Dipendenza da videogiochi: una patologia emergente

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Il disturbo da gioco (gaming disorder) è stato preso in considerazione nei due principali manuali di classificazione delle malattie mentali, il DSM-V (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) e l’ICD-11 (International Classification of Diseases), a sottolinearne la sempre crescente rilevanza.

In entrambe le classificazioni il disturbo si trova ancora in forma di “bozza”, in quanto si tratta di una patologia di recente insorgenza, che richiederà ulteriori ricerche per essere meglio descritta e definita.

Nell’ICD il disturbo da gioco è incluso nel capitolo sulle dipendenze ed è suddiviso in gioco online e off-line, con il primo che è il tipo più comune, pericoloso e causante dipendenza. Il DSM infatti descrive solo questo, definendolo Internet Gaming Disorder (IGDDisturbo da gioco su Internet).

Ogni tipo di dipendenza è cattiva, non importa se il narcotico è l’alcol o la morfina o l’idealismo” – Carl Gustav Jung

Epidemiologia

Il disturbo da gioco su Internet è più comune negli adolescenti di età compresa tra 12 e 20 anni. Secondo gli studi, si ritiene che il disturbo da gioco su Internet sia più diffuso nei paesi asiatici che in Nord America e in Europa.

Poiché non esiste uno strumento standard per la classificazione dell’IGD, il suo tasso di prevalenza è incerto. Studi preliminari hanno comunque dimostrato che il valore reale si aggiri fra 0.5% e 6%.

I fattori di rischio sono numerosi, tra i quali spicca la depressione, con intensificazione del gioco in periodi estesi di tristezza o disperazione, contemporaneamente al ritiro da sport o altre attività di gruppo. Individui socialmente isolati o con scarse relazioni interpersonali possono essere particolarmente attratti dai giochi che consentono di sviluppare relazioni online e assumere nuove personalità. I videogame inoltre sono stati associati a difficoltà di attenzione ed impulsività.

Esistono solo dati limitati sulla correlazione tra IGD e uso di sostanze, ma studi preliminari dimostrano che il fumo di sigarette e l’uso illecito di droghe sono più comuni tra i gamers, mentre l’uso di alcolici non differisce significativamente.

La persistenza del disturbo (anche per anni) avviene in una percentuale rilevante di persone, addirittura fino al 50% in alcuni studi. La cronicizzazione sembra essere più probabile in persone con depressione, ansia, fobia sociale e problemi di attenzione.

Vera e propria dipendenza

Gli esseri umani, così come altri organismi, si comportano in modo da raggiungere la gratificazione (reward); le sensazioni piacevoli forniscono un rinforzo positivo in modo che il comportamento si ripeta.

Ricompense naturali come cibo, acqua, sesso e nutrimento permettono all’organismo di provare piacere quando si mangia, si beve, si procrea e ci si nutre. Ognuno di questi comportamenti è richiesto per la sopravvivenza della specie.

C’è un percorso nel cervello che è responsabile per i comportamenti gratificanti.

La VTA (Area Ventrale Tegmentale) è collegata sia al nucleo accumbens che alla corteccia prefrontale. I neuroni del VTA contengono il neurotrasmettitore dopamina, che viene rilasciato nel nucleo accumbens e nella corteccia prefrontale.

Tutte le sostanze e i comportamenti che danno dipendenza, come il gambling o il gioco appunto, agiscono su questo circuito, ripercorrendolo in maniera molto più forte.

La sovrastimolazione dei circuiti del reward produce degli effetti euforici ricercati da coloro che abusano e questi li portano a ripetere il comportamento, in modo da provare nuovamente l’esperienza.

A lungo andare i recettori per la dopamina vengono però danneggiati: la sovrastimolazione ripetuta porta alla downregulation (diminuzione del numero) dei recettori, per cui servirà una dose sempre maggiore per provare lo stesso piacere (tolleranza) ed in assenza dello stimolo/sostanza si avrà una totale assenza di piacere, anche per tutte le normali azioni della vita quotidiana, portando quindi a depressione ed altri disturbi.

