Società ai limiti della Friendzone.
Cara redazione,
oggi questa lettera viene da voi, anzi da noi, da tutti. Sono la “società italiana” e vi scrivo per farci qualche domanda.
L’Università svolge un ruolo fondamentale nella nostra formazione, crea quello che sarà il mio tessuto. Investiamo tante risorse e tante ancora potrebbero essere investite al fine di migliorare quella che è la conoscenza della nostra popolazione.
Oggi però mi rivolgo più specificamente alle Università di Medicina italiane e quindi anche agli studenti che le frequentano.
La formazione che riceviamo è la formazione necessaria per poter poi operare nel nostro amato paese?
Studiamo principalmente le malattie più rilevanti della nostra comunità? Oppure studiamo le malattie di cui è esperto il nostro professore che ha fatto nell’anno X quella ricerca Y sulla malattia rarissima in un altro continente?
I progetti di ricerca portati avanti dalla tua Università sono almeno in parte basati sulle necessità della nostra comunità?
L’Università ha un impatto positivo sul territorio o ne rimane indifferente? Quanto è integrata nel territorio tramite progetti, partnership e azioni rivolte alla comunità?
Ti viene insegnato come approcciarti alle mille culture, etnie e ceti differenti che caratterizzano il nostro paese ? Lo sapete che tutto quello che l’Università dovrebbe alla sua società ha un nome? Parliamo di Social Accountability, l’obbligo di rispondere alle necessità della società.
Ma che cos’è?
Partiamo dalla definizione: l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha definita già nel 1995 come “l‘obbligo che le università hanno di direzionare la loro formazione, le ricerche e i servizi indirizzandoli verso le priorità sanitarie della comunità, regione e/o nazione che sono chiamate a servire”.
Quindi nel momento in cui viene organizzato un corso di studi, programmata una ricerca o un tirocinio ci sono delle priorità a cui si è tenuti a rispondere.
Ci sono quattro valori che portano avanti la Social Accountability, gli stessi valori che dovrebbero portare avanti la nostra Università.
Il primo tra questi è la Rilevanza: l’idea che ci si deve concentrare su quelli che sono i bisogni di una Nazione, le malattie più frequenti, le necessità più diffuse.
Capite quanto sia importante tenerne conto per creare il tessuto sociale in grado di soddisfare le nostre esigenze.
Il secondo valore è la Qualità. Non si può prescindere dall’avere un Sistema Sanitario di Qualità.
L’alta qualità si basa sulle evidenze scientifiche, non su pseudo-scienze o bufale. L’università è quindi interpellata a tutelare la qualità della formazione al fine di avere poi una migliore promozione della salute su tutto il territorio.
Poi abbiamo l’Efficienza economica: poiché non abbiamo le risorse di Zio Paperone, dobbiamo cercare di creare il migliore impatto sociale possibile con le risorse a disposizione.
Ultimo, ma non per importanza, è l’Equità: il sistema sanitario deve generare salute equamente (e sottolineerei non ugualmente) in tutte le fasce della popolazione. Tutti devono poter raggiungere lo stesso livello di salute, questo implica che ci sarà chi ha bisogno di più aiuto e chi di meno, l’importante è arrivare tutti allo stesso punto.
Come potete vedere dal grafico qui accanto non è proprio facile bilanciare tutti e 4 i valori.Si rischia con più facilità di imbattersi in situazioni in cui, per esempio, possiamo avere un servizio sanitario rivolto a tutti e basato sulle reali necessità della popolazione, ma a discapito della qualità e soprattutto dell’efficienza economica.
Vi ricorda qualcosa?
O ancora, un sistema super incentrato su un livello qualitativo assistenziale elevatissimo che però esclude parte della popolazione, ha costi alti e non tiene conto delle richieste della comunità.
Notate quindi che direzionare le risorse, le attenzioni sulle necessità della comunità, rispettandone le differenze demografiche ed epidemiologiche non è facile?
Scrivo a questa redazione per chiederci una cosa. Ora, noi che possiamo fare?
Come sempre possiamo informarci e, se ci interessa, capire a che punto è la nostra università.
Possiamo trovare un questionario nelle ultime pagine di questo toolkit scritto dall’IFMSA (International Federation of Medical Students Associations).
Da adesso tocca anche a noi. Parliamone, discutiamone.
Andiamo dai professori e chiediamo di studiare dati epidemiologici italiani e non solo americani, giapponesi o messicani. Chiediamo di approfondire quelle patologie maggiormente diffuse in Italia, contestualizzandole in base ai fattori socio economici e agli stili di vita.
Quando progettiamo una ricerca pensiamo all’impatto che potrebbe avere sulle società, sulla prevenzione delle malattie e sul Servizio Sanitario tutto.
Non ignoriamo le esigenze del nostro paese, non ignoriamo noi stessi.
FONTI | Defining and measuring the Social Accountability of medical schools – WHO; Social Accountability – IFMSA; THEnet: The Training for Health Equity Network