Caso

Liliana decide di portare la figlia di 4 anni dal pediatra per una febbre molto alta, dura da cinque giorni e non vi è stato alcun miglioramento con la terapia antibiotica somministrata dalla mamma inesperta.
La bambina non ha avuto precedenti infezioni batteriche o virali e non vi nessuna malattia degna di nota da riportare nell’anamnesi.
Il medico nota dei piccoli arrossamenti desquamanti sull’addome e sulle mani della bambina. Vi è anche un’iperemia congiuntivale con assenza di muco.
Su cosa si indirizza il medico?

La diagnosi corretta: MALATTIA DI KAWASAKI

La sindrome di Kawasaki o sindrome linfonodale muco-cutanea è una vasculite infantile delle arterie di media e piccola dimensione che colpisce soprattutto le arterie coronarie. L’eziologia è ancora sconosciuta.

È caratterizzata da: febbre prolungata molto elevata resistente al trattamento antibiotico ed ai farmaci antipiretici, della durata di più di cinque giorni.

Esantema a carico delle estremità con edema dei piedi e/o delle mani cui fa seguito, durante la seconda settimana di malattia, una caratteristica desquamazione lamellare delle dita delle mani e dei piedi, a partenza dalla regione intorno alle unghie.

Congiuntivite, mucosite, linfoadenopatia cervicale e poliartrite di gravità variabile. Se non diagnosticata in tempo può portare all’infarto del miocardio.

La sindrome di Kawasaki è una patologia che colpisce prevalentemente i bambini d’età inferiore ai 5 anni con un picco al secondo anno. È diffusa in tutto il mondo con andamento endemico e riaccensioni ogni 2-3 anni e picco in inverno e in primavera. È la seconda vasculite più frequente nel bambino dopo la porpora di Schonlein-Henoch.

La sindrome di Kawasaki si presenta con sintomi aspecifici e molto comuni nelle malattie pediatriche e proprio per questo motivo risulta subdola e difficile da diagnosticare. Il pediatra deve sapere eseguire una diagnosi precoce e soprattutto nel più breve tempo possibile.

Si suppone una eziologia tossinfettiva e immunomediata che coinvolga superantigeni streptococcici e stafilococcici con successiva attivazione linfocitaria.

Generalmente la sindrome si risolve in maniera spontanea. Tuttavia, il 5-10% dei pazienti sviluppa complicanze gravi e l’1% è afflitto da complicanze letali. Le complicanze più importanti sono rappresentate dall’infiammazione cardiaca, principalmente dall’arterite coronarica. Le manifestazioni cardiache di solito incominciano intorno al decimo giorno quando la febbre, l’eruzione e gli altri sintomi acuti precoci cominciano a regredire. L’infiammazione delle arterie coronarie con dilatazione e formazione di aneurismi si verifica nel 5-20% di tutti i casi e talvolta si associa a miocardite acuta con insufficienza cardiaca, aritmie e pericardite e, raramente, a tamponamento cardiaco, trombosi o infarto.

Per fare diagnosi di sindrome di Kawasaki devono essere soddisfatti almeno 5 dei 6 criteri seguenti:

• febbre (elevata, per più di 5 giorni e che recidiva dopo la sospensione dell’antipiretico)

• iperemia congiuntivale (bilaterale e senza essudazione)

• lesioni boccali (arrossamento, secchezza delle labbra, lingua a fragola)

• rash (polimorfo e pruriginoso)

• edema, eritema, solchi ungueali alle estremità

• linfoadenomegalia

Importante anche gli inidic di flogosi aumentati si avrà quindi: leucocitosi neutrofila, aumento VES, PCR,aumento AST, ALT, fibrinogeno.

La diagnosi differenziale si pone prevalentemene con scarlattina, morbillo e la sindrome di Stevens-johnson.

Il trattamento consiste in un unico ciclo di immunoglobuline per via endovenosa e aspirina.

Se avviato durante la fase acuta della malattia, il trattamento riduce la frequenza delle lesioni alle arterie coronariche a meno del 5%. Alcuni pazienti che non rispondono alla terapia standard possono essere trattati alternativamente con Infliximab.

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Redazione Sono di Catania, ho 24 anni e frequento il V anno del cdL Medicina e Chirurgia.