Ognuno di noi, anche chi non ha alle spalle studi medico-scientifici, sa che la nostra sopravvivenza dipende da un insieme perfetto di organi che lavorano silenziosamente ogni istante della nostra vita.
Sappiamo poi che, nonostante non sia possibile creare una gerarchia di importanza tra gli organi, possiamo anche vivere senza alcuni di essi come, ad esempio, la tiroide (facendo un’opportuna terapia farmacologica sostitutiva) mentre la presenza d’altri risulta imprescindibile per la sopravvivenza (basti pensare al sistema cardio-polmonare).
Ciò che stiamo per raccontarvi ha dell’incredibile e, oltre a rappresentare una storia a lieto fine, ha aperto la strada a nuove terapie, soprattutto per chi è in attesa di un trapianto d’organo e versa in condizioni critiche.
Melissa Benoit, una donna di 33 anni residente in Canada, ha vissuto per ben 6 giorni senza polmoni.
Tutto ha inizio nell’aprile del 2016 quando Melissa viene ricoverata d’urgenza al Toronto General Hospital in condizioni critiche: è affetta da fibrosi cistica sin dalla nascita e una grave infezione ai polmoni sta facendo precipitare le sue condizioni. C’è il rischio che non passi la notte.
A nulla sono valsi i vari tentativi da parte dell’equipe di medici che ha seguito Melissa nei precedenti mesi: il patogeno, infatti, aveva sviluppato una resistenza anche ai più forti antibiotici e, dopo aver compromesso la funzionalità polmonare, ha cominciato ad infettare gli organi vicini (tra cui i reni costringendola alla dialisi) facendo precipitare la situazione e instaurando una sepsi.
Serviva quindi un intervento radicale, che più volte era stato teorizzato ma che non era mai stato eseguito: esportare tout court l’origine e sede dell’infezione e collegare Melissa ad un macchinario che svolgesse il lavoro dei polmoni permettendole di vivere in attesa dell’arrivo dei polmoni del donatore.
Il tempo stringeva, le condizioni erano critiche, i problemi da affrontare non erano pochi e soprattutto non trascurabili. Si prevedeva un intervento lungo ed impegnativo, il rischio di emorragia nella cavità lasciata dai polmoni era concreto e la sopravvivenza all’intervento non era certa; ma la necessità di un intervento ha avuto la meglio sulle perplessità.
Dopo 9 ore di intervento, i tre chirurghi toracici che si occupavano del caso riuscirono ad estrarre i polmoni e connettere il cuore a due circuiti per il supporto della funzionalità cardiopolmonare fino all’arrivo dei polmoni da trapiantare.
Fortunatamente nell’immediato post operatorio avviene quanto sperato dal team di specialisti: i parametri vitali di Melissa, quali la pressione arteriosa e la concentrazione di ossigeno nel sangue, ritornano progressivamente alla normalità e l’infezione comincia a regredire.

Il sistema adottato per vicariare i polmoni è concettualmente molto semplice, ma nella sua semplicità risiede la sua genialità. Il piccolo circolo (la circolazione che va dal ventricolo destro del cuore, passa per i polmoni ossigenando il sangue e ritorna nell’atrio sinistro) è stato connesso ad un macchinario extra corporeo chiamato Novalung in grado di scambiare anidride carbonica e ossigeno coi globuli rossi (svolgendo la stessa funzione dei polmoni); è stata creata una nuova via che dall’atrio destro del cuore porta il sangue direttamente al grande circolo -sboccando nell’arco aortico- passando per un ulteriore ossigenatore (ECMO nell’immagine).
Grazie a questo intervento, Melissa è riuscita sopravvivere 6 giorni e ricevere i nuovi polmoni.
Fonti | Articolo originale, Case report