Dopo Tetra è la volta di Zhong Zhong e Hua Hua. Si tratta delle prime due scimmie al mondo clonate con la tecnica della pecora Dolly.
La notizia, risultata fin da subito sorprendente, è stata annunciata sulla rivista Cell dall’Istituto di Neuroscienze dell’Accademia Cinese delle Scienze di Shanghai.
La prima clonazione di un primate risale al 1999. Ma, diversamente da Zhong Zhong e Hua Hua, la femmina di macaco Tetra venne ottenuta attraverso l’utilizzo, da parte dei ricercatori statunitensi, di un processo denominato “splitting embrionale”, basato sulla scissione dell’embrione, una tecnica sovrapponibile al processo naturale all’origine dei gemelli monozigoti.
Clonazione: Dolly ma non solo
Il 5 luglio 1996 presso il Roslin Institute di Edimburgo nasceva la pecora Dolly, il primo clone di mammifero contenente lo stesso DNA della madre.
Si trattò di un evento epocale nel panorama scientifico, soprattutto perché giunto dopo anni di tentativi sui mammiferi. Per la prima volta, il processo di clonazione partì dalla cellula di un donatore adulto piuttosto che da una cellula embrionale. La tecnica utilizzata è nota come “somatic cell nuclear transfer” (SCNT), che consiste nel trasferimento del nucleo di una cellula adulta, contenente il patrimonio genetico dell’individuo, in una cellula uovo non fecondata, privata del materiale genetico attraverso l’eliminazione del nucleo.
La pecora Dolly costituì, dunque, la prova tangibile della possibilità di far tornare ad uno stadio “iniziale” le cellule di un mammifero adulto, con le conseguenti implicazioni scientifiche e i delicati risvolti di carattere etico associati ad un risultato così sensazionale da scuotere l’opinione pubblica a livello mondiale e da inaugurare un inedito dibattito, quello della clonazione quale nuova frontiera della ricerca.
Nonostante le perplessità espresse su più fronti, altri centri di ricerca hanno seguito, da allora, l’esempio di Dolly. Nel 1999 in Italia nasceva il toro clonato Galileo, poi il primo cavallo, e a seguire mucche, macachi e cammelli.
Zhong Zhong e Hua Hua: la tecnica utilizzata
Finora i tentativi di applicare al processo di clonazione delle scimmie la tecnica SCNT, precedentemente utilizzata per ottenere la pecora Dolly, erano falliti, in quanto i nuclei delle loro cellule differenziate contengono geni che impediscono lo sviluppo dell’embrione.
In questo caso i ricercatori cinesi sono riusciti a superare l’ostacolo, utilizzando il nucleo di cellule differenziate, i fibroblasti, prelevate da un feto di macaco, avvalendosi, dunque, di un DNA più vergine.
La combinazione risultante è stata trattata con una miscela di nutrienti e fattori di crescita che favoriscono lo sviluppo, prima dell’impianto, dell’embrione clonato.
L’embrione così ottenuto è stato, dunque, impiantato nell’utero di una madre surrogata per portare a termine lo sviluppo e dare alla luce un nuovo individuo.
Ben 79 embrioni sono stati impiantati in 21 madri surrogate: Zhong Zhong e Hua Hua sono le uniche scimmie nate vive su 6 gravidanze. Si tratta di un ulteriore successo rispetto agli esperimenti precedenti: la pecora Dolly era stata l’unica nata viva su 277 embrioni impiantati.
Il prossimo passo: la clonazione nell’uomo?
La pecora Dolly ha, fin da subito, posto le basi per un cambiamento nell’approccio alla ricerca scientifica. Il giapponese Shinya Yamanaka, lavorando sugli embrioni di topo è riuscito, tramite una manipolazione genetica, a far “ringiovanire” le cellule somatiche, riportandole ad uno stadio embrionale. Si trattava delle cosiddette cellule “Ips” (staminali pluripotenti indotte) che gli valsero il Premio Nobel per la Medicina nel 2012.
La clonazione applicata all’uomo apre scenari di tipo scientifico, filosofico, etico e religioso, che rappresentano terreno fertile per la nascita di accesi dibattiti, dai quali il campo della bioetica trae linfa vitale.
Clonazione e ricerca: implicazioni e prospettive future
I “padri” delle due scimmie clonate sostengono che il loro lavoro possa aprire nuove incoraggianti prospettive per la ricerca biomedica.
La clonazione potrebbe permettere di ottenere risultati sperimentali più facilmente riproducibili e, di conseguenza, di ridurre il numero di animali studiati in ogni singola sperimentazione.
Grazie alla tecnica SCNT, infatti, si può ottenere un numero elevato di cloni a partire da un singolo donatore, consentendo ai ricercatori di avere a disposizione un ampio campione di animali, geneticamente uniformi, nei quali studiare la patogenesi delle malattie umane e la risposta a nuove opzioni terapeutiche.
Ma l’aspetto più importante è il fatto che i ricercatori cinesi siano stati in grado di individuare i meccanismi necessari per “accendere” o “spegnere” determinati geni, mettendo i fibroblasti da essi utilizzati nelle condizioni di essere reindirizzati in una diversa fase di differenziazione, al fine di ottenere la clonazione. Si tratta di un risultato straordinario in quanto pone le basi per la comprensione dei meccanismi attraverso i quali l’ambiente agisce sul DNA e ne induce modificazioni responsabili dell’insorgenza di molteplici patologie.
In associazione con tecniche di editing genetico, la clonazione potrebbe essere utilizzata per creare modelli di primati non umani di malattie neurodegenerative, quali Parkinson e Alzheimer, o di malattie derivanti da mutazioni genetiche, come alcune neoplasie o malattie rare.
Ed ora?
In attesa dei nuovi sviluppi nell’ambito degli studi scientifici, il team di Shanghai si sta dedicando ad un’analisi di tipo osservazionale: dato che la coppia di scimmiette ha gli stessi geni e vive nello stesso ambiente, i ricercatori intendono seguire il loro sviluppo neurologico, al fine di valutare se il cervello si sviluppi in modo sovrapponibile o se al contrario vada incontro a diversificazione.
Nonostante queste importanti prospettive nel campo della ricerca, continuano ad essere forti le perplessità legate alla clonazione, dal punto di vista sia scientifico che etico. Diversi Paesi, tra cui gli USA, stanno discutendo sulla possibilità di abbandonare la ricerca sui primati proprio per motivi di carattere etico.
Quali possono essere i rischi associati alla clonazione? Quali le ripercussioni sulla salute in un organismo clonato? Uno scienziato è in grado mettere un limite alla propria ricerca?
Questi sono tra gli interrogativi ai quali dover dare risposte appropriate.
Urge, dunque, sulla base del sempre più rapido avanzamento della ricerca, una presa di coscienza da parte della comunità scientifica e dei governi, al fine di regolamentare la sperimentazione in questo ambito, inevitabilmente soggetto ad un duplice risvolto della medaglia: salute umana da una parte, bioetica dall’altra.
FONTI | Articolo originale Cell, Immagine in evidenza, Dolly e le altre clonazioni, Clonazione e ricerca, Tecnica SCNT, Clonazione ed implicazioni nell’uomo.