50 giorni, un tuo personale curatore e 50 compiti da eseguire, ogni giorno. Funziona così il Challenge di cui tutti, giornali compresi stanno parlando.
Tentiamo un approccio razionale e conduciamo un’analisi attenta dei processi che potrebbero essere sottesi a tale fenomeno. Non pretendiamo e non pretenderete di comprendere una serie di eventi la cui validità è ancora sotto accertamenti da parte delle autorità competenti.
L’utente si iscrive, (non è ben chiaro se “scelto” dai tutor o solo spinto dal personale desiderio di partecipare) dopodiché un personale tutor ogni giorno chiederà al “giocatore” un compito da svolgere, e filmare o fotografare per comprovare così l’adempimento della consegna, il tutto per 50 giorni, alla fine dei quali dovrai affrontare l’ultima prova, quella con cui vincerai il gioco e presumibilmente “supererai” il livello.
La grossa fetta degli utenti coinvolti è composta da adolescenti.
Il gioco parrebbe essere di tendenza in paesi russi e asiatici in particolare del Kazakistan e Kirghizistan. Si è diffuso principalmente attraverso i grossi mezzi di comunicazione, Vkontakte (il Facebook russo) prima di tutto. Ma cosa c’è, in quello che sembrerebbe un semplice gioco online, che ha creato un così grande fermento e clamore? Al punto di far rabbrividire chiunque?
Ciò che spaventa e stupisce è il contenuto delle regole e, in particolare, la Regina di tutte le regole, quella da adempiere nell’ultimo giorno, il cinquantesimo. Recita così:
“Skocz z wysokiego budynku. Odbierz sobie zycie.” E significa:“Salta da un edificio alto. Prenditi la tua vita”
Le consegne precedenti prevedono atti di autolesionismo, automutilazione, ascolto di musiche particolarmente inquietanti, la visione di numerosi video/film horror, sveglia alle 4.20 del mattino e “tour” su palazzi molto alti.
In realtà, nonostante la storia del fenomeno sia divenuta virale, e tutti ne abbiano parlato sembra ancora difficile mettere insieme fonti affidabili e sicure. Quello che abbiamo altro non sono che notizie frammentarie, confuse, alcune delle quali si sono evolute intorno all’unico obiettivo del sensazionalismo e che hanno inevitabilmente sparso un allarmismo abbastanza infondato o quantomeno smisurato.
Ciò non toglie che il gioco esiste, tuttavia se da una parte non siamo in grado di occuparci del fenomeno in sé, in quanto coperto da questo evidente velo di dubbiosità e incertezze, dall’altro possiamo interrogarci su un altro aspetto, che pare essere centrale nel gioco, e che merita un’attenta analisi:
Come è possibile manipolare la mente umana?
Quando si affrontano temi come questi è facile cadere nella tentazione di scrivere qualcosa che, più che informare, disorienta, dando informazioni vaghe su qualcosa di potenzialmente possibile ma stupefacente, come la manipolazione della mente.
Iniziamo dicendo che Si, dinamiche di manipolazione (intesa come tentativo di modificare la percezione o il comportamento altrui tramite subdoli e ingannevoli metodi) della mente umana esistono, e possono essere eviscerate sia dal punto di vista della psicologia che da quello prettamente tecnico della fisiologia e della biochimica.
La Psicologia (Inversa)
Il cervello non è in grado di comprendere la negazione, per cui se a qualcuno viene chiesto di non immaginare una casetta rossa, prima che ciò accada il soggetto deve costruirsi la rappresentazione mentale di una casetta rossa.
È un meccanismo psicologico-manipolativo, inconsciamente adottato anche in situazioni comuni. Molti medici hanno definito la tecnica come un processo che implica la manipolazione del soggetto, e perciò illecita. Da molti altri viene ritenuta una buona tecnica invece da adottare soprattutto con i bambini. In breve prevede l’assunzione di un comportamento opposto a quello desiderato, inducendo così il soggetto della persuasione a fare ciò che è desiderato.
Più che vere e proprie manipolazioni si tratta di tecniche di persuasione attraverso cui è possibile anche “manipolare”.
Senza dubbio non si può dire che i soggetti coinvolti nel gioco della Blue Whale siano coscienti o meno, se lo siano e fino a che punto, e soprattutto se siano state vittime di uno di questi meccanismi psicologici-manipolativi, tuttavia immaginare una strategia di questo tipo rimane la tesi più acclarata, se si ci si chiede perché questo fenomeno attecchisca così bene su decine di adolescenti.
Oltre la psicologia
Tentando un’analisi più puntuale, quello che emerge è un’acuta strategia con cui si portano le “vittime” ad enormi livelli di stress e facendo intanto su di loro un iter pro-depressivo.
Come sempre accade per questi fenomeni, il contesto diviene primario. Gli adolescenti di oggi sono sempre alla ricerca di piaceri maggiori, questo anche a causa dei social network e di come i giovani si approccino ad essi.
C’è un’intima connessione tra tutti questi elementi e la biochimica del nostro organismo: studi in risonanza magnetica funzionale hanno dimostrato che nel cervello, quando in una conversazione l’oggetto siamo noi stessi, i centri della “ricompensa” sono più attivi, lo stesso accade quando su un Social scriviamo di noi stessi, il cervello reagisce con una scarica di dopamina , neurotrasmettitore associato alle sensazioni di benessere.
