Cellule staminali per trattare malattie del sangue: il caso della DBA

Per la prima volta cellule staminali pluripotenti ottenute da cellule dalla cute nel trattamento di malattie del sangue.

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Da Boston l’innovativo studio nel campo delle cellule staminali. Si tratta dell’uso, per la prima volta, di cellule iPS per il trattamento di malattie del sangue.

Pubblicata su Science Translational Medicine, l’analisi focalizza l’attenzione sull’anemia di Diamond Blackfan.

Lo Studio

I ricercatori del Boston Children’s Hospital’s Stem Cell Research Program hanno impiegato cellule dei pazienti per ottenere cellule simili a quelle del midollo osseo. In un secondo momento hanno usato le stesse per identificare i potenziali scenari terapeutici nelle malattie del sangue.

In particolare, gli autori hanno convertito alcune cellule della pelle in cellule staminali pluripotenti indotte (iPS) e da queste ultime hanno ricavato cellule progenitrici del sangue.

Le cellule sono state prelevate da pazienti con anemia di Diamond Blackfan (DBA), un’aplasia eritroide congenita caratterizzata da un deficit nella maturazione dei progenitori dei globuli rossi nel midollo.

DBA attualmente viene trattata con steroidi, ma questi farmaci offrono buoni risultati solo nella metà dei pazienti.

I pazienti che non rispondono alla terapia con corticosteroidi devono ricevere con una certa frequenza trasfusioni di sangue con conseguente scarsa qualità di vita. Alla luce di queste possibilità appaiano necessari ulteriori scenari terapeutici.

Gli studiosi hanno cercato per anni di isolare le cellule staminali dal sangue dei pazienti. Alcune cellule staminali del sangue sono state studiate, ma sono esigue e non possono essere replicate in numero sufficiente per essere adoperate.

Le cellule staminali pluripotenti indotte (iPS) sono state ottenute per la prima volta nel 2006 da cellule della pelle del donatore e sembravano offire nuove possibilità.

Esse possono teoricamente generare qualsiasi cellula specializzata.

“Le cellule iPS sono difficili da utilizzare quando si tratta di cellule del sangue” afferma Sergei Doulatov, coautore dello studio con le professoresse Linda Vo ed Elizabeth Macari.

Infatti le cellule specializzate, generate da cellule iPS, sono state precedentemente utilizzate nella ricerca di farmaci per una varietà di malattie, tranne che per patologie del sangue, a causa di problemi tecnici nell’ottenere cellule del sangue a partire da iPS.

A tal fine, il prof Doulatov ed i suoi colleghi hanno adottato una strategia di riprogrammazione. 

L’evoluzione rispetto a ricerche precedenti consiste nel generare cellule progenitrici ematopoietiche a partire da cellule staminali pluripotenti con l’aggiunta di cinque fattori di riprogrammazione.

Prospettive Future: Nuovi Farmaci

A tal punto il team ha caricato i progenitori emopoietici in un sistema di screening di farmaci ad alto rendimento completo di 1.440 sostanze chimiche.

Un composto, SMER28, ha avuto un effetto particolarmente evidente, e per tal motivo è stato sottoposto a ulteriori valutazioni.

In laboratorio, Topi con DBA, trattati con SMER28, hanno cominciato a produrre cellule progenitrici eritroidi, che a loro volta formano globuli rossi, invertendo o stabilizzando l’anemia.

Medesimo risultato si è ottenuto con cellule di pazienti affetti da DBA, trapiantate nei topi.

Si attiva un cosiddetto percorso autofagico che ricicla componenti cellulari danneggiati. Nel dettaglio SMER28 agisce attraverso il fattore di autofagia ATG5 stimolando l’eritropoiesi e regolando l’espressione dei geni globinici.

Questi risultati identificano l’autofagia quale percorso terapeutico nella DBA e mostrano come SMER28 o un composto simile possa offrire una valida opzione terapeutica per la DBA.

Dba: Anemia Di Blackfan-Diamond

L’anemia di Blackfan-Diamond è una forma di anemia dovuta a un difetto maturativo dei progenitori dei globuli rossi.

La diagnosi avviene solitamente nel primo anno di vita, manifestandosi all’inizio con pallore e difficoltà a respirare, specialmente durante l’allattamento. In molti casi la malattia è associata a malformazioni congenite a livello cardiaco, renale, cranio-facciale o degli arti superiori.

Nella maggior parte dei casi insorge in modo sporadico (senza precedenti in famiglia).

Nelle forme familiari (il 30% dei casi), la modalità di trasmissione è autosomica dominante (basta ereditare una copia alterata del gene coinvolto da uno dei genitori per manifestare la malattia). Fino ad oggi sono stati identificati sei geni responsabili, tutti codificanti per proteine strutturali del ribosoma.

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Chiara Maria Palmisano
Sono laureata in Medicina e Chirurgia, ho conseguito la laurea presso l'università di Bari.