L’effetto nocebo: una questione di costo

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L’effetto placebo, battezzato con il verbo latino che significa compiacere, dimostra come l’idea di assumere una sostanza con potere curativo ha di per sé effetto positivo. L’autosuggestione ottimistica del paziente si traduce in un miglioramento effettivo del malato in seguito all’assunzione di una sostanza inerte e priva di principi attivi, detta per questo placebo. L’autosuggestione può tuttavia generare anche risultati opposti. Si possono infatti sperimentare anche effetti collaterali, o presunti tali di un non farmaco; in tal caso si parla di effetto nocebo.

 

Se lo pago tanto sarà potente…

L’effetto nocebo, ossia la risposta negativa del soggetto conseguente all’assunzione di medicinali in realtà privi di principi attivi, è più frequente e di maggiore intensità se il soggetto coinvolto crede di assumere un farmaco più costoso. Secondo uno studio recente l’aspettativa di provare dolore legata all’applicazione di una crema dermatologica, stimola il sistema nervoso ad attivarsi in tal senso, aumentando l’attività di specifiche aree cerebrali.

Medicina o Marketing?

Lo studio di Amburgo-Eppendorf, condotto da A. Tinnermann ha riscontrato un curioso fenomeno proprio in relazione con l’effetto nocebo. Secondo tale esperimento il paziente sarebbe più indotto a provare gli effetti avversi di un farmaco che gli è stato presentato come vero, se il farmaco è particolarmente costoso, e quindi in genere considerato più “potente”.

Gli Autori hanno diviso alcuni volontari in due gruppi, prescrivendo ad entrambi l’applicazione di una crema dermatologica priva di principi attivi che avrebbe dovuto alleviare il prurito ma che poteva dare come potenziale reazione negativa un aumento della percezione locale del dolore, ovvero iperalgesia. In un braccio di studio il prodotto è stato presentato, sia nella denominazione che nel packaging, come un farmaco generico, venduto a basso prezzo, ad altri come un medicinale nuovo e più caro, contenuto in una confezione sofisticata.

Ciò che si è osservato è che coloro che ritenevano di aver utilizzato la crema più costosa hanno valutato il dolore due volte più intenso dell’altro gruppo il quale riferiva invece una leggera diminuizione del dolore; l’iperalgesia aveva quindi colpito con maggiore frequenza i primi volontari. Purtroppo non si hanno dati certi sull’effetto placebo in questo specifico caso.

La comunicazione da risultati oggettivi

L’impressione soggettiva dei volontari sottoposti alla ricerca è stata affiancata ad una valutazione dell’attività della corteccia cerebrale prefrontale e gli esiti sono risultati coerenti. Il gruppo che aveva utilizzato la crema più costosa hanno mostrato un incremento dell’attività in questa regione cerebrale. Notevoli differenze si sono rilevate anche in altre due regioni cerebrali: la corteccia cingolata anteriore e la sostanza grigia periacqueduttale.

Questi studi risultano essere molto utili ai fini della comprensione dei meccanismi mentali che regolano e modulano gli effetti collaterali percepiti dai pazienti, che possono influire sull’esito della terapia e la prognosi delle malattie. Tutto questo pone un accento critico e non passivo sull’importanza dell’approccio e della comunicazione nei confronti del malato con lo scopo di acquisire il maggior numero di informazioni sull’entità e sulla frequenza degli effetti collaterali in relazione ai benefici, tenendo conto del contesto psicosociale del paziente sottoposto a terapia.

FONTI | (1); (2)

Francesco Lombardi
Sono specializzando in Malattie dell'Apparato Respiratorio al policlinico Gemelli, mi interesso anche di psico-neuro-endocrinologia. Appassionato di musica e di tennis, mi piace viaggiare e conoscere nuove persone e culture diverse.