Non è di molti giorni fa la notizia della morte di un commerciante morto dopo una laparoscopia per rimuovere dei calcoli alla colecisti, riaprendo puntualmente la questione della responsabilità medica.
“Ho introdotto il primo strumento chirurgico, il Trocar, ed è stata la fine. È stato un errore tecnico. Non riesco a farmene una ragione. Salviamo mille vite ma quando una persona muore ci roviniamo l’esistenza. Quello che è accaduto in sala operatoria è un incidente, ma alla guida dell’auto c’ero io. […] Mi assumo la responsabilità ma ci tengo a far sapere che non ero distratto, ero concentrato. La verità è che può capitare e i rischi degli interventi in laparoscopia sono dietro l’angolo.”
I grandi progressi in ambito medico, tecnologico e scientifico hanno incrementato le pretese della società nei riguardi della sanità e delle terapie, siano esse mediche o chirurgiche. Se in passato non risultava scontata l’assenza di rischi correlati ad un’operazione chirurgica, oggi è quasi pretesa se non dovuta.
Questo pone in una posizione svantaggiosa il rapporto medico-paziente.
Quest’ultimo, infatti, sarà pronto a puntare il dito contro il primo appena emerge una complicanza o si manifesta uno dei possibili rischi di una terapia; il medico di contro sarà sempre pronto a difendersi, mettendo in atto quella che ad oggi è definita “medicina difensiva”.
La responsabilità penale
Nel 2012 il “Sole 24 Ore” registrava 30mila denunce, 17 medici su 100, con numeri in salita costante, non per demerito dei medici ma per un aumento delle denunce, di cui l’80% viene archiviato in quanto il fatto non sussiste. Inoltre vi è il malcostume di denunciare anche laddove sia percorribile la via civilistica.
Quella del medico sicuramente è un’attività professionale molto delicata,per l’alto rischio di eventi avversi, e borderline dal punto di vista della giurisprudenza, in quanto non sempre si può ricollegare una responsabilità medica a tale evento.
Per questi e molti altri motivi, di natura più teorica che pratica, è stato approvato pochi mesi fa il ddl proposto dall’On. Gelli che reca “disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”. La novità sicuramente più rilevante riguarda l’Art.6 e nello specifico “responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria”:
“(comma1) L’esercente la professione sanitaria che, nello svolgimento della propria attività, cagiona a causa di imperizia la morte o la lesione personale della persona assistita risponde dei reati di cui agli articoli 589 e 590 solo in caso di colpa grave.
(comma 2) Agli effetti di quanto previsto dal primo comma, è esclusa la colpa grave quando, salve le rilevanti specificità del caso concreto, sono rispettate le buone pratiche clinico-assistenziali e le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge”.
Le due facce della stessa medaglia
In realtà, il connubio linee guida-responsabilità medica ha radici antiche. Infatti, già nell’antico Egitto se il “medico” non raggiungeva il risultato sperato ma, tuttavia, aveva seguito le indicazioni dei libri sacri era esente da colpe. Viceversa era destinato a morte.
Ad oggi, le linee guida con la “Medicina Basata sulle Evidenze” hanno assunto un ruolo sicuramente centrale ed imprescindibile nella pratica medica in quanto in grado, a grosse linee, di poter far fronte alle principali criticità nei vari ambiti. Inoltre, in questo momento risultano essere per i medici l’unica arma a disposizione per dimostrare di aver agito in maniera retta e professionale, tale da permettere loro di potersi scagionare da possibili accuse.
Ma il voler proteggersi dalle possibili accuse potrebbe indurre il medico ad applicare questi protocolli in maniera rigida e priva di senso critico portando ad un duplice rischio: mortificare la professionalità e negare al paziente trattamenti atti ad individualizzare e personalizzare il percorso terapeutico.
Proprio a tal proposito, una commissione di esperti del settore ha voluto confezionare un dossier con le varie criticità legate all’utilizzo delle linee guida.
Conclusioni
La responsabilità medica è un ambito complesso e di difficile gestione sia perché legata al diritto alla salute di ogni cittadino sia per le figure coinvolte. Ad ogni modo, se pur la legge Gelli ha permesso un ulteriore passo in avanti, nell’interesse del cittadino ma anche della classe medica, è bene che il dibattito rimanga aperto tale da permettere continue migliorie del sistema.
“Mi sarei messo al suo posto. Ho amato quell’uomo più di sua moglie, ho fatto di tutto per salvargli la vita. Lo giuro. Non mi do pace, la mia vita è distrutta.”
Queste sono le parole del medico coinvolto nel caso con cui ho aperto questo articolo e con cui voglio concludere per mostrare come poi nella realtà, quando avvengono queste situazioni, ci troviamo al cospetto non di una ma di due vittime.
“[…] tutti gli uomini non potevano essere santi e, rifiutando di ammettere il flagello, si sforzavano al di là di tutto, di essere medici.”– A.Camus
FONTI | Articolo 1, Articolo 2, Ddl Gelli, Articolo 3