La novità, presentata al Meeting Annuale 2017 dell’ASCO (Società Americana di Oncologia Clinica), è un farmaco risultato efficace in un ampio spettro di neoplasie, sia pediatriche che dell’adulto.
Si tratta del Larotrectinib, molecola che è stata sperimentata su 17 diversi tipi di tumori in fase avanzata, ottenendo risposte sorprendenti.
In attesa di approvazione da parte dell’FDA, già nel 2016 il Larotrectinib è stato designato come “Breakthrough Therapy”, ovvero come terapia rivoluzionaria.
Terapia rivoluzionaria: perché?
Rappresenta la prima “terapia target” sviluppata sulla base della specifica alterazione genetica che contraddistingue il tumore, piuttosto che in relazione all’organo colpito dal tumore o al suo aspetto microscopico.
Il Larotrectinib, infatti, è un inibitore specifico delle proteine di fusione TRK, che vengono prodotte quando il gene TRK (che codifica per i recettori della tropomiosina chinasi) di una cellula tumorale si fonde con un altro gene.
I ricercatori hanno stabilito che questo tipo di alterazione molecolare è presente nello 0,5 – 1% di vari tumori di comune riscontro e in oltre il 90% di alcuni tumori rari, quali i tumori delle ghiandole salivari, una rara forma di neoplasia della mammella e nei fibrosarcomi infantili.
La scoperta delle proteine di fusione TRK risale al 1982 quando sono state riscontrate nel tumore del colon. Solo recentemente, però, è stato possibile ricercare tali anomalie lungo tutto il genoma, in virtù dell’utilizzo di nuove sofisticate tecniche di studio del DNA, in particolare la tecnica NGS (“Next Generation Sequencing”), ovvero il “sequenziamento in parallelo”, che consente di sequenziare grandi genomi in breve tempo.
Sono stati finora scoperti oltre 50 geni “partner” che possono fondersi con uno dei tre geni TRK conosciuti, con la conseguente formazione di proteine anomale di fusione che risultano essere presenti fin dalle fasi iniziali di crescita del tumore e che persistono durante tutto il suo sviluppo, inclusa la fase di diffusione metastatica. Tali proteine alterate sono costantemente “accese”, inviando alle cellule tumorali segnali che ne stimolano la replicazione e l’accrescimento.
Il Larotrectinib funzionerebbe, dunque, come un “interruttore” capace di spegnere l’attività delle proteine TRK e di interrompere il meccanismo che alimenta lo sviluppo tumorale.
Se approvata, tale terapia costituirebbe l’esempio concreto di quella che viene definita “medicina di precisione”, come sottolineato da David Hyman, autore principale dello studio, responsabile dello sviluppo farmacologico presso il Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York. Una medicina, cioè, in grado di realizzare terapie mirate, elaborate in rapporto alle caratteristiche molecolari specifiche del tumore, indipendentemente dalla localizzazione macroscopica della lesione neoplastica e dai suoi caratteri istologici, come invece sono state finora concepite le terapie oncologiche. Sarebbe, inoltre, la prima terapia approvata per l’impiego sia in età adulta che in età pediatrica.
Lo studio
La sperimentazione, presentata all’ASCO, ha coinvolto un gruppo di 55 pazienti, dei quali 12 bambini e 43 adulti, portatori di fusioni TRK, arruolati in tre studi di fase I e II.
Tutti risultavano affetti da tumori localmente avanzati o in fase metastatica, insorti a carico di colon, pancreas, polmoni, ghiandole salivari, tiroide, tratto gastrointestinale, ed anche sarcomi e melanomi.
I risultati
Su un primo gruppo di 50 pazienti, affetti da 17 diversi tipi di neoplasie, 38 (ovvero il 76%) hanno presentato una risposta al Larotrectinib. Tra questi, 3 pazienti in età pediatrica, affetti da sarcomi non operabili, hanno potuto affrontare l’intervento chirurgico in virtù di una riduzione di volume della massa tumorale conseguente a trattamento con il nuovo farmaco. Uno di questi pazienti è un bambino di 2 anni, con un fibrosarcoma a livello del ginocchio, che in assenza di risposta al trattamento sarebbe andato inevitabilmente incontro ad amputazione dell’arto.
Anche la durata della risposta sembra essere favorevole. A distanza di 12 mesi dall’inizio della terapia, il 79% dei pazienti non presentava progressione della patologia. Al momento, la risposta di più lunga durata (attualmente ancora in corso) ha raggiunto i 25 mesi.
Effetti collaterali e resistenza al farmaco
Trattandosi di una terapia volta a colpire selettivamente le proteine TRK, il Larotrectinib ha dimostrato di essere molto ben tollerato. Gli unici effetti collaterali degni di nota includono astenia (riportata nel 30% dei pazienti), nausea (28%) e vertigini (28%), queste ultime riconducibili al ruolo svolto dalle normali proteine TRK nel controllo dell’equilibrio.
Sei dei pazienti esaminati hanno sviluppato resistenza al trattamento, a seguito dell’acquisizione della mutazione TRKAG 595R.
È già in studio una seconda generazione di inibitori TRK, tra i quali il LOXO – 195, che potranno essere impiegati per il trattamento di tumori nuovamente in fase di progressione dopo iniziale risposta al Larotrectinib.
Conclusioni e prospettive future
Il Larotrectinib ha dimostrato, in base ai dati presentati in occasione del Congresso ASCO, di poter rappresentare una nuova ed efficace opzione terapeutica per i tumori che esprimono le proteine di fusione TRK.
Come evidenziato da Hyman, dunque, è lecito pensare di poter ricorrere a test genetici nei pazienti con neoplasie in fase avanzata, per stabilire se siano portatori di tali anomalie genetiche e se, come tali, possano giovarsi di questo nuovo farmaco, che ha anche il vantaggio di poter essere somministrato per via orale.
FONTI | Larotrectinib dati ASCO, Inibitori TRK, LOXO-195