Dimmi se senti battere il tuo cuore e ti dirò se sei empatico.
Uno studio, pubblicato su Cortex, mostra la correlazione esistente tra interocezione ed empatia. In base ai risultati del lavoro condotto da Punit Shah, ricercatore presso il Dipartimento di Psicologia dell’Anglia Ruskin University, i soggetti che sono in grado di percepire i segnali provenienti dall’interno del corpo (interocezione) hanno la capacità di comprendere gli stati emozionali altrui (empatia).
Questa scoperta apre importanti scenari nella comprensione dei disturbi associati ad alterazioni a carico delle funzioni sociali ed interocettive, in particolare l’autismo.
Interocezione
Si tratta della capacità di sentire le sensazioni che originano dal nostro corpo, come il battito cardiaco o la pulsazione del sangue che circola all’interno dei vasi.
Punit Shah, da sempre interessato allo studio delle funzioni sociali e a come esse possano risultare alterate nei pazienti con disturbi dello spettro autistico, con alessitimia ed altri disordini del neurosviluppo, spiega come l’interocezione possa giocare un ruolo importante nella lettura e comprensione degli stati mentali ed emozionali propri e delle persone con le quali si interagisce.
Lo studio
L’idea dalla quale nasce lo studio è che se non siamo in grado di riconoscere le nostre emozioni, potremmo avere difficoltà anche nel leggere ed interpretare quelle degli altri.
Per dimostrare questa ipotesi, il team di ricerca ha sottoposto 72 volontari ad una serie di prove.
In primo luogo, è stato chiesto loro di contare il battito cardiaco durante intervalli di tempo variabili, ma senza tenere il polso, al fine di valutare la capacità di percepire i segnali sensoriali provenienti dall’interno del corpo. La frequenza cardiaca di ciascuno dei partecipanti è stata nel contempo registrata e il valore risultante comparato con i valori da essi raccolti, per stimarne l’accuratezza interocettiva.
Ai 72 volontari sono stati, poi, mostrati alcuni video (di circa 15 minuti ciascuno) che riportavano vari tipi di interazioni sociali rappresentate da personaggi diversi. La comprensione delle storie richiedeva l’abilità di interpretare accuratamente gli stati mentali e le emozioni dei personaggi in scena. I video erano, dunque, accompagnati da una serie di domande a risposta multipla riguardanti il vissuto emozionale che emergeva dalle storie. In base alle risposte date ai quesiti proposti, derivava un punteggio che costituiva un valido indice della capacità dei soggetti esaminati di entrare in empatia con i personaggi dei video.
Tale punteggio veniva comparato con quello risultante da un gruppo di domande-controllo non riguardanti l’analisi degli stati emozionali dei personaggi.
I risultati
Dalla comparazione dei singoli punteggi ottenuti nei due gruppi di domande con il MASC score (“Movie for the Assessment of Social Cognition”) globale, risulta che la capacità interocettiva è significativamente correlata solo alla performance sui quesiti riguardanti la rappresentazione degli stati emozionali dei personaggi. Questo pattern di risultati è stato, poi, posto in relazione ad alcuni parametri: età e sesso dei partecipanti, capacità di stimare il tempo e performance nelle domande-controllo.
I partecipanti più bravi a contare il proprio battito cardiaco hanno risposto correttamente alle domande oggetto dello studio, dimostrando dunque di essere più empatici. Questo risultato riguarda in particolare le domande sui contenuti emozionali emersi dalla visione dei video, indicando che l’abilità nel percepire i segnali provenienti dal corpo possa favorire la comprensione degli altri laddove tale comprensione riguarda un’emozione.
Interpretazione dei risultati
Le alterazioni a carico dell’interocezione rientrano tra le caratteristiche dei disturbi dello spettro autistico, nei quali i pazienti affetti mostrano tipicamente difficoltà nella gestione delle interazioni sociali e nella percezione delle emozioni. I ricercatori hanno ormai posto in evidenza le connessioni che sussistono tra la capacità di percepire gli stati mentali ed emozionali degli altri e l’attitudine all’interazione interpersonale e sociale.
