Fondamentalismo religioso: colpa della dottrina o del cervello?

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Secondo un recente studio pubblicato su “Neuropsychologia”, il fondamentalismo religioso potrebbe avere delle basi neurologiche ben circoscritte, evidenziando come le nostre personalità, i comportamenti, le credenze e le opinioni abbiano effettivamente un fortissimo legame con la biologia.

Il fondamentalismo religioso è una pratica condivisa e radicata in gruppi circoscritti di persone accomunate da un corpus di idee e convinzioni (di natura spirituale, ideologica e filosofica) che ne modula il comportamento e le attitudini sociali. Questo comporta una visione delle cose e del mondo ridotta ad alcuni preconcetti definiti ed inviolabili, tali da suscitare ostilità e violenza nei confronti di chi non sia conforme a questi preconcetti.

Il fenomeno, riguardante principalmente le religioni monoteiste, si caratterizza dal punto di vista psicologico-comportamentale per:

  • Ridotta flessibilità cognitiva: scarsa tendenza alla revisione delle proprie idee davanti alle evidenze empiriche. Secondo studi precedenti, questa, sembrerebbe collegata alla memoria di lavoro ed all’inibizione dell’attenzione sostenuta. Le strutture responsabili sono sia corticali (corteccia prefrontale dorso-laterale, dlPFC) e sottocorticali (gangli della base);
  • Ridotta intelligenza analitica: secondo alcuni studi vi sarebbe un’associazione forte tra diminuzione del pensiero analitico e fondamentalismo;
  • Moderata associazione tra scarsa openness (complesso di tratti della personalità che vanno dalla curiosità, all’inclinazione per la complessità e creatività) e fondamentalismo: nella openness sono coinvolti la dlPFC, il mesencefalo, il precuneo e la corteccia cingolata anteriore, oltre che talamo, amigdala e giro frontale superiore.

Il metodo

Sono stati reclutati 119 veterani del Vietnam con lesioni cerebrali penetranti e 30 soggetti di controllo sani, standardizzati per affiliazione religiosa. In primo luogo, questi soggetti sono stati sottoposti, in serie, a due diversi test psicometrici: la Scala del fondamentalismo religioso e un test di flessibilità cognitiva. Successivamente sono stati sottoposti a TC per definire con accuratezza aree cerebrali e volume complessivo.

Per analizzare con accuratezza il legame tra aree specifiche della corteccia prefrontale e caratteristiche associate al fondamentalismo sono stati studiati sia soggetti sani sia con lesioni penetranti, suddivisi in 4 sottogruppi:

  • Pazienti con lesioni focali alla corteccia prefrontale ventro-mediale (vmPFC);
  • Pazienti con lesioni focali alla corteccia prefrontale dorso-laterale (dlPFC);
  • Pazienti con lesioni in vmPFC e dlPFC;
  • Pazienti con lesioni in altre aree.

I risultati sono poi stati sottoposti ad analisi statistica, considerando anche l’entità delle lesioni ed i risultati dei test preliminari.

Risultati ed implicazioni

Dalla ricerca è emerso che:

  • Nei soggetti sani: non si è trovata correlazione tra flessibilità cognitiva e fondamentalismo, mentre si è rilevata una relazione inversa tra fondamentalismo e openness;
  • Nei soggetti con lesioni penetranti (pTBI): entrambi i parametri erano inversamente correlati;
  • Il gruppo con lesioni al vmPFC: ha visto un aumento importante della tendenza al fondamentalismo rispetto ai soggetti con lesioni in altre aree; questo trend non è rispettato nei soggetti sani e nel gruppo con lesioni focali al dlPFC.

L’intelligenza, misurata prima e dopo la lesione grazie a dati precedenti, era significativamente ridotta nei soggetti con vmPFC leso. Questo aspetto è stato oggetto di una metanalisi del 2013 in cui si mostrava l’inversa proporzionalità tra intelligenza elevata e fondamentalismo religioso.

In generale gli studiosi hanno scoperto che il meccanismo cognitivo, sottostante gli effetti del danno neurologico sul fondamentalismo, risiederebbe nell’estensione volumetrica della lesione del dlPFC, che normalmente esercita i suoi effetti sulla flessibilità cognitiva e sull’openness. Unitamente a questo, va considerato il peso del vmPFC, notoriamente associato, tra le altre cose, alla rappresentazione delle credenze sociali ed alla modulazione di alcuni aspetti del comportamento.

Questo tipo di persone tende a considerare come più moderati comportamenti che normalmente verrebbero considerati estremisti, a tollerare meglio la violenza e a sottostimare la ricompensa per una data azione.

Il fenomeno neurologico del fondamentalismo è certamente molto complesso e lo studio in esame aggiunge un ulteriore tassello sul ruolo che le lesioni focali della PFC ricoprono nella determinazione dell‘openness e della flessibilità cognitiva, due dei determinanti fondamentali dell’aderenza radicale ad un credo.

Tuttavia, va considerato che i network sono articolati e distribuiti lungo tutta la corteccia con ruoli e compiti diversi: ad esempio, sebbene la PFC sia un pivot nell’elaborazione delle informazioni sociali complesse (coerentemente con le funzioni relazionali della prefrontale). La frontale posteriore e la corteccia temporale anteriore sembrerebbero svolgere, rispettivamente, funzioni più legate alla religiosità euristica e alle credenze stereotipate, per cui i diversi aspetti del fenomeno si localizzano in alcune aree rispetto ad altre.

Da notare che vmPFC avrebbe un ruolo anche nella processazione delle credenze non religiose, che si connetterebbero però in maniera differente con altre aree corticali.

Limiti

Vanno riconosciute alcune limitazioni dello studio, intanto la ristrettezza del campione sia dal punto di vista numerico sia del sesso (sola coorte maschile), l’imprecisione della TC nell’identificare le lesioni a causa del metallo residuo dei proiettili, l’assenza di una popolazione non militare nonché il tipo di vita condotto dai soggetti dopo la guerra, che potrebbe aver inficiato sul tipo di risposte al test. Pertanto, gli stessi ricercatori invitano altri gruppi di studio a replicare i risultati espandendo ad insiemi demografici più ampi e vari.

Conclusioni

La domanda che ora sorge è: se davvero sarà possibile associare in maniera così stringente e convincente comportamenti così articolati al potere computazione di aree specifiche, come cambierà il nostro modo di intendere la religione nella sua forma più radicale? 

FONTI | articolo originale, altre letture

Andrea Tagliolini
Sono studente di medicina al 6° anno presso l'Università degli studi di Perugia. Il mio mantra di vita è una frase di Richard Feynman, il noto fisico: "Il primo principio è che non devi ingannare te stesso e te sei la persona più facile da ingannare".