La riparazione prenatale della spina bifida

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In uno scatto che non può che suscitare meraviglia, vediamo un luminoso globo rosso circondato da una soffusa luce blu. Un piccolo feto di 24 settimane giace all’interno dell’utero materno, mentre viene sottoposto ad un’operazione per riparare il difetto alla base della spina bifida. Questo è uno dei due nuovi approcci recentemente elaborati per risolvere la malformazione congenita della colonna vertebrale in epoca prenatale.

Che cos’è la spina bifida?

La spina bifida è un difetto che consiste principalmente nella mancata chiusura degli archi posteriori delle vertebre lombo-sacrali e lombari, oppure più raramente delle vertebre toraciche e cervicali. Questa mancata chiusura determina un’esposizione verso l’esterno del midollo spinale che, a contatto con il liquido amniotico, subisce delle alterazioni.

Se il solco sulla parte posteriore dell’embrione non si ripiega correttamente per formare il tubo neurale, si può formare un foro che può portare alla spina bifida.

Si stima che in Italia una gravidanza su 1300 sia colpita da spina bifida. La diagnosi precoce è importante per poter intervenire prontamente. In genere i bambini vengono operati entro 48 ore dalla nascita, ma non sempre la riparazione ha un esito positivo.

Si consiglia alle donne che vogliono avere un bambino di assumere acido folico prima e dopo la gravidanza. Si è visto infatti che questa piccola integrazione nella dieta ha ridotto l’incidenza dei difetti del tubo neurale negli ultimi decenni.

Operare un feto all’esterno del corpo della mamma

I dottori del Baylor College of Medicine e del Texas Children’s Hospital di Houston stanno ora mettendo a punto una tecnica per riparare queste difetto congenito direttamente sul feto.

Prima di operare su feti umani i chirurghi hanno affinato la loro procedura in un simulatore ideato da loro. Per simulare un feto di 24 settimane hanno posizionato una bambola grande quanto un feto di quella età gestazionale all’interno di una palla di gomma. La bambola era circondata da pelle di pollo, tagliata in modo da essere simile alla spina bifida. Per allenarsi i dottori inserivano il fetoscopio e mimavano l’intervento che poi avrebbero fatto sul piccolo paziente.

Nell’approccio prenatale standard per la spina bifida, i chirurghi tagliano l’addome e l’utero della donna per raggiungere il feto. In questo caso, è stato aperto l’addome e l’utero è stato delicatamente portato all’esterno del corpo della donna. I dottori hanno poi inserito un fetoscopio e gli strumenti chirurgici necessari all’operazione.

Per avere più spazio di manovra nell’operare, i chirurghi hanno poi aspirato tutto il liquido amniotico e hanno riempito l’utero di anidride carbonica. Dopo aver anestetizzato anche il feto, hanno proceduto ad operare, tirando la pelle sopra al midollo spinale e cucendola strettamente in modo che non fosse più a contatto con il liquido amniotico.

Chiudere il difetto prima della nascita riduce il rischio di idrocefalo e potrebbe migliorare le funzioni motorie e la qualità della vita del bambino. Per ora sembra essere andato tutto per il meglio, ma i medici preferiscono aspettare che il bambino nasca. Se tutto va bene, la mamma partorirà il 14 gennaio.

Un biomateriale per chiudere il tubo neurale

Operare in epoca prenatale rappresenta sempre un metodo invasivo, anche se i chirurgi si stanno impegnando per pensare procedure sempre meno invasive. I ricercatori del Children’s Hospital del Colorado stanno mettendo a punto un’alternativa alla chirurgia fetale.

Il protagonista di questo nuovo approccio mini-invasivo è un materiale bioingenierizzato, pensato per coprire il tubo neurale aperto. Si tratta di un gel termico inverso (RTG) e cioè di un biomateriale che cambia stato, da liquido a gel, al cambiare della temperatura.

Questo materiale, liquido a temperatura ambiente, si assembla spontaneamente in una struttura solida alla temperatura del corpo umano. Il gel (PSHU-PNIPAAm) è stato testato per la sua permeabilità e la sua stabilità all’interno dei fluidi amniotici.

I ricercatori hanno studiato gli effetti che il gel ha sulle funzioni cellulari di fibroblasti neonatali, cheratinociti e neuroni, i tipi cellulari esposti nei tubi neurali aperti. Hanno perfino iniettato il materiale negli embrioni di topo, scoprendo che il materiale è compatibile e non citotossico.
La caratteristica più importante di questa innovazione è che supporta la migrazione dei fibroblasti cellulari, e quindi stimola la guarigione delle ferite.
L’ulteriore sviluppo di questo gel potrebbe portare ad un approccio meno invasivo della chirurgia prenatale, e al trattamento della spina bifida in età gestazionale molto precoce.

Riguardando quell’immagine, non possiamo che rimanere sorpresi dai passi in avanti che la chirurgia fetale sta facendo negli ultimi anni. A 24 settimane, il piccolo essere umano pesa meno di un kilogrammo ed è ora possibile entrare nei suoi organi in miniatura e ripararli, senza disturbare il suo sviluppo. Con tecniche che tempo fa ci sembravano troppo rischiose, stiamo scoprendo nuovi modi di operare il paziente nel paziente.

FONTI | Articolo originale 1, Articolo originale 2

Matteo Cavanna
Redazione | Nato a Belluno il 5/06/1990, ho studiato all'Università degli studi di Trento Scienze e tecnologie biomolecolari. Delle scienze biologiche mi appassiona tutto ciò che è afferente alla medicina. Microrganismi, cellule, cromosomi e geni sono il mio microcosmo. In che modo queste entità microscopiche influenzano ciò che siamo e il nostro stato di salute? Quale impatto possono avere sulla vita di tutti i giorni? Queste sono le domande che mi affascinano. Se anche tu sei curioso/a questo è il posto giusto :)