Caso
Giovanni 22 anni, studente, si reca nell’ambulatorio del proprio dermatologo per la comparsa di lesioni sull’avambraccio.
Il pz comincia con il raccontare da dove è iniziata la sua sintomatologia e riferisce che, da qualche mese, ha episodi febbrili ricorrenti (2-3 volte a settimana, febbricola di 37°), cefalea e stanchezza senza che svolga attività sportiva o si sottoponga a sforzi importanti.
In periodi particolarmente stressanti, come durante gli esami, accusa anche difficoltà a concentrarsi ed episodi diarroici (nonostante abbia ammesso di soffrire di disturbi intestinali da lunga data).
Il dermatologo sospetta ed elabora (con il supporto dell’agobiopsia) la diagnosi di: PITRIASI LICHENOIDE.
Fornisce al paziente la terapia antibiotica, ma la febbre ed i dolori addominali sono sempre più violenti. Il paziente, sotto consiglio del mmg, si sottopone ad analisi del sangue da cui si evidenzia un forte aumento della PCR.
Alla sensazione di malessere si aggiunge, poco dopo, anche il vomito ininterrotto che lo conduce, assieme agli altri sintomi, ad un calo ponderale.
Viene sottoposto così di fare un’ecografia dell’addome.
Cosa vi aspettate di trovare?
La diagnosi corretta è: MORBO DI CROHN
La malattia di Crohn nota anche come enterite regionale, insieme alla rettocolite ulcerosa, costituiscono le cosidette MICI ovvero malattie infiammatorie croniche intestinali; può colpire qualsiasi parte del tratto gastrointestinale, dalla bocca all’ano,con una maggiore localizzazione a livello della valvola ileo-cecale. Si tratta di una malattia auto-immune in cui il sistema immunitario aggredisce il tratto gastrointestinale provocando l’infiammazione,ci sono prove di una predisposizione genetica per la malattia e questo porta a considerare gli individui con fratelli ammalati tra gli individui ad alto rischio. La malattia di Crohn tende a presentarsi inizialmente negli adolescenti e nei ventenni, con un altro picco di incidenza tra i cinquanta e i settant’anni, anche se la malattia può manifestarsi a qualsiasi età provocando una vasta gamma di sintomi. Essa causa principalmente dolori addominali, diarrea che spesso è sanguinolenta, vomito o perdita di peso ma può anche causare complicazioni in altri organi e apparati, come eruzioni cutanee, artriti, infiammazione degli occhi, stanchezza e mancanza di concentrazione.
La malattia di Crohn è diffusa in tutto il mondo e raggiunge la massima prevalenza nelle nazioni occidentali. Il rapporto tra femmine e maschi colpiti è intorno a 1,35:1. I fumatori presentano due volte di più la probabilità di sviluppare la malattia di Crohn rispetto ai non fumatori.La malattia di Crohn colpisce tra le 400.000 e 600.000 persone nel Nord America e la prevalenza stimata per il Nord Europa va da 27 a 48 per 100.000 abitanti. La sua incidenza annuale è di circa 3 casi ogni 100.000 abitanti negli Stati Uniti e tra i 4 e i 10 ogni 100.000 abitanti in Scandinavia e in Gran Bretagna. L’incidenza e la prevalenza di questa patologia è in aumento. Può manifestarsi a qualsiasi età, con un picco nella seconda e terza decade e uno secondario tra sesta e settima.
Anche se l’eziologia esatta della malattia di Crohn è ancora sconosciuta, una combinazione di fattori ambientali e predisposizione genetica sembra essere la causa più probabile, infatti in alcune famiglie è stata notata una maggiore presenza della malattia; ciò suggerisce l’ipotesi di una predisposizione genetica, collegata in special modo all’antigene HLA-B27.
I fattori di rischio genetici sono stati completamente chiariti, rendendo la malattia di Crohn la prima malattia genetica complessa in cui si sia fatta luce sul suo contesto genetico infatti le persone che hanno un fratello o sorella affetto dalla malattia, hanno 30 volte più probabilità di svilupparla rispetto alla popolazione generale.
