Caso

Francesco, 47 anni, si presenta dal proprio mmg con episodi di diarrea acquosa, prevalentemente notturna. Nell’ultimo anno ha perso circa 8 kg e non presenta una storia clinica importante, attualmente non è in terapia farmacologica.
All’esame obiettivo, si mostra apiretico con un BMI <18 kg/m2 , procedendo con l’ispezione si nota una diffusa iperpigmentazione cutanea ed un edema alle caviglie bilateralmente.
All’auscultazione il mmg rileva un murmure vescicolare ridotto ed un suono ottuso alla percussione di entrambi le basi polmonari.
Vengono richiesti gli elettroliti sierici che risultano nella norma, mentre l’albumina è piu ridotta.
Che altri esami pensi possano essere utili?

Qual è la diagnosi corretta?

La diagnosi corretta é: MALATTIA DI WIPPLE

La malattia di Whipple è una patologia da infezione cronica, nella quale quasi tutti gli organi possono essere invasi da un batterio bastoncelliforme, il Tropheryma whipplei. L’incidenza nei paesi dell’Europa centrale è inferiore a 1 per milione all’anno. Il Tropheryma whipplei è stato osservato negli impianti di depurazione delle acque di scarico e viene espulso attraverso le feci dai portatori sani e dai lavoratori degli impianti.
È una malattia rara. Tra il 1907 e il 1990 sono stati descritti in letteratura 617 casi di malattia di Whipple. Presumibilmente la malattia è diffusa in tutte le etnie e le popolazioni, anche se la maggior parte dei casi riguarda la popolazione bianca e anglosassone (appare come più frequente nei paesi di livello socio-economico più alto semplicemente perché lo standard sanitario più elevato ne rende più agevole la diagnosi). Più frequente negli uomini che nelle donne. Rarissima nei bambini.
Le circostanze che favoriscono l’infezione non sono note, ma si sospetta una predisposizione immunologica acquisita o genetica; si tratta di una rara malattia descritta per la prima volta dal patologo George Whipple nel 1907. Il quadro era quello di un malassorbimento severo. L’esame istologico rivelava presenza nei linfonodi (ingranditi, specie mesenterici), nel tratto intestinale e in altri tessuti, di macrofagi PAS +.
Il quadro clinico è variabile; alcuni sintomi sono frequenti anche se non sono presenti necessariamente in tutti i pazienti: perdita di peso, poliartrite, diarrea/malassorbimento,febbre, linfadenopatia, valvulopatia cardiaca, endocardite negativa all’esame colturale, pleurite, malattia infiammatoria dell’occhio e tenosinovite recidivante. In alcuni casi, possono essere presenti sintomi cerebrali complessi (comprese le disfunzioni cognitive, l’oftalmoplegia e il mioclono). Si tratta quindi di un’infezione batterica che o diventa sistemica, oppure ci sono delle tossine che vanno in circolo determinando diverse sintomatologie d’organo. Ancora sconosciuta è la modalità del contagio. Non sono mai state descritte delle epidemie.
Come nella descrizione originale del 1907 la diagnosi si basa sul riscontro istologico di macrofagi PAS+, specie nella mucosa duodenale o in linfonodi ingrossati (più facile quando sono interessati linfonodi sottocutanei, più difficile nel caso di linfonodi profondi mal raggiungibili). La conferma diagnostica è data:
• dal riscontro – al microscopio elettronico – di strutture bacillari con una caratteristica parete trilamellare,
• dalla ricerca – mediante PCR di specifiche sequenze di DNA, sia in tessuti sia nel liquido cefalorachidiano (nel sospetto di coinvolgimento del SNC).

La diagnosi differenziale si pone con la poliartrite sieronegativa, la spondilite anchilosante, l’endocardite con esame colturale negativo, la vasculite, la sindrome da malassorbimento, il linfoma, la malattia cerebro-vascolare, la demenza, l’infezione da HIV, la micobatteriosi atipica e la sarcoidosi.
La terapia maggiormente utilizzata al momento è rappresentata da ceftriaxone o penicillina e.v. seguita da cotrimoxazolo orale per un anno. Terapie alternative: buoni risultati sono stati anche ottenuti con CAF (Cloramfenicolo), Claritromicina, Doxiciclina, Eritromicina, Penicillina + Streptomicina.
Nei casi di Whipple con sintomatologia neurologica è meglio cominciare il trattamento con Cotrimossazolo (che supera la barriera emato-encefalica) per via endovenosa, e passare alla somministrazione orale dopo alcune settimane. La durata del trattamento è compresa tra i 6 e i 12 mesi, con ripresa dell’antibiotico in caso di recidiva.
Il quadro istologico può migliorare, ma è difficile che regredisca del tutto. L’esame biomolecolare delle sequenze batteriche può invece mostrare l’assoluta scomparsa dal circolo e dai tessuti del DNA batterico. Il test della PCR è pertanto considerato ottimale non solo perché dà la certezza assoluta della diagnosi, ma anche per il monitoraggio del paziente e per decidere quanto a lungo continuare con il trattamento.
Un DNA scomparso dal circolo non vuol dire che la malattia non si ripresenti, quindi è possibile che il germe rimanga allo stato latente in alcuni linfonodi o nella mucosa duodenale e da qui si possa slatentizzare e dar luogo a nuove ondate di infezione.

Avatar
Redazione Sono di Catania, ho 24 anni e frequento il V anno del cdL Medicina e Chirurgia.