Titolo ammiccante. Molti apriranno il link pensando di crocifiggerci appena lette le prime due righe, altri semplicemente sono tutti i nostri non follower, quelli che avrebbero voluto trovarci seriamente una verità. Realtà pessima.
La vera verità sul cancro è che non esistono verità universalmente capite ed universalmente spiegabili.
Nella odierna controffensiva alla bufala più grande ci si scontra giornalmente con l’incapacità di trovare un registro univoco di comunicazione che riguardi strettamente le questioni scientifiche e sia, altrettanto strettamente, comprensibile da tutti.
E’ follia pensare che un’esaustiva comunicazione scientifica possa essere spiegata nella timida stesura di 2000 caratteri, lunghezza media nel quale si esplica un articolo standard.
Il problema. Il lettore medio occasionale non trova spesso una risposta completa al quesito medico scientifico postosi.
Il perché pare facile capirlo. Considerando l’impegno che una lettura del genere comporta, la capacità critica del lettore stesso, l’avanguardia del tema trattato e la presenza o meno di risposte effettivamente esaustive date da una consolidata ricerca, i temi scientifici non hanno il pregio dell’immediatezza comunicativa.
Sembra sia surreale immaginare che la ricerca, ancora oggi, non dia una spiegazione dettagliata di ogni problema medico esistente – con relativa soluzione, meglio se il più pragmatica possibile. In questo bug neuronale si insidia il dubbio, il sentore del complotto, il successo delle fonti di “controinformazione”.
Traspare la semplicità con cui l’informazione con un registro più semplice da comprendere, con una completezza di contenuti maggiore, ma che soprattutto offra una soluzione vicina alla realtà quotidiana divenuti la fonte più accreditata.
Nel cocktail dello screditamento fa poi sempre bene un pizzico di emotività, un po’ di “la lobby dei medici”, “BigPharma” ed alle volte la disperazione – purtroppo – del lettore.
Il vorticoso fluire di contenuti accreditati assieme ad articoli fuffa sui medesimi canali di comunicazione (social network, media), rende il compito della corretta informazione molto vicino al termine “utopia”. L’utente medio vira verso la bufala, l’utente medio diventa protagonista della diffusione della bufale ed è l’utente medio stesso, in prima persona, che inveisce e pone in penombra il frutto del lavoro di anni di studi.
E’ ciò che succede giornalmente su temi come il cancro. Le fantasiose accuse complottare mescolate con le ancor più strambe soluzioni, producono un arcobaleno di idiozie che fan scappare un sorriso.
A ragion veduta direi “un riso amaro”.
Sarebbe un fenomeno marginale se non considerassimo che, preda dei leoni da tastiera, spesso si celano lettori/pazienti sull’orlo del baratro psicologico a causa di un’infausta diagnosi.
Il ruolo di coloro i quali, consci di tale fenomeno distruttivo, operano nel settore sanitario è dunque quello di comprendere innanzitutto il reale impatto che la controinformazione ha sulla popolazione. Ciò è comunemente sottovalutato ed è altrettanto comune la visione miope che i professionisti biomedici hanno della situazione.
È necessario mettere a fuoco questo concetto, ma non solo. Lo step successivo è necessariamente personale: bisognerebbe riuscire a controbattere nelle disquisizioni “da Bar” conoscendo già in precedenza le tesi addotte dalla blacklist dei divulgatori di fandonie.
La conclusione è insita nel problema stesso e da esso ne traiamo la soluzione. Si rende doveroso potenziare la capacità di esprimersi su un doppio binario comunicativo composto certamente da quello che concerne l’ambito accademico, ma anche dalla divulgazione coram populo.
E’ inopinabile, quindi come la giusta informazione passi dapprima da una chiara formazione individuale, poi dalla propria capacità di utilizzo di un corretto e coerente registro linguistico-concettuale ed infine – ahimè – da un uso spasmodico di una dialettica quanto più possibile logica, lineare e razionale.