Caso Clinico
Riccardo, 48 anni , si reca a visita dal proprio mmg per poliatralgie con marcata localizzazione al rachide.
Circa 3 anni fa, riferisce la comparsa di astenia accompagnata da un’anemia e per tale motivo è stata in terapia marziale per os, ma senza ottenere alcun risultato.
All’esame obiettivo si riscontra una parestesia del labbro inferiore sinistro mentre agli esami di laboratorio si riportano tali valori:
CALCEMIA: 11, 2 mg/dl
PROTEINE TOTALI: 12, 5 mg/dl
Un aumento delle IgM ed una negatività per Bence Jones.
Viene richiesta una biopsia ossea dalla cresta iliaca che evidenzia un infiltrato plasmacellulare del 20%
Come procede il mmg alla diagnosi?
Qual è la diagnosi?
La diagnosi è: MACROGLOBULINEMIA DI WALDENSTROM
La macroglobulinemia di Waldenstrom è una neoplasia monoclonale caratterizzata dalla proliferazione di cellule B.
Similmente al mieloma multiplo, vi è la presenza di un infiltrato plasmacellulare a livello del midollo osseo e, nel plasma, la presenza di una componente M – ovvero monoclonale – dovuta alla iperproduzione di una gammaglobulina, che in questo caso appartiene alla classe IgM. A differenza del mieloma, tuttavia, mancano le lesioni osteolitiche e la manifestazione clinica preponderante è la sindrome da iperviscosità.
A causa delle analogie con il mieloma, per lungo tempo la macroglobulinemia di Waldenström è stata ritenuta una sua variante. Attualmente l’Organizzazione mondiale della sanità la classifica tra i linfomi a basso grado di malignità.
Colpisce prevalentemente i maschi sopra la sesta decade.
L’eziologia della macroglobulinemia è sconosciuta, ma sono stati individuati alcuni fattori di rischio come la presenza nell’anamnesi di malattie autoimmuni, epatite, infezione da HIV e da Rickettsie.
Alcuni studi hanno dimostrato maggior frequenza di casi entro certe famiglie, il che ha fatto ipotizzare anche una componente genetica della malattia.
Nella maggior parte dei casi la malattia non mostra alcun sintomo per molti anni durante il suo progredire; di solito esordisce tardivamente con astenia, cefalea, disturbi visivi, vertigini, tutti sintomi causati dalla iperviscosità del sangue e dalla formazione di aggregati di eritrociti all’interno dei vasi. Possono inoltre comparire emorragia, epatomegalia, linfoadenomegalia, o sintomi che fanno sospettare una neuropatia periferica e molto spesso il soggetto colpito si dimostra più suscettibile alle infezioni.
La diagnosi viene sospettata ogni volta che si ritrova una sindrome da iperviscosità del sangue, ma molto spesso la macroglobulinemia viene diagnosticata incidentalmente, attraverso un controllo dei valori ematochimici che rivela la presenza di un picco monoclonale all’elettroforesi sierica.
Il trattamento, solitamente palliativo, è farmacologico: si somministrano clorambucile e per migliorare la iperviscosità è utile la plasmaferesi, che consente di rimuovere dal plasma una quota rilevante di macroglobulina.
La sopravvivenza media varia da 5 a 7-10 anni a seconda dell’età del paziente e della gravità dei sintomi (fattori sfavorevoli: età sopra i 60 anni e presenza di anemia grave).