Negli ultimi decenni ci sono stati grandi sviluppi nelle neuroscienze, ma ancora poco si sa riguardo alle basi neurobiologiche dell’intelligenza.
La maggior parte degli studi si sono concentrati sull’analisi anatomica dei cervelli di personaggi illustri.
I vari studi, seppur con metodologie differenti e risultati contraddittori, hanno dimostrato una piccola ma statisticamente significativa correlazione tra il volume cerebrale ed il QI.
“La mente è come un paracadute. Funziona solo se si apre.” – A. Einstein
Albert Einstein
La scoperta del substrato neurobiologico dell’intelligenza potrebbe essere più facile comparando i soggetti più eccezionali con gruppi di controllo (persone comuni).
Albert Einstein, con la sua teoria della relatività, è uno dei pilastri della scienza moderna, nonché una delle persone più intellettualmente dotate della storia.
Nei suoi studi eccelse per le sue intuizioni matematiche e le sue capacità visuo-spaziali per l’immaginazione dei moti, tutte funzioni svolte principalmente dalle regioni parietali posteriori destra e sinistra.
La conservazione del cervello
La preservazione dell’encefalo ne ha permesso uno studio approfondito.
Einstein morì per la rottura di un aneurisma dell’aorta addominale nel 1955 all’età di 76 anni. La sua storia medica è ben documentata e alla fine della sua vita non mostrava alcun deterioramento delle funzioni cognitive.
Entro 7 ore dalla morte il suo cervello venne rimosso e fissato in formalina. Furono fatte numerose fotografie all’intero encefalo da ogni angolazione, quindi venne sezionato in circa 240 pezzi. Non fu osservata macro e microscopicamente nessuna significativa neuropatologia.
Lo scienziato era d’accordo che il suo cervello venisse studiato per fini di ricerca e anche durante la sua vita si sottopose ad elettroencefalogrammi con questo scopo.
Campioni di confronto
Il cervello dello scienziato è stato confrontato con quelli di 35 maschi e 56 femmine volontari, con uno stato neurologico e psichiatrico normale e abilità cognitive (QI) nella norma.
Risultati
Il cervello di Einstein non è risultato statisticamente differente da quello del gruppo di controllo per la maggior parte delle misure. Non differiva nemmeno per il suo peso, indicando che un cervello di grande massa non è necessario per un’intelligenza eccezionale.
Al contrario, nei lobi parietali c’erano sorprendenti differenze quantitative. Ogni emisfero del cervello di Einstein era di 1 centimetro più largo (15%) rispetto a quella del gruppo di controllo. Le regioni parietali mostravano tipicamente asimmetria anatomica, mentre quelli dello scienziato erano simmetriche. Ciò era dovuto principalmente al suo lobo parietale sinistro, più grande del solito, simile ad un emisfero destro in termini di dimensioni e morfologia.
Il lobo parietale
L’anatomia del cervello di Einstein era quindi normale, ad eccezione dei suoi lobi parietali. In ogni emisfero la morfologia della scissura di Silvio era unica e non è stata osservata in nessun emisfero del gruppo di controllo (182 emisferi) né in nessun altro campione appartenente a collezioni di cervelli.
L‘estremità posteriore della scissura di Silvio aveva infatti una posizione relativamente anteriore, confluente con il solco postcentrale. Di conseguenza non era presente l’opercolo parietale che normalmente si sviluppa tra questi due solchi durante la vita fetale. Queste caratteristiche suggeriscono che nel cervello di Einstein l’ampio sviluppo dei lobi parietali posteriori si sia verificato in età precoce, limitando in tal modo l’espansione posteriore della scissura di Silvio e lo sviluppo dell’opercolo parietale.
Un’altra conseguenza di questa morfologia è che l’intero giro sopramarginale si trovava dietro la scissura di Silvio e non ne era diviso come accade solitamente.
In questo contesto, l’unitarietà del giro sopramarginale di Einstein nel lobulo parietale inferiore potrebbe riflettere una corteccia altamente integrata e connessa.
Questo concetto è coerente con le teorie secondo cui le variazioni di connettività assonale potrebbero essere la base neuroanatomica dell’intelligenza.
Una maggiore espansione della regione parietale inferiore è inoltre stata riscontrata anche in altri fisici e matematici.
Conclusioni
Differenze microscopiche potrebbero essere alla base di differenze macroscopiche. Le ricerche, seppur limitate, sul cervello di Einstein non hanno mostrato una differenza nel numero di neuroni né nella profondità della corteccia dei lobi frontale e temporale. Tuttavia forse alla base del suo genio potrebbe esserci stata una differenza nel rapporto tra cellule gliali e neuroni nella corteccia parietale.
Gli studi comunque non hanno risolto il problema del substrato neuroanatomico dell’intelligenza. Tuttavia le scoperte suggeriscono che le variazioni di specifiche funzioni cognitive potrebbero essere associate alla struttura delle regioni cerebrali deputate alle funzioni stesse.

Fonte | The Lancet