Tra le varie mutazioni genetiche anche quelle nel gene CARD15 (noto anche come NOD2), presente sul cromosoma 16, sono associate alla malattia di Crohn oppure anche modificazioni a carico dei TLR, presenti sulle cellule endoteliali intestinali e sulle cellule presentanti l’antigene, sembrerebbero essere implicate nella malattia di Chron. Il rischio relativo di contrarre la malattia quando si ha una mutazione in uno dei geni di rischio, tuttavia, è in realtà molto bassa (circa 1:200).
Si è vista una correlazione positiva tra l’incidenza della malattia ed un maggiore apporto di proteine animali o proteine del latte, omega 6 ed acidi grassi polinsaturi omega 3 piuttosto che con le proteine vegetali e con quelle del pesce.
L’introduzione della contraccezione ormonale negli Stati Uniti nel 1960 è collegata ad un drammatico aumento del tasso di incidenza della malattia di Crohn. Numerosi studi scientifici hanno postulato l’isotretinoina come una possibile causa della malattia di Crohn in alcuni pazienti.
Si ritiene che alcuni microrganismi(come E.Coli) possano sfruttare a proprio vantaggio la debolezza della mucosa e l’incapacità di rimuovere i batteri dalla parete intestinale dell’ospite, condizioni entrambe presenti nella malattia di Crohn.
La sintomatologia è piuttosto variabile e la diagnosi risulta assai complessa; possono esserci sintomi gastrointestinali: dolore addominale che, spesso, è il sintomo iniziale della malattia accompagnato a diarrea che può essere o meno sanguinolenta, la natura della diarrea dipende dalla parte dell’intestino tenue o del colon coinvolti e la consistenza fecale può variare da solida a acquosa. Nei casi più gravi, un individuo può avere più di 20 scariche intestinali al giorno e potrebbe essere necessario svegliarsi di notte per defecare, si tratta di scariche intermittenti con colore rosso vivo o scuro anche se il sangue nelle feci è piu tipico nella RCU.
Si possono associare tenesmo, gonfiore e perdita di peso; il quadro può evolvere verso una sub-occlusione.
Sono presenti sintomi extraintestinali ed ovviamente, sistemici: tra i bambini, la mancata crescita è frequente. A molti di essi viene diagnosticata la malattia proprio in conseguenza dell’incapacità di mantenere un corretto sviluppo. Tra gli individui più anziani, la malattia di Crohn può manifestarsi come perdita di peso, di solito legata alla diminuzione dell’assunzione di cibo. Infatti, pazienti con sintomi intestinali da malattia di Crohn, spesso si sentono meglio quando non mangiano. Le persone colpite dalla malattia in ampie zone dell’intestino tenue possono anche avere malassorbimento di carboidrati o lipidi, ciò può ulteriormente aggravare la perdita di peso.
Oltre al coinvolgimento sistemico e gastrointestinale, la malattia può colpire anche molti altri organi come manifestazioni oculari con: uveite ed episclerite; a livello cutaneo, l’eritema nodoso che si manifesta con noduli rossi sugli avambracci o sulle gambe;un’altra lesione cutanea può essere il pioderma gangrenoso. Alla malattia di Crohn è associata un tipo di malattia reumatologica conosciuta come spondiloartropatia sieronegativa che può interessare articolazioni più grandi, come il ginocchio o la spalla, o può coinvolgere esclusivamente le piccole articolazioni delle mani e dei piedi. L’artrite può coinvolgere anche la colonna vertebrale, portando a spondilite anchilosante se l’intera struttura viene coinvolta o semplicemente sacroileite se solo la porzione inferiore di colonna vertebrale viene coinvolta. I sintomi di artrite sono dolore, sensazione di caldo, gonfiore, rigidità delle articolazioni e la perdita della mobilità articolare o di funzionalità.
La malattia di Crohn aumenta anche il rischio di trombosi venosa profonda ed embolia polmonare.
Si può associare ad anemia emolitica, osteoporosi ed un aumento delle fratture ossee;ci possono anche essere complicanze neurologiche come ictus e depressione.
La malattia di Crohn può portare a diverse complicanze come fistole ed ascessi; le fistole possono svilupparsi tra due anse intestinali, tra l’intestino e la vescica, tra l’intestino e la vagina e tra l’intestino e la pelle. Gli ascessi possono verificarsi in addome o nella zona perianale.
