Dal 1980 ad oggi la prevalenza di obesità a livello mondiale è cresciuta vertiginosamente, fino addirittura a raddoppiare! È l’allarme lanciato dall’OMS che nel 2008 conteggiava 1,4 miliardi di adulti in sovrappeso, pari al 35% dell’intera popolazione globale. Dati che si ripercuotono severamente sulla vita di tutti i giorni, influenzando specificatamente le sfere di salute, società ed economia. Di recente un team dell’università di Padova, in collaborazione con ricercatori di San Francisco, avrebbe trovato nel principale alcaloide del pepe nero un valido aiuto per contrastare il problema, proponendo un innovativo target terapeutico ed aprendo spiragli ottimistici per il futuro.
Sovrappeso: un dramma per la salute e… per il portafogli!!!
Sebbene dunque gli sguardi siano sempre più vigili e sensibili, obesità e diabete di tipo 2 interessano in misura esponenziale una larga fetta della popolazione mondiale e la causa principale, sarebbe da ricercare in un consumo eccessivo di cibo, associato ad una ridotta, se non inesistente, attività fisica. All’insorgenza delle patologie sopraccitate, concorrono senza dubbio anche fattori genetici, spiegando in particolare le innumerevoli e ben note sfumature di risposta ad una alimentazione scorretta ed ipercalorica. E, se da una parte nella maggioranza dei casi si tratterebbe di patologie di (relativamente) lunga convivenza, le ormai decantate e progressive conseguenze sulla salute sono drammatiche e variegate, con il diretto coinvolgimento dell’intero organismo, spaziando dal sistema cardiocircolatorio a quello osteoarticolare, con il risultato, nei casi più rosei, di dipendere cronicamente da terapie farmacologiche finalizzate al mero contenimento dei danni.
Oltremodo, il problema di cosi larga portata sembrerebbe gravare non indifferentemente sulla spesa pubblica: basti pensare che un recente aggiornamento del ministero della salute ha stimato, in Italia, un impatto economico di 9 miliardi di euro l’anno, a fronte di 5,5 milioni di obesi. Tra i fattori in esame non solo i costi diretti della salute, ma anche calo di produttività, assenteismo e mortalità precoce.
Le terapie disponibili e la nuova scoperta
Ad oggi, il rimedio più efficace al disturbo rimane uno stile di vita salutare e soprattutto una regolare attività fisica (quando ancora consentito dallo stato di salute), mentre l’approccio farmacologico resta ancora fortemente limitato (eccezione fatta per alcune terapie contro il diabete di tipo due, in particolare a base di metformina, ndr). In un tale contesto non molto ottimistico, in cui la ricerca sembra riscontrare ancora ingenti difficoltà nella formulazione di un farmaco valido e sicuro, i recenti risultati di un ateneo padovano suscitano stupore oltreché speranze concrete per il futuro.
Nel dettaglio si sarebbe individuato nella piperina, il principale alcaloide del pepe nero, una facoltà di incremento del metabolismo del muscolo scheletrico, rendendolo così un innovativo ed interessante bersaglio terapeutico nella lotta al sovrappeso.
Il metabolismo del muscolo scheletrico e il ruolo della piperina
Il Professor Nogara e la sua squadra, in collaborazione con il dipartimento di biochimica dell’Università della California, avrebbe osservato il ruolo dell’alcaloide a partire da uno studio sulla struttura del filamento spesso delle cellule muscolari scheletriche. Come è largamente noto, il muscolo scheletrico è dotato di due ben distinti filamenti proteici: i sottili di actina e quelli spessi di miosina. Quest’ultima è l’attore principale della contrazione, convertendo l’energia fornita dall’ATP in energia meccanica; nello specifico, si assisterebbe ad un aumentato metabolismo del muscolo scheletrico mediante il passaggio delle teste di miosina dallo stato ordinato, con bassa attività, allo stato disordinato, a maggiore attività ATPasica.
Attraverso la rivoluzionaria metodica di inserire sonde fluorescenti nelle fibre muscolari (rendendo così evidente la transizione dallo stato ordinato al disordinato), sono stati testati circa 2000 composti e la piperina si è mostrata efficace nell’incrementare il metabolismo muscolare, andando ad incentivare lo stato disordinato della miosina a discapito di quello ordinato. In effetti, le proprietà del Piper Nigrum sono state lodate anche in passato: in diversi studi su roditori, tra topolini sottoposti ad un’alimentazione ricca di grassi, alcuni hanno congiuntamente ricevuto piperina (20-50 mg/Kg/dì), con una conseguente diminuzione di massa grassa tra il 20 ed il 70%, mentre sono risultati minimi i cambiamenti sulla massa magra (circa il 10%). In aggiunta, Nogara menziona nella sua pubblicazione le evidenze di uno studio secondo cui la somministrazione di piperina nei topi durante periodi di restrizione calorica non avrebbe dato alcun effetto su una serie di parametri predefiniti, facendo presumere che il principale beneficio dell’alcaloide sia rivolto al guadagno di adipe durante il sovraccarico calorico.
Il meccanismo specifico è ancora da chiarire, ma la lungimirante e brillante ricerca italiana offre un coadiuvante sicuro nella battaglia all’obesità e sembrerebbe aprire nuovi possibili percorsi terapeutici.
FONTI | Pnas Journal, Ministero della Salute