Di fatto siamo dipendenti le liberazioni di dopamina e ne otteniamo in grandi quantità quando cerchiamo qualcosa di originale e nuovo. Una volta ottenuto cià che volevamo, il desiderio si affievolisce e ne parte uno nuovo.
Tutto ciò induce, soprattutto nei giovani, stati di depressione nel momento in cui i fili della propria quotidianità, per una qualsiasi situazione traballano, e la tua vita non è più perfetta come poteva apparire sui social.
Ed ecco spiegati i dati sempre più scioccanti circa le ricerche pornografiche più cliccate dai teenegers, ai primi posti appaiono filmati violenti o con al centro perversioni sempre più elevate. Questo, probabilmente, proprio per ottenere un maggiore rilascio di dopamina.
Potrebbe essere questa ricerca di qualcosa di sempre più forte, violento e sensazionale, la chiave di lettura giusta?
Ore 4.20
A conferma del fatto che l’intera lista di regole sia stata stilata con un evidente lavoro mirato alla manipolazione mentale, ci sono alcuni dettagli non trascurabili:
In più di una regola compare un numero, 4.20, si tratta dell’orario in cui il “giocatore” dovrà svegliarsi per vedere film horror, o magari ascoltare particolari musiche. La risposta più immediata è da rintracciare negli elementi neurofisiologici che riguardano il sonno.
Analisi elettroencefalografiche ed epidemiologiche hanno fornito un forte supporto alla teoria che i disturbi del sonno passano rappresentare un importante fattore eziologico della depressione.
Il blocco della fase REM e la privazione del sonno in genere, da quanto emerge dalla maggior parte di questi numerosi studi, induce a uno stato di depressione. All’alterazione del sonno REM, per esempio, si associano le distorsioni cognitive riferite dai soggetti depressi.
La nostra componente psicologica, cognitiva ed emotiva viene a quanto pare, fortemente modulata dalla fase REM del sonno: interromperlo si traduce non solo in uno stato tendenzialmente depressivo ma anche ad un minore equilibrio di queste componenti. Uno studio del 2015 dell’Università di Tel Aviv ha rivelato le conseguenze della privazione di sonno sugli individui che hanno partecipato al trial:
“Senza dormire, il semplice riconoscimento di quello che è un evento emotivo e quello che è un evento neutro è interrotto. Possiamo venire provocati allo stesso modo da qualunque stimolo, anche neutro, e perdere la nostra capacità di distinguere tra informazioni più o meno importanti. Questo può portare a una distorsione dei processi cognitivi e alterare la capacità di giudizio e la risposta ansiosa.”
Potrebbe perciò essere una strategia, quella del risveglio nel pieno del sonno, atta alla subdola distorsione della capacità di giudizio.
Infine il suicidio. Come ci si arriva?
Sicuramente un iter pro-depressivo di questo tipo, pone già le radici di un gesto conclusivo come il suicidio. Tuttavia vi è un altro elemento da osservare con curiosità ma anche attenzione: lo hanno chiamato “Effetto Werther”, dal nome del celebre romanzo il cui protagonista si toglierà la vita.
Pare che dopo la pubblicazione dell’opera, così come è accaduto dopo la morte di Marilyn Monroe, o dopo la pubblicazione de “le ultime lettere di Jacopo Ortis”, siano stati rilevati dei picchi riguardo il numero di suicidi, una sorta di “emulazione” che prende piede dopo aver partecipato (emotivamente in questi casi) al suicidio altrui, o ancor peggio dopo averne visto immagini, o video.
Il fenomeno è stato oggetto di vari studi, di cui, uno tra i primi, quello pubblicato nel 1988 dalla Cambridge University Press, in cui si dimostrò il forte impatto emulativo che la visione di una serie tv di sei episodi, con al centro il suicidio ferroviario di un giovane diciannovenne, ebbe sui ragazzi: il tasso di suicidi sui binari ferroviari aumentò del 175% tra i maschi dai 15 ai 19 anni.
Spettacolizzare atti suicidari, come sembra avvenga in molti dei video che i “giocatori” sono chiamati a vedere, potrebbe dunque essere solo un altro meccanismo di manipolazione: l’ultimo.
Conclusioni
Il fenomeno come già detto, esiste, sono tuttavia in corso le indagini al fine di capire se e quanti casi di suicidio, in Russia e nel mondo, possano effettivamente essere ad esso associati. Intanto l’articolo si propone semplicemente di suggerire qualche elemento che possa spiegare parte delle dinamiche del gioco e dei giocatori, i meccanismi su cui gli ideatori hanno fatto leva e l’esistenza di correlazioni tra ambiente, organismo, e psicologia.
Puntare il dito contro i genitori disattenti, o contro gli adolescenti ingenui è un grosso errore. Siamo tutte vittime e tutti carnefici di questi fenomeni, quando ci sono.
Parlarne nel modo giusto, e con le informazioni corrette però rimane sempre l’unico e migliore modo per tentare una eradicazione del fenomeno.
FONTI | Articolo sul Blue Whale, Articolo sul Blue Whale 2, Articolo sull’influenza dei social sul SNC, Articolo sul boom dei social negli adolescenti, Articolo sulla correlazione tra la deprivazione di sonno e la depressione, Articolo sulla correlazione tra deprivazione di sonno ed ansia, Articolo sulla perdita di giudizio durante la deprivazione di sonno, Articolo sull’effetto Werther