Ovaio policistico e cervello: studio su una correlazione

54462

La Sindrome dell’Ovaio Policistico (PCOS), definita anche Sindrome di Stein-Leventhal, è una patologia che colpisce 1 donna su 10 ed è la causa più frequente di infertilità nella donna.

Una patologia “pericolosa”

Esordisce nel periodo adolescenziale con irregolarità mestruali e in buona parte dei casi è stata evidenziata una familiarità.
La sua patogenesi è multifattoriale, cioè legata a più fattori, genetici e ambientali. Ad oggi, tuttavia, non è chiaro quale sia l’evento patogenetico scatenante la malattia.
Il risultato è una condizione di iperandrogenismo con eccessiva produzione di estrone e di gonadotropine, soprattutto LH.
Il risultato di questo fenomeno è un aumentato rapporto LH/FSH con anovularità e iperproduzione di androgeni che amplificano questo circolo vizioso.

Sintomi di allarme, evidenti della donna in età fertile, sono rappresentati da:

  • Irregolarità mestruali con oligomenorrea (ciclo di durata superiore a 35 giorni) o amenorrea (assenza di mestruazioni)
  • Prolungati periodi di sindrome premestruale con gonfiore addominale, sbalzi d’umore e cefalea;
  • Apnea del sonno;
  • Obesità centrale cioè a livello del tronco;
  • Acne, pelle unta e dermatite seborroica;
  • Alopecia androgenica (perdita di capelli tipica del sesso maschile)

Da un punto di vista diagnostico, le donne affette da PCOS presentano ovaie ingrossate e policistiche che ecograficamente assumono un aspetto “ a collana di perle” e agli esami ematochimici si evidenzieranno bassi livelli di SHBG (globulina che trasporta gli ormoni sessuali), aumentato rapporto LH/FSH ed iperinsulinemia per aumentata resistenza all’insulina dei tessuti periferici.

Le nuove scoperte

Le donne con questa sindrome hanno un’aumentato rischio di sviluppare iperplasia e carcinoma dell’endometrio, insulino-resistenza e diabete mellito, ipertensione, dislipidemie, malattie cardiovascolari ed infertilità.
La terapia mira a rompere il circolo dell’anovulazione cronica che affligge queste donne ed è basata su correzioni dello stile di vita (buona attività fisica e perdita di peso), associata all’ultilizzo della pillola estroprogestinica.

Un nuovo studio ha però dimostrato come l’origine di questa patologia potrebbe non risiedere nelle ovaie, come si è a lungo ipotizzato, ma bensì nel cervello.
Infatti secondo uno studio condotto dai ricercatori dell’Università del New South Wales in Australia, topi senza recettori per gli androgeni nel cervello non potessero sviluppare PCOS.
Nei topi mancanti di recettori per gli androgeni nelle ovaie, tuttavia, la PCOS si manifestava.
Data la somiglianza del sistema riproduttivo murino con quello umano, si è ipotizzata la svolta: “Per la prima volta abbiamo un senso di dove potremmo cercare per trovare nuovi trattamenti per la PCOS”- ha affermato recentemente il ricercatore Kirsty Walters in un comunicato stampa.
Secondo i ricercatori, non è chiaro se l’eccesso di androgeni sia la causa o la conseguenza della PCOS e la scoperta di questo enigma potrebbe rappresentare una nuova frontiera terapeutica.

Topi, ormoni e cervello

Lo studio è stato condotto in quattro gruppo di topi:

  • Topi normali (controlli)
  • Topi geneticamente modificati senza recettori per gli androgeni (Ars) in ogni parte del loro corpo
  • Topi geneticamente modificati con Ars solo nelle ovaie
  • Topi geneticamente modificati con Ars solo nel cervello

Il team ha poi usato elevati dosi di androgeni per tentare di innescare PCOS in tutti e quattro i gruppi.
Mentre il gruppo di controllo aveva sviluppato PCOS secondo le aspettative, i topi mancanti del tutto Ars e i topi mancanti di Ars nel cervello non avevano sviluppato PCOS.
D’altro canto, i topi mancanti di Ars nella ovaie continuavano a sviluppare PCOS anche se ad un ritmo inferiore rispetto ai controlli.
Questo ha permesso di ipotizzare come nello sviluppo della sindrome, gli androgeni ovarici non possano essere l’unica causa.
In altre parole l’azione degli androgeni sul cervello svolgerebbe un ruolo fondamentale nello sviluppo di PCOS.
Fermare l’eccesso di androgeni nel cervello potrebbe segnalare un nuovo modo di affrontare la malattia da un punto di vista terapeutico.
Considerando come lo studio si sia basato attualmente solo sulla sperimentazione animale, i risultati, per una maggior conferma, dovrebbero replicati sull’uomo e questo ad oggi rappresenta il più grosso problema.

FONTE | Articolo

Avatar
Redazione | Nata a San Giovanni Rotondo il 31/10/1990 Università del Piemonte Orientale VI anno in corso, Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia Mi piacerebbe un giorno specializzarmi in dermatologia, perchè ritengo che la bellezza di questa disciplina sia immaginare la pelle come una lavagna sulla quale le diverse patologie lasciano segni che sta a noi interpretare.