Storia di un’eutanasia: lasciatemi morire in pace!

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“Cara redazione,
Sono la figlia di una mamma con Alzheimer.
E’ una malattia molto strana questa. Ti toglie poco alla volta la tua identità. Ti trasforma e ti rende una persona diversa, è come regredire ad un neonato incapace di parlare, non autosufficiente e che richiede attenzioni.
Con mia madre è stato così. Ora è lì sulla poltrona accanto a me che guarda (anche se non ne sono convinta) la TV, incapace di comunicare o più semplicemente di esprimere quelle che sono le sue sensazioni o bisogni.
Qualche anno fa non si parlava molto di eutanasia però mia madre ancora lucida mi disse una frase, commentando alcuni episodi di cronaca,che non dimenticherò mai: “Se dovesse succedere a me, staccate la spina! Voglio morire con dignità!”. Io da figlia ho minimizzato e lasciato perdere. Eppure oggi, quelle parole riecheggiano nella mia testa.
E’ approdata in parlamento e ora è in attesa in Senato un Decreto Legge che tratta proprio questo argomento: il fine vita.

Di cosa si tratta?

L’Articolo 1 tratta essenzialmente di quello che è il rapporto medico-paziente e in consenso informato. Con l’idea alla base che “nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata” tutelando “il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona”.

L’Articolo 2 invece è più interessante, poiché andrà a regolare quello che è il trattamento Storia di un'eutanasia: lasciatemi morire in pace!del dolore cronico e il fine vita. Ci sono direttive per quella che è la possibilità del medico di somministrare una terapia di “sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente”. Inoltre vi è un passaggio che dovrebbe far riflettere tutti noi circa quelli che sono i recenti avvenimenti di cronaca neonatale: “ il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati”.

L’Articolo 3 invece aggiunge la vera novità del decreto Legge: la Disposizione Anticipata di Trattamento (D.A.T.). E’ quello che tempo addietro veniva volgarmente chiamato ‘Testamento Biologico’.

Cos’è una DAT?

E’ un documento in cui la persona decide e dà delle linee guida “in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi…in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari.”
Cosa comporta tutto questo? La possibilità di poter pensare di poter sospendere in futuro l’idratazione e l’alimentazione artificiale qualora le terapie non consentissero una guarigione o un miglioramento dello status della malattia.
Nelle DAT inoltre vi è la possibilità di individuare una persona (chiamata fiduciario) che si occuperà di prendere decisioni per voi e rappresenti il paziente nel rapporto con il medico.Storia di un'eutanasia: lasciatemi morire in pace!

Questo decreto però non va davvero a modificare radicalmente l’approccio, poichè tutto questo può essere fatto rivolgendosi ad un Tribunale che conceda l’interruzione dei trattamenti sanitari.

Tutte queste (non)novità possono destabilizzare alcuni di noi, per altri invece si arriva a compiere i primi passi per quell’idea di ‘fine-vita’ che è molto più esterofila. Io da figlia mi continuo a chiedere: cosa avrei provato qualora mia madre avesse deciso di firmare una DAT in cui vi era la sospensione dell’alimentazione?

Da donna, da essere umano, e con un pizzico di egoismo non nego che forse in questo momento sarei molto arrabbiata e incapace di poter comprendere davvero quella scelta.
Non possiamo abbandonare l’idea di lottare contro la malattia. Soprattutto noi familiari spesso ci ancoriamo a questo concetto senza prendere in considerazione che “è la vita la prima causa di morte”. E’ strano, è brutto da dirsi, ma bisogna prendere in considerazione l’idea che la morte non può essere evitata. Piuttosto invece diamo dignità alla vita fino in fondo, diamo dignità alla persona fino agli ultimi istanti.

Insieme con loro.
Fino alla fine”. 

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