Gli studi della UNIST sottolineano una correlazione fra il disturbo bipolare e un deficit nel funzionamento sinaptico
Il disturbo bipolare è una malattia di interesse psichiatrico che solo nel nostro paese conta più di 2 milioni di malati.
È caratterizzato dall’alternanza di stati psico-emotivi contrapposti che si alternano ciclicamente: una fase depressiva, caratterizzata da umore depresso e disinteresse per qualsiasi attività (anedonia) ed una fase maniacale, più breve e caratterizzata da uno stato di eccitazione che coinvolge più sfere della personalità (iperedonia).
Oggi il disturbo bipolare è considerato una delle malattie più difficili da trattare ed è facile intuire come possa altamente compromettere la qualità di vita di chi ne soffre.
Fortunatamente, la ricerca scientifica ci avvicina sempre più alla comprensione di questa patologia, con l’obiettivo di poter trattare al meglio chi ne soffre.
Ricerche precedenti avevano evidenziando come esistesse un collegamento tra il polimorfismo di un gene (codificante per una proteina presente nelle sinapsi:la fosfolipasi Cɣ1) e il disturbo bipolare, ma ancora non si era in grado di dimostrare quale fosse il meccanismo alla base di questo disturbo.
Ora, grazie ad uno studio di un team di ricercatori del Ulsan National Institute of Science and Technology (UNIST) della Corea del Sud, siamo arrivati a comprendere come questa proteina sia coinvolta nella genesi del disturbo bipolare e quali siano i meccanismi di interazione.
Per capirlo, nello studio durato 10 anni, i ricercatori hanno utilizzato modelli animali, selezionando ed allevando topi che presentassero nelle loro cellule celebrali prosencefaliche un deficit della fosfolipasi Cɣ1 (PLCɣ1).
Durante lo studio, si è notato che le cellule neuronali presentavano una riduzione delle capacità sinaptiche e, in particolar modo, un malfunzionamento dei meccanismi di inibizione e di plasticità sinaptica (la capacità di una sinapsi di modificarsi nel tempo, potenziandosi e/o modificando la propria funzione).
I ricercatori hanno inoltre osservato che al deficit della PLCɣ1 era collegato anche un malfunzionamento del “Fattore Neurotrofico Cerebrale” (BDNF), una neurotrofina che regola diverse funzioni al livello sinaptico.
A conferma di quanto era stato osservato nei modelli neuronali, i topi selezionati mostravano un pattern comportamentale tipico della fase maniacale del disturbo bipolare quali: iperedonia, iperattività e risposta abnorme agli stimoli esterni; tutti comportamenti che cessavano quando veniva loro somministrato il trattamento farmacologico utilizzato per il disturbo bipolare.
Il team di ricercatori è quindi giunto ad una conclusione: a causa del deficit di fosfolipasi Cɣ1 e di BDNF, le sinapsi non possono espletare alcuna funzione inibitoria nei neuroni eccitatori, portando quindi ad uno scompenso tra attività eccitatorie e inibitorie.
Grazie a questa ricerca, è stato possibile capire quali meccanismi fossero coinvolti nella genesi del disturbo bipolare e, in particolar modo, quale fosse l’origine del “mancato bilanciamento” tra sinapsi eccitatorie ed inibitorie.
Fonte: Molecular Psychiatry