Caso Clinico

Andrea, bambino di 9 anni, si reca spesso con la sua mamma dal pediatra a causa di una candidiasi muco-cutanea recidivante. Nell’ultimo periodo, il bambino riferiva anche crampi addominali e dolori muscolari.

A seguito dell’esame obiettivo il pediatra nota pelle e capelli molto secchi ed unghie molto fragili. Inoltre osserva che vi è un rallentamento dell’accrescimento con lieve ipogonadismo.

Fa eseguire esami di laboratorio quali emocromo, assetto ferrico e dosaggio degli ormoni surrenalici e paratiroidei.

Cosa vi aspettate possa risultare? Di quale patologia potrebbero far parte questi sintomi?

Poliendocrinopatia Tipo I

Le poliendocrinopatie autoimmuni sono gruppo eterogeneo di patologie caratterizzate dalla combinazione di diverse manifestazioni autoimmuni sia a carico del sistema endocrino che di altri organi. Le manifestazioni cliniche sono molto variabili e dipendenti dall’organo colpito. Sono generalmente rare.

Si individuano quattro tipi principali di poliendocrinopatie autoimmuni:

Tipo 1: è l’unica forma ad eziologia genetica nota. E’ una malattia monogenica ad ereditarietà autosomica recessiva. Il sospetto diagnostico avviene in presenza di: ipoparatiroidismo, candidiasi mucocutanea cronica e morbo di Addison. Spesso la malattia è diagnosticata nella prima decade di vita e può insorgere con interessamento di un solo organo;

Tipo 2: caratterizzata dalla combinazione di morbo di Addison, tiroidite autoimmune (più frequentemente morbo di Graves) e/o diabete mellito 1;

Tipo 3: corrispondente all’associazione di tiroidite autoimmune e altre manifestazioni ad eziologia autoimmune ad eccezione di morbo di Addison e ipoparatiroidismo;

Tipo 4: la cui diagnosi deriva dall’esclusione delle precedenti tre forme.

Altre manifestazioni frequentemente riscontrate comprendono la malattia celiaca, l’anemia perniciosa, la vitiligine, l’alopecia, la gastrite autoimmune e l’epatite autoimmune.

L’eziopatogenesi di tali malattie è tuttora oggetto di studio dal punto di vista endocrinologico, immunologico e genetico.

Un grande contributo alla comprensione di queste patologie è stato dato sicuramente dalla scoperta del gene AIRE, responsabile della poliendocrinopatia di tipo 1. Si conoscono molteplici mutazioni di tale gene che determinano  un’alterazione della capacità del sistema immunitario di discriminare tra self e non self durante la maturazione linfocitaria nel timo ma anche nei linfonodi. Consegue, quindi,  lo sviluppo di linfociti produttori di anticorpi anomali contro gli antigeni dell’organismo.

Alla base delle altre forme di poliendocrinopatie esiste molto probabilmente un’eziologia multifattoriale, in cui sia fattori genetici non ancora identificati che fattori ambientali giocano un ruolo importante.

Nella sindrome di tipo II, per esempio,  sono stati riscontati una molteplicità di autoanticorpi diretti verso gli antigeni tiroidei come la perossidasi tiroidea, la tireoglobulina o il recettore del TSH; l’enzima surrenale  21-beta-idrossilasi o il recettore dell’ACTH e la decarbossilasi dell’acido glutammico delle isole pancreatiche o il recettore dell’insulina.

La diagnosi delle poliendocrinopatie autoimmuni viene fatta sulla diagnosi delle singole manifestazioni che le caratterizzano e comprende la valutazione dell’assetto ormonale, della funzionalità d’organo e la determinazione di autoanticorpi organo-specifici. In considerazione della molteplicità delle manifestazioni che si possono associare e della possibilità di insorgenza nel tempo, risulta fondamentale uno screening completo di tutte le patologie autoimmuni che più frequentemente possono associarsi tra di loro, unitamente ad un follow-up periodico, così da garantire una diagnosi precoce ed una terapia adeguata. In tutti i pazienti e i membri delle famiglie a rischio deve essere eseguito routinariamente uno screening prospettico.

Il test di screening più efficace per l’insufficienza surrenale e il test di stimolazione alla ‘cosyntropin’. Per il diabete è sufficiente testare la glicemia a digiuno. Inoltre devono essere incluse le misurazioni di: TSH, LH, FSH e, nei maschi, dei livelli di testosterone.  Nelle famiglie in cui si sospetti una sindrome di tipo I, devono essere misurati anche le concentrazioni di calcio e fosforo.

La diagnosi differenziale della sindromi di tipo I e II comprende la sindrome di DiGeorge, la sindrome di Kearns-Sayre, la sindrome di Wolfram e la rosolia congenita

La terapia consiste nel corretto trattamento delle singole manifestazioni (ad esempio con terapia ormonale sostitutiva), la cui adeguata gestione influenza la prognosi e la qualità di vita dei soggetti affetti.

Marica Romano
Sono studentessa di Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Bari. Amo la scienza in ogni sua sfaccettatura ma la medicina occupa una parte privilegiata nel mio cuore e nella mia mente.