Gli studi suggeriscono che quando le persone affette da IGD sono immerse nei giochi su Internet, alcuni percorsi nel loro cervello sono innescati direttamente e con la stessa intensità di un tossicodipendente quando assume la sostanza. Il gioco sollecita così una risposta neurologica che influenza i sentimenti di piacere e ricompensa e il risultato, all’estremo, si manifesta come comportamento di dipendenza.

Criteri diagnostici

I criteri diagnostici del DSM per l’IGD sono:

  1. Uso ripetitivo di giochi basati su Internet, spesso con altri giocatori, che porta a problemi significativi di funzionamento.
  2. Cinque dei seguenti criteri devono essere soddisfatti entro un anno:
  • Preoccupazione o ossessione per i giochi su Internet.
  • Sintomi da astinenza quando non si gioca su Internet.
  • Aumento di tolleranza: è necessario dedicare più tempo ai giochi.
  • La persona ha cercato di fermare o frenare l’utilizzo di giochi su Internet, ma non è riuscita a farlo.
  • La persona ha avuto una perdita di interesse in altre attività della vita, come gli hobby.
  • La persona ha continuato a abusare di giochi su Internet anche con la consapevolezza di quanto abbia un impatto sulla vita della persona stessa.
  • La persona ha mentito agli altri sul suo utilizzo di giochi su Internet.
  • La persona usa i giochi su Internet per alleviare l’ansia o il senso di colpa – è un modo per fuggire.
  • La persona ha perso o messo a rischio un’opportunità o relazione a causa di giochi su Internet.

Questi criteri diagnostici sono estremamente simili a quelli che si applicano per la diagnosi dei disturbi da uso di sostanze.

I criteri diagnostici del gaming disorder dell’ICD sono molto simili a quelli del DSM. Per maggiori info cliccare qui: ICD-11.

 

Impatto sulla salute

Come ogni patologia che affligge la mente, questa andrà inesorabilmente a colpire anche il corpo, manifestandosi con una sintomatologia importante.

 

Come ci si sente?

La mia vita girava attorno al gioco. Quando mangiavo, quando andavo in bagno o mi lavavo (non mi lavavo molto e se lo facevo succedeva controvoglia e in modo superficiale perché mi toglieva tempo) pensavo a cosa avrei dovuto fare dopo nel gioco, per poter fare di più. Giocavo fino a tardi. Mi addormentavo guardando video dello stesso gioco a cui stavo giocando perché facevo fatica ad addormentarmi. Quando mi alzavo la prima cosa che facevo era accendere il PC e poi facevo il resto (tipo andare in bagno, fare colazione con quello che trovavo). Il PC e il gioco diventano totalizzanti. Non pensi ad altro, non fai altro. Se qualcuno mi diceva qualcosa mi arrabbiavo. Magari vorresti fare altro ma non riesci a staccarti. Ne hai bisogno sempre di più. Se giochi meno di 12/14h non ti senti bene con te stesso… È una vera e propria dipendenza.” – Estratto dal discorso di un paziente precedentemente affetto da Internet Gaming Disorder.

Per concludere

L’inclusione dell’IGD come patologia nel DSM-V è un grande progresso, che consentirà a ricercatori e clinici di studiare e trattare questa condizione.

La ricerca è ancora nelle fasi iniziali. Tuttavia, crescenti prove clinicamente significative dimostrano i danni derivati ​​dall’eccesso di gioco, suggerendo che questa è una condizione importante dal punto di vista della salute pubblica.

Sono necessari studi sul corso naturale della condizione, nonché sui fattori di rischio e su quelli protettivi. Una migliore conoscenza sarà importante per guidare gli sforzi sia per la prevenzione che per il trattamento.

FONTI | pubmed; drugabuse.gov

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Matteo Ferrari
Sono un Junior Doctor all'University Hospital of Southampton, laureato all'università di Bologna. Ho un particolare interesse in Anestesia e Rianimazione.