In uno studio recentemente pubblicato su Nature, un team di ricercatori guidato da Bilkei-Gorzo ha dimostrato come l’assunzione cronica di basse dosi di THC possa migliorare le performance cognitive di topi anziani attraverso cambiamenti che si estendono fino all’espressione genica.
Il razionale
L’obiettivo dello studio era comprendere quali effetti comporti l’assunzione di THC nel modello murino sia in termini di funzioni cognitive che di modificazioni neurobiologiche, e come tali effetti varino a seconda dell’età in topi giovani (2 mesi), adulti (6 mesi) e anziani (12 mesi).
Funzioni cognitive
Dopo aver suddiviso i topi in un gruppo di trattamento e uno di controllo, sono stati loro infusi rispettivamente THC o una sostanza inerte per un periodo di 28 giorni, al termine dei quali si è atteso un periodo di washout di 5 giorni prima di andare a testare la loro capacità di apprendimento e memoria.
A partire dalla 33a giornata dunque i ricercatori hanno sottoposto i topi ad una serie di prove in cui veniva loro chiesto ad esempio di orientarsi in un labirinto acquatico o di riconoscere un topo già incontrato precedentemente. Queste prove hanno portato a risultati diversi non solo tra gruppo trattato e gruppo di controllo ma, all’interno dei singoli gruppi, anche tra topi giovani e topi adulti/anziani.
Topi non trattati : Come atteso, nei topi non sottoposti a infusione di THC la performance è risultata inversamente proporzionale all’età: tanto maggiore era l’età, tanto peggiore era la prestazione.
Topi trattati: In questo secondo gruppo, la relazione tra performance ed età ha subito un’interessante variazione rispetto a quella appena descritta.
Nel gruppo che ha assunto THC si è infatti creata una scissione tra le performance dei topi giovani e quelle dei topi adulti/anziani, con i primi che si sono comportatati in modo peggiore rispetto ai coetanei non trattati, e i secondi che hanno migliorato le proprie performance tanto da ottenere risultati simili a quelli descritti nei topi giovani non trattati.
“È come se i cervelli giovani invecchiassero e quelli vecchi ringiovanissero” – Andras Bilkei-Gorzo, Institute of Molecular Psychiatry, Università di Bonn.

Sinapsi neuroni ippocampali
Stabiliti gli effetti positivi del THC sulle funzioni cognitive, i ricercatori hanno analizzato le modificazioni delle sinapsi tra i neuroni dell’ippocampo, vale a dire quella regione a forma di cavalluccio marino, in latino Hippocampus, di vitale importanza per il consolidamento della memoria.
Nei topi adulti/anziani non trattati si è osservata una progressiva perdita della connessione tra le sinapsi testimoniata da una riduzione dell’espressione di proteine importanti per il corretto funzionamento delle sinapsi tra cui la Sinapsina I, la Sinaptofisina e la PSD95.
Tra queste, l’espressione della Sinapsina I e della Sinaptofisina è invece risultata aumentata nei topi adulti/anziani trattati con THC, fino a raggiungere i livelli riscontrati nei topi giovani non trattati.
Inoltre, sempre nei topi adulti/anziani il THC ha portato a un incremento del numero di dendriti e un bilanciamento tra l’attività delle sinapsi eccitatorie e quelle inibitorie.
Up-regulation e down-regulation dell’espressione genica
Proseguendo nell’esperimento i ricercatori hanno quindi esteso la loro osservazione a centinaia di trascritti diversi dei topi anziani per capire di quali geni il THC andasse a modificare l’espressione.
Le analisi dei trascritti hanno dimostrato che il THC nei topi anziani è responsabile di due azioni sinergiche: da una parte l’up-regulation di geni i cui prodotti hanno un’azione anti-aging, e dall’altra la down-regulation di geni pro-aging.
Tra i prodotti genici protettivi la cui sintesi è aumentata in seguito all’assunzione di THC si ritrovano:
- Klotho, un enzima che si è dimostrato utile non solo nel migliorare le funzioni cognitive ma anche nell’estendere l’aspettativa di vita
- Transtiretina, una proteina prodotta dal fegato che ha mostrato un’azione protettiva nei confronti della malattia di Alzheimer
- BDNF, un fattore di crescita che stimola la formazione di sinapsi e sostiene le funzioni cognitive
Al contrario, hanno subito una riduzione della sintesi:
- CASP1, una proteina associata al peggioramento delle funzioni cognitive associato all’età
- CTGF, un fattore di crescita che ha un effetto pro-apoptotico
In sintesi, il miglioramento delle funzioni cognitive è sostenuto da più cambiamenti del profilo genetico, e sia i cambiamenti genetici che i benefici permangono per diverse settimane dopo la sospensione dell’assunzione di THC.
Ruolo CB1
In ultimo, per essere sicuri che gli effetti benefici osservati fossero effettivamente mediati dal THC attraverso il proprio recettore CB1, i ricercatori hanno replicato l’esperimento in topi geneticamente modificati che non presentassero tale recettore.
In questi topi, l’assunzione di THC non ha portato a nessuno dei risultati ottenuti nei topi normali: né il miglioramento delle funzioni cognitive, né i cambiamenti a livello sinaptico, e neanche le modifiche del profilo genetico.
Ne consegue che tutti questi risultati sono effettivamente mediati dal signaling del CB1.
Conclusioni
L’assunzione in cronico di basse dosi di THC nei topi adulti e anziani porta a significativi e duraturi miglioramenti delle funzioni cognitive che persistono anche a distanza dall’assunzione del principio attivo. Ciò è permesso grazie ad un potenziamento del signaling di CB1, via che diversi studi hanno dimostrato perdere di efficacia con l’avanzare dell’età.
I risultati sono sostenuti da un miglioramento del profilo genetico, non ottenuto invece nei topi giovani, nei quali si assiste addirittura ad un peggioramento delle performance.
La scoperta è di notevole interesse in quanto il THC è già usato a scopi terapeutici per diverse condizioni e presenta un ottimo profilo di sicurezza in combinazione e scarsi effetti collaterali quando assunto a basse dosi. Pertanto è previsto in un prossimo futuro un trial sull’uomo.
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