“Ciò che non si vede spesso è più importante di ciò che si vede“
Dei ricercatori della West Sidney University hanno recentemente sviluppato un software che legge il DNA come fosse uno spartito musicale, traducendo in nota ogni singola base azotata. La scoperta risulta interessante non solo per l’originalità ma soprattutto perché questo tipo di analisi sarebbe in grado di evidenziare mutazioni altrimenti inosservabili.
Sound-based DNA analysis
Un nuovo approccio allo studio delle realtà microscopiche è basato sul cambio del paradigma sensoriale: dalla vista all’udito. Infatti il potere di risoluzione, fulcro dell’imaging, potrà essere aumentato grazie alle tecnologie future, ma non potrà mai essere “amplificato“: sarebbe come “sgranare” una foto a causa di numerosi ingrandimenti. I suoni invece non hanno questo limite.
Il software sviluppato, sebbene sia molto preciso e complicato, non riproduce melodie particolarmente accattivanti ma evidenzia con accuratezza, ad esempio, i codoni di stop, tramite pause facilmente percettibili, permettendo di cogliere errate interruzioni del genoma codificante. Per ascoltarne un esempio clicca qui.
Rivoluzione epistemologica e sensoriale?
Un interessante spunto di riflessione è doveroso se si pensa che l’udito, come gli altri sensi esclusa la vista, ha perso molta della sua importanza nella medicina moderna. L’imaging sta così tanto dominando la clinica che lo sviluppo tecnologico biomedico è irrimediabilmente fuso con lo sviluppo della diagnostica per immagini. Senza voler togliere nulla alle preziosissime tc ad alta risoluzione, è interessante ipotizzare che le realtà biomolecolari potrebbero essere insondabili alla vista, ma non ad altri sensi oggi considerati desueti.
D’altronde il fiuto di cani addestrati sembra essere in grado di riconoscere “l’odore” di un tumore anche millimetrico. Anche se sembra impossibile, l’orecchio umano potrebbe essere la chiave per leggere agevolmente il DNA
FONTI | Biomed