Farmacoterrorismo: la farmacologia a servizio degli attentatori.

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Ultimo di una lunga serie, l’attentato di Manchester del 22 maggio scorso ha rinnovato sentimenti di confusione e sgomento. Rabbia ed incredulità di fronte ai feroci gesti di una guerra lenta e senza scrupoli. Nel tentativo di spiegare un fenomeno così attuale ed incomprensibile si elencano dottrine, sentimenti di vendetta e rivendicazioni storiche. Ma a muovere la furia omicida degli attentatori contribuisce anche, e specialmente, la farmacologia.

Uno spettro si aggira per l’umanità: lo spettro della paura. La morte ci guarda dritto negli occhi. Il pericolo è in agguato in ogni ambito della vita quotidiana. A volte una persona inquietante o un oggetto minaccioso sono riconoscibili: il terrorista, le fiamme che divorano il soffitto, la bomba all’idrogeno. Più spesso l’angoscia che ci sopraffà ha un’origine “interiore”: il panico irrazionale nell’uscire di casa, il timore di fallire, una premonizione di sventura. Sovente sembra che non ci siano limiti alle minacce.”  Joanna Bourke, dal libro “Paura. Una storia culturale.”

Il ricorso a sostanze galvanizzanti e psicoattive risulta infatti frequente tra le milizie delle associazioni terroristiche. Una sorta di ricerca dell’onnipotenza che si soddisfa in preparati come il Captagon, sostanza amfetaminica ormai nota ai rotocalchi con l’appellativo di “droga dell’ISIS”. Ma se lo scopo di tali assunzioni può risultare di facile intuizione, qual è nel dettaglio il meccanismo delle sostanze a cui si ricorre? Quali le preoccupanti conseguenze?

La droga dell’ISIS

Negli anni ‘60 un’azienda farmaceutica tedesca formulò un preparato per il trattamento dei disturbi da deficit dell’attenzione. Utilizzato fino agli anni ’80, fu rimpiazzato successivamente da terapie dal profilo farmacologico più sicuro. Dopo un breve periodo nel dimenticatoio, ad oggi la sostanza trova nuovamente fortuna a scopi bellici e di abuso ed è stata recuperata nel covo degli autori delle stragi di Parigi del novembre 2015. Dichiarato illegale dal WHO, il Captagon contiene fenetillina, un profarmaco di amfetamina e teofillina ed i suoi principali effetti sono ascrivibili all’azione dell’amfetamina in circolo.

Le amfetamine sono prodotti sintetici, generalmente sfruttate a scopo ricreativo e per aumentare la resistenza al sonno. Provocano effetti simpaticomimetici indiretti attraverso il rilascio di ammine biogene endogene, quali dopamina, noradrenalina e serotonina. Nel dettaglio:

  • L’amfetamina, substrato del DAT, il trasportatore di membrana della dopamina, inibisce competitivamente il trasporto della dopamina.
  • Una volta all’interno della cellula, interferisce con il trasportatore vescicolare delle monoammine, il VMAT, impedendo il riempimento delle vescicole sinaptiche.

A questo punto, le vescicole risultano depauperate, mentre aumentano i livelli citoplasmatici di dopamina, provocandone quindi il rilascio attraverso un’inversione direzionale del DAT. Il risultato finale è un aumento esponenziale dell’attività non vescicolare e, di conseguenza, un rilevante innalzamento dei livelli extracellulari. Meccanismi simili si verificano anche per le monoammine noradrenalina e serotonina.

Effetti e rischi sulla salute

All’assunzione, segue dunque una riduzione del senso di fame e fatica e della sonnolenza, grazie all’aumento dei livelli di catecolamine in circolo. Euforia, senso di invincibilità ed aggressività si devono invece all’azione del farmaco sul rilascio della dopamina.

Di contro, sono largamente noti gli effetti non desiderabili delle amfetamine, sostanze dall’elevato potenziale d’abuso. L’uso cronico in particolare comprende:

  • Rischio di spasmi muscolari ed ipertermia, per effetto di un eccessivo aumento della trasmissione serotoninergica.
  • Tachicardia, aggressività ed agitazione.
  • Possibile insorgenza di episodi psicotici, per azione della dopamina.
  • Neurotossicità a lungo termine, attraverso alterazioni cognitive irreversibili. Il meccanismo di tale tossicità non è del tutto spiegato, ma sembrerebbe dipendere dal recettore ionotropico NMDA.

Il Captagon, un pericoloso alleato

L’uso di psicostimolanti a scopo bellico in realtà risale ai tempi della seconda Guerra Mondiale, al primario proposito di ridurre il senso della fame e la sensazione di affaticamento. Certamente non stupisce quindi la rinnovata usanza da parte del fronte terroristico. Tuttavia, il fenomeno apre le frontiere ad un nuovo, redditizio bussiness dell’illegalità e fa luce su una strategia strettamente mirata a rendere gli attacchi, se possibile, ancora più atroci ed efferati.

Appare evidente la precisa volontà di  L’uso della farmacologia, quale strumento funzionale di una minaccia che rischia di imprigionarci nel pressappochismo della paura. Paura, il sentimento dell’immobilità per eccellenza, capace di ostracizzare la conoscenza, a favore dell’ignoranza.  Mentre, affidandosi alla conoscenza, si compirebbe il primo, vincente passo verso la risoluzione

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Redazione Farmacista, laureata presso l'Università degli studi "Gabriele d'Annunzio" di Chieti. "Nella sua accezione più ampia, considero la Medicina come la più umanistica delle scienze; in futuro mi auguro pertanto di offrire un piccolo e dedito contributo alla comprensione ed al miglioramento della condizione umana".