Alcuni individui possono aver bisogno di integratori orali per aumentare il loro apporto calorico, o nei casi più gravi, nutrizione parenterale totale. Un’altra complicanza della malattia può essere l’infezione all’iride e l’anoressia. Può essere inoltre associata a ipovitaminosi D.
La formulazione di una diagnosi di malattia di Crohn a volte può risultare impegnativa e una serie di test sono spesso necessari per aiutare il medico. Anche una serie completa di esami potrebbe non essere sufficiente per una diagnosi di Crohn fatta con assoluta certezza. Una colonscopia è efficace al 70% nel diagnosticare la malattia. Quando la malattia si presenta nell’intestino tenue è particolarmente difficile da diagnosticare, infatti la colonscopia tradizionale consente l’accesso solo alla porzione inferiore del tenue; l’introduzione della capsula endoscopica ha però aiutato molto in questo tipo di diagnosi.
Durante la procedura, il gastroenterologo può anche eseguire una biopsia, prelevando piccoli campioni di tessuto per compiere analisi di laboratorio. Ciò può aiutare a confermare una diagnosi. Il 30% delle malattia di Crohn coinvolge solo l’ileo e perciò il raggiungimento di questa porzione di intestino è necessaria per formulare la diagnosi. Trovare una distribuzione a chiazze di malattia, con coinvolgimento del colon o dell’ileo ma non del retto, suggerisce la presenza della malattia.
Un esame con mezzo di contrasto al bario dell’intestino tenue può essere utilizzato per la diagnosi della malattia di Crohn quando essa lo coinvolge esclusivamente, con l’indagine radiologica effettuata facendo assumere il solfato di bario per via orale al paziente si possono studiare eventuali infiammazioni o restringimenti. La TC è utile per la valutazione dell’intestino tenue e per la ricerca di complicanze intra-addominali della malattia di Crohn, come ascessi, ostruzioni dell’intestino tenue o fistole.
Al momento non esiste una cura per la malattia di Crohn, ma al massimo si possono verificare temporanee remissioni; è utile controllare i sintomi grazie a farmaci come la : mesalazina,prednisone, modulatori del sistema immunitario come l’azatioprina la mercaptopurina il metotrexato.
Sono entrati in terapia anche anticorpi monoclonali come infliximab, adalimumab; quelli anti-infiammatori servono per controllare gli attacchi severi della malattia.
Sono necessarie modifiche dello stile di vita: bisogna adeguare la dieta, smettere di fumare, evitare il latte ed i prodotti caseari.
La malattia si può trattare con la chirurgia che può essere utilizzata per risolvere le complicanze; dopo il primo intervento di resezione, la malattia tende a ricomparire in altri luoghi. Dopo una resezione, il tessuto cicatriziale si accumula e può causare stenosi che si ha quando l’intestino diventa troppo stretto per permettere agli escrementi di passare con facilità, portando ad un blocco. Ciò può spesso rendere necessario un altro intervento analogo entro cinque anni. Per i pazienti con ostruzione causata da stenosi, ci sono due opzioni di trattamento: la stricturoplastica e la resezione di parte di intestino. In questi casi, i tassi di re-intervento sono stati del 31% e 27%, rispettivamente, ad indicare che la strictureplasty è un trattamento sicuro ed efficace per pazienti selezionati che presentano interessamento duodenale
La sindrome da intestino corto può essere causata dalla rimozione chirurgica del piccolo intestino. Di solito si sviluppa nei pazienti che hanno avuto la metà o più del loro intestino tenue rimosso.[119] La diarrea è il sintomo principale di tale condizione, tuttavia altri sintomi possono includere crampi, gonfiore e bruciore di stomaco. Questa sindrome viene trattata con cambiamenti nella dieta, supplementi di alimentazione per via endovenosa (vitamine e minerali) e tramite il trattamento farmacologico. Un’altra complicanza dopo un intervento chirurgico in cui l’ileo terminale viene rimosso è lo sviluppo di una eccessiva diarrea acquosa. Ciò è dovuto alla incapacità dell’ileo di riassorbire acidi biliari.
Con il trattamento, la maggior parte dei pazienti mantiene un corretto peso e una vita normale. Il tasso di mortalità per la malattia è relativamente più alto rispetto alla popolazione sana.
Tuttavia, la malattia di Crohn sembra associata ad un aumentato rischio di carcinoma dell’intestino tenue e del colon-retto.