Il Welfare Oggi: Tagli, Raziocinio e Salute

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Un welfare in manette. Questa l’impressione che rimane alla fine della lettura dell’ultimo, il cinquantesimo, rapporto Censis. Qualcuno una volta disse: “la società non esiste”. Questione di opinioni. Certo è che oggi, 2016, quasi non esiste più il lavoro, raro. La mobilità sociale è congelata, ferma. Le disuguaglianze crescono: una forbice senza ritegno. E il welfare italiano, se non annaspa, di certo non nuota in acque calme. Il Censis invita ad aprire gli occhi sullo stato delle coperture del sistema di welfare in Italia. E quello che si vede guardando da vicino, non è entusiasmante.

Il Contesto

La mission del sistema di welfare è messa a dura prova dalla crisi che lo attornia, da ogni lato, e che lo rende un amplificatore di disagi sociali al posto che esserne un moderatore. Diminuisce il suo finanziamento: in parte perché sono meno i lavoratori, sono meno i redditi tassabili, sono meno le entrate spendibili nel welfare. Diminuiscono anche le coperture erogate e garantite– ma le richieste aumentano: ecco i bisogni dei disoccupati, delle persone senza reddito, dei nuovi occupati con contratti instabili. E la sanità è anch’essa investita da nuove preoccupazioni. Perfino lei: e si stenta a crederci, il sistema era un vanto italiano fino a pochi anni fa, al di là dei singoli episodi di malasanità.

Due le considerazioni da tenere a mente: la prima, che vige un sistema che oggi tende sempre più all’erogazione di servizi “essenziali”, mentre il resto dipende dalle scelte (dal portafoglio) del cittadino; in secondo luogo, la multidimensionalità della povertà. Ci sono molte povertà, e la povertà di servizi e coperture non è meno grave di altre povertà, è solo meno evidente.

Inoltre l’individualizzazione dei rischi sociali, una volta coperti dal welfare, anche se nascosta, si riflette nelle scelte intime e nei timori quotidiani. Insomma, si è sempre più costretti ad arrangiarsi, ognuno per sè, nel fronteggiare malattie, povertà, disoccupazione. E questo incide pure sullo sviluppo. Nel rapporto lo si dice chiaro e tondo: il welfare non deve essere concepito come un semplice distributore di risorse, ma anche come la piattaforma sociale che assorba i rischi, per esempio, dell’iniziativa imprenditoriale. E’ importante concepire il welfare anche come un incoraggiamento allo sviluppo, per la sua natura di difensore degli ambiti sensibili- come quello della salute.

La Salute

La spesa sanitaria pubblica italiana è più bassa rispetto a quella di molti suoi vicini europei. Basti pensare che la spesa sanitaria pubblica pro capite annuale (in dollari) italiana è più bassa di 1000 $ rispetto a quella della Francia, di 2000$ rispetto a quella della Germania. Spesa che registra un continuo abbassamento in termini reali, dal 2009 ad oggi, con una diminuzione più marcata dal 2011, seguita da anni di sostanziale stabilità fino alla leggera crescita del 2014-2015.

Attenzione: si è parlato di finanziamento nel settore pubblico. Perché invece il settore privato, al contrario, registra addirittura una crescita in termini reali del finanziamento fra 2009 e 2012. Segue una riduzione dal 2012, che si mantiene solo fino al biennio 2014-2015, quando aumenta nuovamente: l’anno appena passato infatti il finanziamento alla spesa sanitaria privata era divenuto un quarto della spesa sanitaria totale.

Il finanziamento della sanità è sempre stato argomento di dibattiti feroci.  Dove ci stanno conducendo questi tagli? Funzionano? Stanno lentamente mutando l’efficienza di un sistema di per sé invidiabile? E’ la sostenibilità il problema, o il problema è altrove?

