Un comune farmaco antistamico, chiamato clemastina, si è dimostrato efficace nel favorire la rimielinizzazione nei pazienti affetti da sclerosi multipla (SM). Gli scienziati, che per 150 giorni hanno messo alla prova l’efficacia di questo farmaco si sono detti soddisfatti seppur con la necessità di una certa prudenza.
Le persone colpite da Sclerosi Multipla sono ormai sempre più numerose a livello internazionale, con una prevalenza che va dai 2 ai 150 casi ogni 150.000 individui. Proprio questo sta spingendo numerosi scienziati ed esperti del settore a studiare nuove prospettive terapeutiche finalizzate a garantire la rimielinizzazione delle fibre nervose.

La sclerosi multipla è una malattia autoimmune cronica demielinizzante, che colpisce il sistema nervoso centrale rendendo difficoltosa la comunicazione tra cervello e midollo spinale. Le cellule nervose trasmettono i segnali elettrici, definiti potenziale d’azione, attraverso lunghe fibre chiamate assoni, il cui rivestimento mielinico viene danneggiato dal sistema immunitario nel patogenesi del SM. La mielina assicura che la velocità di conduzione degli impulsi nervosi sia elevata. In caso di sclerosi multipla la mielina viene progressivamente degradata ad opera del sistema immunitario. Una delle strutture più colpite è il nervo ottico, che raccoglie circa un milione di assoni mielinizzati ad elevata velocità di conduzione i quali mettono in comunicazione l’occhio con il cervello.

La malattia può manifestarsi con una vastissima gamma di sintomi neurologici e può progredire fino alla disabilità fisica e cognitiva e purtroppo non è ancora nota una cura.
Una scoperta che restituisce la speranza
L’ultimo dato positivo che potrebbe aprire spiragli importanti nella cura di questa patologia riguarda un comune antistaminico che potrebbe garantire il corretto funzionamento delle cellule nervose. Si tratta della clemastina fumarato che normalmente viene utilizzata nella cura delle allergie: gli studi si sono concentrati sulla somministrazione di un dosaggio leggermente superiore rispetto a quello assunto in casi di reazioni allergiche.
Lo studio, presentato al meeting annuale 2016 dell’American Academy of Neurology tenutosi dal 15 al 21 Aprile, evidenzia come la clemastina potrebbe risultare utile nei pazienti affetti da sclerosi multipla poiché induce una netta diminuzione nel ritardo di trasmissione a carico del nervo ottico tramite un meccanismo di rimielinizzazione.
Nonostante lo studio relativo alle potenzialità della clemastina sia svolto principalmente sul nervo ottico in virtù della relativa facilità di accesso a quest’ultimo, è possibile effettuare valutazioni in merito al comportamento generale del sistema nervoso nel decorso della malattia. Il farmaco sembrerebbe agire su un recettore dei precursori degli oligodendrociti favorendone lo sviluppo: saranno poi tali cellule gliali a fornire il rivestimento mielinico ai neuroni del sistema nervoso centrale. Questo garantisce velocità di trasmissione degli impulsi fino a 100 volte maggiori.
Entusiasmo con la giusta cautela
C’è da dire che la clemastina satura solo parzialmente questo recettore e che quindi non si possa vedere il pieno effetto. Dato che tale antistaminico agisce anche in molti altri recettori, il suo gruppo sta studiando lo sviluppo di nuovi agenti che agiscono specificamente su questo recettore, che possono essere più appropriati per la riparazione della mielina
Gli stessi scienziati che hanno lavorato sulla clemastina come nuova terapia per la sclerosi multipla hanno comunque sottolineato come sia essenziale tener conto con cautela di tali dati. Il metodo di screening ha individuato il meccanismo biologico, ora è necessario affinare il meccanismo trattando i pazienti per lunghi periodi di tempo per la conferma del risultato. In particolare, essendo la clemastina un anticolinergico, occorrerà verificare che non provochi alcun peggioramento di alcuni sintomi della SM, quali difficoltà cognitive, esitazione urinaria o costipazione.