Si tratta del modello noto come “Teoria della mente”, che fa risalire il deficit interpersonale e comunicativo dell’autismo ad una mancata comprensione degli stati mentali propri ed altrui.
La teoria della mente è incentrata sulla capacità di inferire gli stati mentali degli altri, ovvero i loro pensieri e desideri, le opinioni che traspaiono da gesti e comportamenti, le loro emozioni ed intenzioni, così da creare un filo che metta in collegamento ciascun individuo con l’altro e che permetta di interpretare ciò che gli altri dicono, dando significato e prevedendo i loro comportamenti.
È questo l’aspetto che viene a mancare nei soggetti con autismo, i quali non sono in grado di entrare in empatia e di interagire con gli altri, né di comprendere ed anticipare le loro azioni.
Lobo dell’insula anteriore ed interocezione
La teoria per la quale la percezione dei segnali interni del corpo (ad esempio la frequenza cardiaca) sia una componente chiave dell’esperienza emozionale viene ulteriormente dimostrata da uno studio che documenta pattern di attività cerebrale sovrapponibili durante entrambi i fenomeni, in particolare a livello del lobo dell’insula anteriore. Per la prima volta, i processi di interocezione ed empatia hanno trovato un comune substrato organico.
Il lobo dell’insula (denominata anche corteccia insulare) è una porzione della corteccia cerebrale situata profondamente all’interno della Scissura di Silvio, tra il lobo temporale e il lobo frontale.
Il lobo dell’insula gioca un ruolo in molteplici funzioni legate principalmente all’emotività e alla regolazione dell’omeostasi dell’organismo.
Lo studio ha suddiviso i partecipanti in due gruppi: uno preposto al monitoraggio del battito cardiaco e l’altro alla visione di brevi video. Tramite tecniche di risonanza magnetica funzionale (fMRI), è stata individuata una circoscritta area neuronale localizzata tra la corteccia insulare e l’adiacente opercolo frontale inferiore, che risultava essere coinvolta sia laddove i partecipanti contavano la loro frequenza cardiaca che durante la visione ed interpretazione delle storie. Il livello di attività a carico di questo cluster neuronale era tanto maggiore quanto più elevata risultava essere l’intensità dell’esperienza emozionale dei soggetti esaminati.
Alessitimia correlata a danno dell’insula anteriore
Un’ulteriore prova a sostegno del ruolo chiave svolto dalla corteccia insulare nell’ambito delle funzioni sociali e nello sviluppo dell’empatia viene fornita da uno studio che documenta la possibile insorgenza di un disturbo definito alessitimia in seguito ad un danno a carico dell’insula anteriore.
Il termine “alessitimia” identifica un disturbo caratterizzato da un deficit della consapevolezza emotiva, che si presenta con l’incapacità di percepire, riconoscere e descrivere verbalmente gli stati emotivi propri ed altrui.
I soggetti esaminati in questo studio sono stati suddivisi, in base all’entità della lesione cerebrale, in quattro gruppi:
- Danno superiore al 15%
- Danno inferiore al 15%
- Senza lesioni cerebrali
- Controllo.
Il primo gruppo, con le lesioni cerebrali di maggiore gravità, risultava essere caratterizzato dai più alti livelli di alessitimia. E soprattutto laddove la lesione interessava l’area anteriore del lobo dell’insula.
Conclusioni e prospettive future
Queste nuove acquisizioni in materia di percezione delle emozioni ed empatia possono consentire una più adeguata comprensione dei meccanismi alla base della fisiopatologia dell’autismo e degli altri disordini dello sviluppo neurologico.
Sulla base delle connessioni esistenti tra percezione dei segnali corporei ed abilità sociali, si può tentare di migliorare la performance dei soggetti affetti da autismo, potenziandone la capacità di interagire con l’altro, alleviandone i sintomi e migliorando, dunque, la qualità di vita.
FONTI | Studio Cortex, Articolo autismo, Teoria della mente, Studio lobo dell’insula, Studio Alessitimia