La Compartecipazione             

Sembrano così lontane, queste “casse” e questi “miliardi”. Eppure, sempre in questo lasso di tempo, è cresciuta la compartecipazione alla spesa sanitaria, cioè la quota che finanziano i cittadini con le loro spese personali. Dal 2009 all’anno scorso la compartecipazione è cresciuta in termini reali del 32,4%, in particolar modo nel campo farmaceutico, dove è aumentata del 74%. Un cinquantesimo della spesa sanitaria pubblica è finanziata direttamente dai ticket pagati per le prestazioni sanitarie, dai ticket per i farmaci. I soldi che hanno pagato il prezzo del ticket, che chiunque può ricordare di aver speso, è parte di quei 2,9 miliardi di euro che sono oggi la compartecipazione. Eppure, nel frattempo, il finanziamento totale si contrae.

Gli analisti del Censis parlano di “scure sulla sanità”- a chi pare azzardato, ricordano come 11 milioni di italiani abbiano dichiarato quest’anno di aver rinunciato o rinviato alcune prestazioni sanitarie, in particolare quelle odontoiatriche, quelle specialistiche e diagnostiche. Un numero preoccupante: è lecito che le minori risorse individuali e familiari portino a scelte simili? Che il ticket diventi motivo di pensiero o perfino di ripensamento sul prenotare o meno una visita? Proprio oggi, che alcune criticità del sistema pubblico, come le liste d’attese siderali, sono risolte nel privato, risaputamente più oneroso e non alla portata di tutti.

Gli Ospedali

A letti come siamo messi? La razionalizzazione dell’attività ospedaliera ha portato ad una forte riduzione dei ricoveri ospedalieri. La media in Italia è di 3,3 posti letto ogni 1000 abitanti, mentre la media dei 28 paesi dell’Ue è di 5,2  posti per 1000 abitanti. In Germania sono addirittura 8,2 i posti letto per ogni 1000 abitanti. Viene pure registrata una forte diminuzione delle dimissioni ospedaliere dagli ospedali sia pubblici che privati, in particolare dovuta ai ricoveri per acuti: questi, che sono il 90% dei ricoveri totali, si sono ridotti del 19,4%.

I ricoveri di anziani over 65 sono quasi la metà dei ricoveri totali (sono il 42,6%), e rimangono stabili: ecco perché, nonostante diminuiscano le dimissioni ospedaliere, non diminuisce la spesa ospedaliera. Si tagliano i posti letto e si riduce il volume dell’attività ospedaliera, ma l’impatto dell’invecchiamento è ineludibile: i pazienti anziani sono una presenza costante, che non si argina a colpi di tagli dei posti letto. Forse gioverebbero delle strategie per confrontarsi con questo fenomeno, più di qualsivoglia riduzione.

Manette & Accuse

Le accuse al welfare sono molte: di non essere all’altezza, di essere lacunoso, di essere inadatto, di essere dispendioso. In realtà, quello che si vede leggendo attentamente grafici e grafici, è il continuo avvicendarsi di tagli e razionalizzazioni e costrizioni. “Manette” per limitare la copertura sociale. Se questa tattica porta ad un risparmio senza “effetti collaterali”, ben venga . Ma è la strategia giusta?

Affiorano carenze e deficit, bisogni insoddisfatti, insofferenze e sofferenze evitabili, sempre più spesso. E tutto ciò è anche frutto delle continue scelte di contenimento della spesa sanitaria  e di razionalizzazione perpetuate dai vari governi: qui non si tratta del solo raziocinio, ma di politica. Perché il raziocinio, in politica, permetterebbe invece di riconoscere le proprie responsabilità- politiche.

Alla fine, chi curerà noi, se noi non curiamo il nostro welfare?

FONTI| Rapporto Censis: lo stato del Welfare

Davide Dionisi
Nato il 5/09/1994, frequento la facoltà di Medicina e Chirurgia all'università Statale di Milano. Sono appassionato tanto di medicina quanto di attualità e tematiche sociali.