanze possono scatenare l’effetto farfalla e avere enorme risonanza anche a distanza di molti anni.