L’anemia falciforme è stata curata per la prima volta

Un giovane paziente francese ha ottenuto un rivoluzionario trattamento, e dopo 15 mesi non necessità di ulteriore supporto

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Un giovane paziente francese con anemia falciforme ha ricevuto più di un anno fa un trattamento rivoluzionario, che fino ad ora ha ottenuto risultati eccezionali.

L’anemia drepanocitica (o falciforme) è una malattia genetica autosomica recessiva. Una mutazione nel gene codificante la catena beta dell’emoglobina, se presente in omozigosi, determina effetti deleteri per l’organismo. Questa proteina difettosa contiene infatti un amminoacido differente rispetto alla controparte sana: ciò è sufficiente ad abbassarne la solubilità e promuovere la formazione di aggregati. Le conseguenze di questo evento sono numerose e determinano danni considerevoli all’organismo. Il marchio caratteristico di questa patologia è la forma che assumono gli eritrociti malati, che ricorda una falce a mezzaluna. I globuli rossi diventano quindi meno efficienti, in particolare nel micro-circolo dove le condizioni di ipossia e acidità aumentata incrementano la possibilità di precipitazione dell’emoglobina. Il paziente può sperimentare di conseguenza ictus, anemia e infezioni. Si stima che ogni anno nascano circa 275 000 bambini affetti da questa condizione. I trattamenti ad ora disponibili comprendono trasfusioni, splenectomia e composti, come l’idrossiurea, che inducono l’espressione dell’emoglobina fetale (gamma-emoglobina). Questa può quindi sostituire in parte la proteina difettosa. Ma potrebbe esserci una grossa novità.

 

Correggiamo gli errori

Ispirandosi al trattamento appena citato, possiamo pensare ad ulteriori possibilità. Ad esempio, un trapianto di midollo potrebbe risolvere definitivamente la condizione. In questo caso il grosso problema è trovare un donatore ad alto livello di compatibilità, e non è semplice. I più esperti hanno forse già intuito che il problema potrebbe essere risolto anche utilizzando la terapia genica. Le cellule ematopoietiche possono infatti essere prelevate, trattate ex vivo con un vettore virale in grado di inserirvi un gene di interesse, e in seguito infuse nel paziente. Queste potranno colonizzarne il midollo osseo, consentendo la produzione di cellule ematiche “corrette”. Ma quanto durano questi benefici? Almeno 15 mesi, stando al report pubblicato sul NEJM: il giovane paziente trattato non presenta più sintomi e i suoi eritrociti mostrano la corretta morfologia, a più di un anno dal trattamento.

In nero i livelli di emoglobina sana HbA T87Q, che cresce al passare dei mesi dopo il trattamento (Fonte:J.A Ribeil et al. – Gene Therapy in a Patient with Sickle Cell Disease, NEJM)

Qualche dettaglio tecnico

Per ottenere effetti apprezzabili è necessaria una certa quantità di cellule staminali. Esse sono state prelevate due volte dal paziente, ed in seguito mantenute in coltura. A questo punto è necessario arricchire la popolazione CD34+, un marker caratteristico delle cellule progenitrici. A questo punto il gene di interesse viene inserito tramite un vettore lentivirale (LentiGlobin BB305). La capacità dei lentivirus di integrare stabilmente il proprio genoma in una cellula bersaglio è tristemente nota: HIV è infatti un lentivirus. Ma questa versione riprogrammata è altamente sicura: non porta al suo interno proteine virali, e presenta inoltre un ulteriore meccanismo di auto inattivazione. A questo punto il paziente viene sottoposto a mieloablazione, utilizzando il Busulfan. Le cellule trattate vengono reinserite dopo 2 giorni. Tossicità, possibilità di rigetto e livelli di emoglobina vengono tenuti sotto controllo costantemente. 38 giorni dopo il trattamento si riscontra il livello regolare di neutrofili, mentre dopo 91 giorni anche le piastrine risultano correttamente prodotte dal nuovo midollo. Il follow up del paziente, fino alla stesura dell’articolo, è totalmente positivo e incoraggiante.

La spinta degli investitori

È bene ricordare che questo tipo di trattamento presenta alcune limitazioni. Su tutte pensiamo anche al costo, che potrebbe rendere impossibile l’applicazione di molte terapie simili su larga scala. Inoltre, sebbene in questo caso esista un considerevole numero di malati, la terapia genica risulta particolarmente adatta a curare malattie rare. Nonostante l’interesse economico possa sembrare praticamente nullo, molte companies stanno investendo sullo sviluppo di terapie rivoluzionarie per mali che ad ora sono incurabili. Bluebird Bio è coinvolta nello studio appena discusso, ma molte altre stanno emergendo: Editas Medicine e Caribou Biosciences, per citare due tra le più grandi. L’interesse degli investitori verso questa categoria di farmaci non è mai stato così alto. Ciò fa ben sperare per il futuro di moltissimi pazienti, che potrebbero finalmente riacquistare la speranza di una vita normale.

 

Fonti| L’articolo originale TED Talk – Bluebird Bio

Gian Marco Franceschini
Studio Quantitative and Computational Biology presso l'università di Trento. Credo in un approccio multidisciplinare e aperto alla ricerca scientifica, che ci consenta di superare assieme i problemi dell'oggi e del domani. Nel tempo libero combatto la noia in mille modi diversi, e vinco quasi sempre io.