La schizofrenia è un disturbo mentale caratterizzato da turbe nella forma e nel contenuto del pensiero, dell’umore, della comprensione del sé e delle relazioni esterne e comportamenti. I sintomi più comuni, la cui durata deve essere superiore a sei mesi per poter parlare propriamente di schizofrenia, includono allucinazioni uditive, deliri paranoidi e pensieri o discorsi disorganizzati.
Sfortunatamente è una condizione accompagnata da un significativo deficit nella vita sociale e professionale, il che conduce ad un forte disadattamento dell’individuo colpito. Tale malattia psichiatrica colpisce circa l’1% della popolazione.
Insorge comunemente nella tarda adolescenza ed è spesso una condizione che si protrae per tutta la vita, condannando gli affetti ad un’aspettativa di vita di 12-15 anni inferiore rispetto alla popolazione generale. I farmaci attualmente disponibili sono progettati per alleviare i sintomi, ma hanno successo solo in parte poichè solo nel 20 per cento dei pazienti si ottiene una riduzione dei sintomi. In particolare la base del trattamento è la somministrazione di un farmaco anti-psicotico, che sopprime principalmente l’attività del recettore della dopamina e talvolta della serotonina.
Le “vecchie” cause
Per la schizofrenia si ipotizza un’eziopatogenesi cosiddetta multifattoriale. Tra questi fattori si ritrovano l’ereditarietà, eventi avvenuti durante il periodo della gestazione, stress ambientale,stress psicologico, ipossia perinatale e infezioni esogene: contrarre ad esempio il virus influenzale durante il primo trimestre di gravidanza fa aumentare di circa sette volte il rischio di insorgenza della schizofrenia (anche se gli studi sembrano essere più concordi nel dire che potrebbe essere la risposta anticorpale, piuttosto che l’infezione, a causare i danni al cervello)
Purtroppo l’assenza di certezze assolute circa i meccanismi alla base della malattia sono in gran parte sconosciuti e questo ha ostacolato lo sviluppo di nuovi trattamenti, almeno fino ad ora…
Infatti è recente la pubblicazione, sulla prestigiosa rivista scientifica Molecular Psychiatry, di un lavoro portato avanti da un gruppo di ricercatori del Karolinska Institutet hanno cercato di svelare i meccanismi alla base della schizofrenia, collaborando al The Karolinska Schizophrenia Project (KaSP)
Cosa c’è di nuovo
I primissimi risultati dello studio metterebbero in evidenza nei pazienti con schizofrenia più bassi livelli di GABA, principale neurotrasmettitore inibitorio nei mammiferi, e alterazioni della risposta immunitaria locale (in particolare minore è la concentrazione di GABA più gravi sono i sintomi).
Interessantissimo è il ruolo del sistema immunitario ipotizzato dai ricercatori nell’eziopatogenesi della schizofrenia: infatti la tecnica di imaging di tomografia a emissione di positroni (PET) ha dimostrato che i pazienti con schizofrenia non trattati, hanno bassi livelli di TSPO o proteina traslocatrice che è espressa sulle cellule immunitarie come quelle della microglia e gli astrociti. TSPO è una proteina mitocondriale che svolge un ruolo nella biosintesi degli steroidi, nella proliferazione cellulare, nella differenziazione, nell’apoptosi.
Speranze future
L’obiettivo primario di questo studio è la comprensione dei meccanismi alla base dell’insorgenza e dello sviluppo della schizofrenia in modo tale da avere nuovi bersagli per la terapia farmacologica, anche se al momento la migliore prospettiva possibile non è rappresentata solo dalla ricerca di una cura ma anche dalla ricerca di un adeguato percorso di prevenzione.
Rimane, però, ancora da stabilire se la carenza di GABA e di TSPO siano antecedenti o una causa immediata dell’insorgenza della schizofrenia. Per questo motivo sarà necessario continuare e approfondire lo studio per il quale sono stati reclutati pazienti con un primo episodio di psicosi acuta e sono stati sottoposti a numerosi test atti ad indagare funzione cognitiva, le variazioni genetiche, anomalie biochimiche, struttura anatomica del cervello.
FONTE | Articolo 1