Cara redazione,
Sono uno studente del 4 anno, e durante questi anni non sono stati pochi i professori “non-maestri” che ho incontrato. Quelli che non sanno cosa voglia dire la parola didattica, quelli che hanno perso (o forse mai avuto) la scintilla dell’insegnamento in loro. Tutti in fondo almeno una volta siamo stati vittime di ingiustizie, comportamenti scorretti, esami non propriamente valutativi della preparazione.
Quante volte ci siamo ritrovati ad odiare una materia, o anche ad amarla, solo perché il docente che la insegnava era particolarmente odioso o buono a seconda del caso?
Quante volte ci si sente congelati in un sistema che “non può cambiare”?
Forse troppe. E, soprattutto, forse troppe poche volte ci si trova a voler fare qualcosa davvero.
Eh si, ma io sono uno studente che posso fare?
Rumore.
Ecco cosa si può fare.
Vi racconto un episodio accaduto a me personalmente.
Esame. Vengo bocciato in modo brutale a causa della sordità del docente, che non sentendo parte della risposta l’ha ritenuta non sufficiente per passare l’esame.
Ero molto arrabbiato visto che preparavo quell’esame da mesi. Ma la cosa che mi faceva più rabbia era il mio sentimento di impotenza: “cosa potevo fare io contro un’ingiustizia del genere?”
Ho fatto rumore.
Mi sono rivolto a figure di riferimento nella mia università (manager della didattica, altri …). Mi hanno detto che si può segnalare un caso del genere, ma che come tutte le cose andava oggettivato. Poi però, mi arriva la domanda che mi ha smosso o scosso:
– Vuoi sapere qual è la valutazione del professore nei questionari di fine corso? – mi chiede retoricamente – E’ 9,2! Se davvero ritenete che questo docente non sia valido, come tutti quanti mi dite venendo qui, perché mettete tutti 10 al questionario di fine corso? Senza prove non possiamo fare nulla.-
Ebbene sì, avete presente quei questionari che bisogna compilare prima di iscriversi ad un esame? Quelli che “Ennò, non può venir fuori il questionario quando ti vuoi iscrivere all’esame e sei a 2 minuti dalla chiusura?!” Parlo esattamente di quelli.
Si chiamano questionari AVA (Autovalutazione, Valutazione periodica, Accreditamento) e sono stilati dall’ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca). Sono questionari che vanno a raccogliere il giudizio sul singolo corso, materia o lezioni. Di certo è uno strumento che presenta qualche lacuna, tipo nel caso in cui il corso prevede più professori: non è detto che tutti siano bravi o viceversa che tutti siano dei pessimi insegnanti. Però rimane sempre uno strumento valido.
A questi si aggiunge il ruolo del Nucleo di Valutazione, organo di ateneo in cui c’è anche una componente studentesca, primo responsabile dell’elaborazione dei dati dei questionari e della trasmissione all’ANVUR.
Eri a conoscenza di questo organo? Esiste nella tua facoltà? Come lavora?
Quando parli con i tuoi colleghi di questi questionari viene subito a galla una loro paura: e se poi scoprono che sono io?
Sfatiamo subito questa leggenda metropolitana: L’anonimato è garantito.
Come nel punto G.2.4 di questo allegato cito: “In ogni fase del processo deve essere garantito l’anonimato delle opinioni rilevate.” Non vi è quindi alcuna possibilità di essere rintracciati.
Questo dovrebbe spingerci ad essere liberi di esprimere quello che davvero pensiamo senza nessuna paura di ritorsioni.
In italia viviamo una situazione particolare per cui puoi essere docente ma non sapere nulla di didattica ed insegnamento. Nulla sul come veicolare una informazione in modo appropriato. Nulla sul come creare degli esami che valutino per davvero la preparazione dello studente e non il suo utilizzo spigliato del lessico o la sua parlantina fluente.
Nel mondo della Medical Education molti sono i nuovi orizzonti e le sfide educative: Problem Based Learning Curriculum, OSCE (Objective Structured Clinical Examination), Simulazioni di ogni tipo, eLearning.
Ne avete mai sentito parlare? Se ne fanno nella vostra università? Venite formati abbastanza?
“l’Italia ha accumulato un notevole ritardo […] nel richiedere alle università di sviluppare propri sistemi di assicurazione della qualità e di verifica della efficacia dei corsi di studi”. E’ con queste premesse che sono nati i questionari AVA. Capite ora l’importanza di questo strumento?
“E se la cura del cancro fosse intrappolata nella testa di una persona che non è stata istruita abbastanza?”
Io voglio un’università che mi formi. La pretendo. E non solo con 1200 pagine da studiare per un esame. Ma per ottenerla, forse, c’è bisogno di far rumore. Ne stiamo facendo?
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