L’ipocondria è l’unica malattia che non ho

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L’ipocondria è l’unica malattia che non ho.
In questa frase goliardica, forse, possiamo dire di ritrovarci un po’ tutti quanti. E’, infatti, quasi un trend quello di sentirsi ‘malati’ a tutti i costi.

Lo siamo leggendo le varie malattie ed autodiagnosticandocele su google, ed al primo colpo di tosse vi è subito la corsa ai ripari di tutti i tipi, perchè in fondo: “Prevenire è meglio che curare” – dicono.

Il risultato di questa “psicosi collettiva” è quel processo che viene chiamato con il nome di ipermedicalizzazione. PubMed introduce questo termine nella sua terminologia solo recentemente, ma oramai possiamo definire ben consolidato questo comportamento della massa e di noi che ne facciamo parte.

L’ipermedicalizzazione e l’assunzione di farmaci quando vi è assenza di malattia

Le cause risiedono sia nella mente del ‘produttore\venditore’ che, dovendo fare il proprio interesse, attua strategie ben precise che mirano al profitto, ma anche, e soprattutto, del cittadino il quale non avendo informazioni e non avendo conoscenze in materia decide per se e si auto-somministra farmaci molte volte inutili.

Tante sono le evidenze dimostranti che una sbagliata assunzione di farmaci sia in termini temporali (di frequenza e di durata della terapia), sia in termini di dosaggio, ci porta solo ad ottenere un minor (se non nullo) risultato ed un maggior numero di effetti collaterali.  Negli USA si stima che per quanto riguarda i FANS il 19% della popolazione ne faccia un abuso in termini di dosaggio e che il 23% della popolazione invece ne usa più di uno contemporaneamente.  

L’ipermedicalizzazione però dipende anche dai medici nel momento in cui sono loro a prescrivere farmaci o accertamenti diagnostici. Sempre secondo una ricerca in USA il 20.6% di tutte le azioni mediche non sono necessarie (22.0% di prescrizioni, 24.9% di test e 11.1% di procedure). Le ragioni sono multiple: dalla paura dell’accusa di malpractice (84.7%) alla pressione del paziente (59.0%). In italia credete che la situazione sia diversa ? No, visto che la spesa pro-capite di ogni individuo cambia da regione a regione: in Puglia si spendono 214 euro a cittadino ed in Veneto solo 151 sebbene non vi siano evidenti differenze epidemiologiche.  

A cavalcare l’onda di questo fenomeno ci sono le industrie del farmaco che pensano ai loro profitti come tutte le aziende. “Creare il bisogno per alimentare il consumo” – questa è la strategia di marketing alla base di un fenomeno chiamato Disease Mongering.

Disease Mongering


Definiamo il Disease Mongering: è la promozione di pseudo malattie da parte delle case farmaceutiche con lo scopo di trarne profitto. Per chiarire meglio questo concetto andiamo a fare alcuni esempi:
Immaginiamo di andare ad allargare il limite di normalità-anormalità di un valore. Parlando dell’ipertensione, ad esempio, è interessante vedere come si sia definito uno stato di pre ipertensione nel quale gli interventi possibili non sono (come auspicabile) solo il miglioramento dello stile di vita dell’individuo. E’ quindi un andare ad etichettare come ‘malattie’ delle situazioni di alto rischio e creare farmaci ad hoc per questo target.

Non è un’accusa alle case farmaceutiche, ree solamente di portare avanti i loro impegni imprenditoriali. Il nocciolo del discorso e la filosofia alla base del desease mongering si possono trovare in una citazione del 1977 di Henry Gadsen, il quale, senza alcuna vergogna, diceva:

“Il nostro sogno è produrre farmaci per le persone sane, questo ci permetterebbe di vendere a chiunque”.

La chiave per loro è quindi quella di andare a promuovere non solo i farmaci, ma anche i disturbi necessari a creare il mercato per venderli. Usando uno schema ben preciso, tre sono gli step da seguire per l’inserimento di un nuovo prodotto nel mercato:

  • Portare l’attenzione della popolazione su una determinata patologia, sottolineandone le carenze dei trattamenti in possesso
  • Informarla che esiste un nuovo approccio terapeutico andando ad esaltare i vantaggi di quest’ultimo
  • Indurre la popolazione a richiedere il farmaco e i medici a prescriverlo.

Come risolviamo questo problema?

Per arginare questo fenomeno esistono delle politiche da attuare.

Si può partire con una richiesta di maggiore responsabilità etica da parte dei medici e da parte delle case farmaceutiche. Ma soprattutto, si può e si deve andare ad agire sulla consapevolezza della popolazione, sulla sua educazione. Non tutto necessita di un farmaco, alcuni mal di testa semplicemente passano da soli, anche senza ibuprofene.

Lungi dall’essere un invito alla non assunzione di farmaci e al folle ripiego in cure ‘poco scientifiche’, questo articolo è un’esortazione a diventare cittadini consapevoli, responsabili, che si fidano dei propri medici senza pretendere medicine di cui non avrebbero bisogno. Un’esortazione a seguire le prescrizioni del medico, di non assumere farmaci in maniera irresponsabile. E’ un’esortazione all’educazione. Perchè solo educando la popolazione sin dall’infanzia ad un corretto stile di vita, ad un corretto uso di farmaci possiamo prevenire sprechi in sanità e soprattutto l’ipermedicalizzazione: perchè in fondo lo stiamo chiedendo noi stessi di essere presi in giro.

 

FONTI | Articolo 1, Articolo 2, Articolo 3, Articolo 4, The Lancet, Salute internazionale

IMMAGINI | Immagine di copertina, Immagine 1, Immagine 2, Immagine 3