Elogio alla follia

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L’ultimo anno di medicina è l’anno più strano in assoluto. È un anno che trascorri in uno stato di perenne trance, dove nulla sembra reale. Ormai gli esami che mancano si possono contare sulla punta delle dita, alle spalle si hanno 5 lunghi anni d’esperienza, tutte le forze sono concentrate verso il traguardo, eppure sei stanco come non lo sei mai stato nella tua vita. Inevitabilmente ti ritrovi a pensare al lungo cammino che hai fatto per essere lì, e alla domanda “Ma tornando indietro lo rifaresti?” tu d’impulso risponderesti “Neanche se mi pagassero”.

Ma poi ti ricordi di quanto sangue hai buttato per studiare quel maledetto test, che poi la cultura generale è inarginabile, perché tanto io non saprò mai com’è morta Anita Garibaldi e cos’è il peso mosca. Però quanto siamo stati contenti quando sono uscite quelle graduatorie e per 20 giorni siamo stati padreterni scesi in terra. Con quanta soddisfazione dicevi “Sono entrato a medicina”, perché diciamocelo, te l’eri proprio meritato.

Ti ricordi del primo giorno di corsi, in cui veramente non avevi proprio idea di cosa stessi andando incontro, entri nell’aula magna dove il presidente del corso di laurea ti dice che tu sei il dottore del domani, e ti si riempie il cuore di gioia. E poi che palle chimica, fisica (ma poi, a che serve sapere la fisica per fare il medico?), e l’esame di biologia che paura che faceva, e non conosci nessuno, e tu? Studi a casa oppure in aula studio? E ciao, io sono pincopallo, tu come ti chiami? Ed all’improvviso ecco un nuovo nucleo familiare, con cui condividerai molto più di quanto tu normalmente condivida con la tua vera famiglia.

Poi arriva il secondo anno, e porca miseria, devi cominciare Anatomia. Sai sempre quando lo cominci, ma non sai mai quando finirai. Dopo due mesi, hai finito solo la prima lettura, non si contano più gli evidenziatori finiti, gli schemi fatti, il sonno perso. Ti butti all’esame senza neanche sapere come ti chiami, sei così piccolo, inesperto, che non si sa proprio perchè lo passi, ma alla fine lo passi sempre, perchè prima o poi il professore ti chiede l’argomento che sai proprio bene. E’ finito? No, poi c’è Biochimica, Fisio, Micro, Immuno: Dio santo, il secondo anno non finisce mai.

Qui i maschi hanno cominciato a perdere i capelli, le ragazze ad ingrassare, ed ecco il terzo anno, che alla fine sei talmente traumatizzato dal secondo, che passa, e pure in fretta.

Ormai non sai più quante ore in totale hai passato a studiare, non sai più quante volte non sei andato alle feste, non sai più dove sono i tuoi amici del liceo, che nel frattempo hanno continuato ad avere una vita, a differenza tua. Ti chiamano e ti dicono “Ma che fine hai fatto? Non ricordo neanche più come sei fatto…” e tu sei costretto a rispondere “Lo so, ma siamo in sessione d’esame”, la domanda è: ma quand’è che non siamo in sessione d’esame noi?

Al quarto anno finalmente cominci le cliniche, che non se ne poteva più di fare esamoni generici e poco medici, ma mentono, perchè ti ci piazzano Farmaco e vabbè, per Farmaco non c’è bisogno di dire altro, perchè ognuno di voi, in cuor suo sa che il punto più basso dell’essere umano si tocca per Farmaco. Ora però sei più grande, l’esame infernale sai come affrontarlo, e poi c’è il trucco perchè con Farmaco sai esattamente cosa prenderti per stare sveglio e per dormire di notte, quindi cominciano le tossicodipendenze importanti.

No, basta, hai le occhiaie di un panda, gli amici del liceo non ti chiamano più, i tuoi genitori ti offrono viaggi perchè ti vedono stressato, ma tu non puoi andarci, perchè sei in sessione d’esame (vedi sopra). Hai bisogno di una pausa, se sei fortunato vai in Erasmus, e se non lo sei rimani qui, oppure vai in Francia che forse è pure più stressante.

Probabilmente in Erasmus Anatomia Patologica non te lo firmano, quindi, con la coda tra le gambe torni in Italia che il gigante ti aspetta. Ma Farmaco insegna, che non c’è nulla che non si possa affrontare con una buona Benzodiazepina.

E poi? Poi arrivi al sesto anno, cominci a pensare a cosa vuoi fare da grande, devi chiedere la tesi: “Fai il dermatologo, senti a me, non scegliere di fare una vita infernale”, “Sei pazzo? Veramente vuoi fare chirurgia? Oggi? Con tutti i problemi legali e le responsabilità che hai? Hai capito che rischi il gabbio?”, “Ah, vuoi fare Igiene… ho capito”, “Vabbè è ovvio le femmine fanno o pediatria o gineco”, “Ahahah gli psichiatri sono tutti pazzi”, e potrei continuare con i luoghi comuni per sempre. Qui comincia lo zerbinaggio per avere la tesi, farti vedere in reparto, sì però non ti fanno fare niente, quindi che ci vai a fare?

E quanto sei stanco quando torni a casa, quanto pesano questi sei anni, quanta strada hai fatto, quanto ormai il tuo compagno di studi ti conosce meglio di chiunque altro, e quanto questa laurea è anche sua. E basta professori schizofrenici, basta colleghi raccomandati, basta esami così grossi, basta AFP, basta sabati fiacchi perchè la domenica devi studiare.

“Ma se tornassi indietro lo rifaresti?”

E’ una follia pura, ma sì, tutte le volte sì, perchè dentro di te sai quanto ti si è riempito il cuore ogni singola volta che un paziente ti ha guardato e ti ha detto:

“Grazie dottò”

La Medicina è per quelle persone che nella vita non avrebbero mai potuto immaginarsi a fare altro, e, tralasciando l’ironia, è passione allo stato puro, ed emoziona, come niente sa fare.

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Vicepresidente | Nata a Napoli il 25 Giugno 1992. Ho frequentato l'università degli studi della Campania "Luigi Vanvitelli" laureandomi in Medicina e Chirurgia nel 2017. Attualmente sono una specializzanda in Ostetricia e Ginecologia presso l'Università degli studi di Torino. Mi occupo di coordinare la Redazione de "La Medicina In Uno Scatto", di cui sono anche Vicepresidente.