Un team di ricercatori guidato da Lam Woo, professore di Ingegneria Biomedica presso il Dipartimento di Ingegneria Elettronica dell’ Università di Hong Kong, ha individuato nuove funzioni di una regione importante del cervello: l’ippocampo.
L’ippocampo

L’ippocampo è una struttura del cervello dalla forma curva e convoluta che ricorda un cavalluccio marino, da cui, infatti, prende il nome.
E’ situato sotto la corteccia del lobo temporale bilateralmente, inserito nel sistema limbico (include, inoltre, la corteccia del cingolo, la corteccia olfattiva e l’amigdala) svolge un ruolo importante nella memoria a lungo termine e nell’orientamento spaziale.
Inizialmente, data la sua localizzazione in prossimità della corteccia olfattiva, si ipotizzava che l’ippocampo fosse coinvolto nell’olfatto.
Nonostante continui a permanere un certo interesse dell’ippocampo nelle funzioni olfattive, questa non è assolutamente la sua funzione primaria.
Infatti, principalmente, l’ippocampo è responsabile della memoria dichiarativa (i ricordi che possono essere esplicitamente verbalizzati i quali includono, per esempio, la memoria semantica oltre che la memoria episodica, riguardante episodi vissuti).
I danni all’ippocampo generalmente portano a gravi difficoltà nella formazione di nuovi ricordi (amnesia anterograda) e spesso è danneggiato anche l’accesso ai ricordi precedenti al danno (amnesia retrograda).
Nonostante l’effetto retrogrado possa estendersi ad alcuni anni precedenti al danno, in molti casi i ricordi più remoti permangono.
Questo risparmio di memorie più vecchie ha portato all’idea che il consolidamento nel tempo comporti il trasferimento delle memorie al di fuori dell’ippocampo, verso altre parti del cervello.
La capacità di acquisire nuove abilità motorie (come, ad esempio, imparare uno strumento musicale)non viene alterata nel momento in cui vi sono danni all’ippocampo.
Questo suggerisce che tali abilità dipendano da un tipo diverso di memoria (memoria procedurale) e da differenti regioni cerebrali.
Nella malattia di Alzheimer e altre forme di demenza, questa zona del cervello viene colpita e danneggiata, causando sintomi precoci, tra cui perdita di memoria a breve termine e disorientamento.
Il danno in questa zona del cervello è anche strettamente connesso ad altre malattie come l’epilessia e la schizofrenia.
Lo studio
Gli esperimenti sui roditori condotti dal Dr. Russell W. Chan, Dr. Alex TL Leong, guidati dal professor Wu, hanno rivelato che le attività a bassa frequenza nell’ippocampo possono guidare la connettività funzionale a livello corticale e migliorare le risposte sensoriali.
In altre parole, le attività a bassa frequenza dell’ippocampo possono guidare l’integrazione funzionale tra diverse regioni della corteccia cerebrale e migliorare la reattività della visione, dell’udito e del tatto.
Non sembra essere un caso il fatto che le attività a bassa frequenza nell’ippocampo si verificano in modo preponderante durante il sonno ad onde lente (sonno profondo), cioè quelLa fase importante per apprendimento e memoria.
La tecniche adottate dalla squadra del professor Wu per portare avanti gli studi sull’ippocampo consistono in optogenetica, neuromodulazione farmacologica e risonanza magnetica funzionale (fMRI).
L’optogenetica è una scienza emergente che combina tecniche ottiche e genetiche di rilevazione, allo scopo di sondare circuiti neuronali all’interno di cervelli intatti di mammiferi e di altri animali, in tempi dell’ordine dei millisecondi, tempi necessari per comprendere le modalità di elaborazione e trasformazione delle informazioni tra neuroni.
La neuromodulazione farmacologica utilizza farmaci per manipolare le attività dei neuroni.
La fMRI è una tecnica di imaging non invasiva in grado di visualizzare la risposta emodinamica (cambiamenti nel contenuto di ossigeno del parenchima e dei capillari) correlata all’attività neurone del cervello o del midollo spinale, nell’uomo o in altri animali.
La combinazione sinergica delle tre tecnologie ha enorme potenziale per avviare una nuova era della ricerca interdisciplinare per far progredire la nostra comprensione del cervello.
Ad esempio, nel caso specifico di questo studio l’eccitazione optogenetica a bassa frequenza del giro dentato dorsale, una sub-regione dell’ippocampo, ha evocato attività corticali e subcorticali che vanno oltre l’ippocampo.
Inoltre, questa stimolazione a bassa frequenza ha potenziato la connettività funzionale a livello cerebrale nell’ippocampo bilaterale, nella corteccia visiva, nella corteccia uditiva e nella corteccia somatosensoriale.
Nel frattempo, l’inattivazione farmacologica dell’ippocampo ha ridotto la connettività funzionale a livello cerebrale.
I risultati
I risultati di questo studio aprono le porte ad una possibile modulazione dell’attività ippocampale nel trattamento e prevenzione delle malattie neurodegenerative (Alzheimer in primis) che proprio della componente mnemonica fanno uno dei primi e più importanti bersagli di danneggiamento.
FONTE| http://www.hku.hk/press/news_detail_16812.html